Referendum su Mirafiori: sale il tono dello scontro
In Italia, è stato confermato ufficialmente che il referendum sull’accordo a Mirafiori
si terrà domani e dopodomani. Ieri, era stato ipotizzato un possibile slittamento.
Si parla del voto chiesto in relazione ai nuovi accordi di lavoro e all’ipotesi di
uno spostamento dello stabilimento. Il gruppo sindacale Fiom, unico gruppo a non aver
sottoscritto il nuovo accordo, accusa oggi i dirigenti della Fiat di incontrare i
gruppi di lavoratori per chiedere di votare "sì", mentre gli esponenti dell'azienda
affermano di dover spiegare l’accordo. In tarda mattinata, ai cancelli di Mirafiori
ci sono stati forti tensioni, urla, liti e slogan all’arrivo del leader di Sinistra
Ecologia e Libertà, Nichi Vendola, contrario al referendum. La contestazione era organizzata
dai sindacalisti della Fismic. Per una riflessione sulla questione della Fiat Mirafiori,
Luca Collodi ha intervistato Andrea Olivero, presidente nazionale delle
Acli:
R. - Nessuno discute del fatto che in una situazione di crisi, come
quella attuale, si possano chiedere sacrifici. Anzi, sono gli stessi lavoratori che
comprendono la necessità di andare a garantire innanzitutto il posto di lavoro.
D.
- Olivero, qualche sacrificio, però, anche come segno di esempio e di buona volontà,
dovrebbe farlo anche la stessa Fiat, con i propri manager…
R. - Esattamente.
Però, poi ci vogliono delle risposte: se alcuni aspetti, come quello certamente relativo
alle risorse dei top manager, sono aspetti per certi versi simbolici, è anche vero
che hanno una loro efficacia, poiché indicano una certa responsabilità. Il secondo
passaggio è che l’azienda deve riuscire a cambiare il modello di relazioni interne,
coinvolgendo maggiormente e dando garanzie.
D. - Quindi sarebbe giusto
che la Fiat offrisse, per così dire, una contropartita ai sindacati?
R.
- Esattamente. Marchionne non può fare le dichiarazioni che ha fatto in questi giorni,
senza che questo gli venga alquanto rinfacciato. Non può dire: “Noi ce ne andiamo
in Canada”. Non è così la questione. Il patrimonio Fiat, l’impresa Fiat non è nella
sua assoluta disponibilità. Da questo punto di vista, noi dobbiamo essere sempre più
coscienti di questo elemento: in questi anni di crisi - io penso anche al mondo cattolico
e alle grandi riflessioni che si sono avviate a seguito della Caritas in Veritate
- ci dicono che l’impresa ha un valore etico nella misura in cui è un’impresa che
si assume le proprie responsabilità nei confronti della società. E Fiat non deve fuggire
a questo: Fiat ha delle responsabilità rispetto ad una città, rispetto a un Paese
e deve, da questo punto di vista, non alzare il tono. Deve invece assumersele e trovare
le soluzioni, confrontandosi di volta in volta con quelle forze dei lavoratori, quelle
forze sindacali, che in maniera responsabile, senza demagogie, si pongono il problema
della sostenibilità. (mg)