L'Egitto richiama per consultazioni l'ambasciatore presso la Santa Sede. Nota di padre
Lombardi
La Santa Sede condivide pienamente la preoccupazione del governo egiziano per “evitare
l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose”. Così mons.
Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, nell’incontro di ieri
con l’ambasciatrice dell’Egitto presso la Santa Sede. In giornata, la signora Lamia
Aly Hamada Mekhemar era stata richiamata al Cairo per consultazioni. Nelle stesse
ore, un nuovo atto di violenza colpiva la locale comunità cristiana egiziana. Il servizio
di Giada Aquilino:
Ancora
un cristiano è stato ucciso ed altre 5 persone sono rimaste ferite ieri in una sparatoria
su un treno in viaggio tra l'Alto Egitto e il Cairo. Ad aprire il fuoco sui passeggeri,
secondo le prime ricostruzioni, un sottoufficiale della polizia, poi arrestato. Secondo
alcuni media egiziani sarebbe una coincidenza che tra le vittime dell'agguato ci sia
un copto, mentre altre fonti parlano di tensioni tra diversi gruppi, dopo la strage
di Capodanno contro la comunità copto-ortodossa di Alessandria, con un bilancio di
oltre 20 vittime e un’ottantina di feriti. La sparatoria di ieri è arrivata in una
giornata di consultazioni diplomatiche. L’Egitto ha richiamato l’ambasciatrice presso
la Santa Sede per consultazioni. La decisione - secondo il ministero degli esteri
del Cairo - è avvenuta “sullo sfondo delle dichiarazioni del Vaticano concernenti
gli affari interni egiziani”. In seguito all’attentato di Capodanno, il Papa aveva
espresso solidarietà ai copti e rivolto un appello alle autorità del Medio Oriente
per la protezione dei cristiani. Ieri sera, poi, proprio la signora Lamia Aly Hamada
Mekhemar è stata ricevuta da Mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con
gli Stati. Un comunicato del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico
Lombardi, rende noto che "nel corso dell’incontro l’Ambasciatore, che si recherà al
Cairo per consultazioni presso il Ministero degli Esteri egiziano, ha fatto presenti
le preoccupazioni del Suo Governo nel difficile momento attuale, e ha potuto ricevere
le informazioni e raccogliere gli elementi utili per riferire adeguatamente sui recenti
interventi del Santo Padre, in particolare sulla libertà religiosa e sulla protezione
dei cristiani nel Medio Oriente.Sottolineando che la Santa Sede partecipa all’emozione
dell’intero popolo egiziano, colpito dall’attentato di Alessandria, S.Ecc.za Mons.
Mamberti ha assicurato che essa condivide pienamente la preoccupazione del Governo
di “evitare l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose”,
ed apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione".
Ha suscitato un
vasto dibattito l’intenso discorso del Papa al Corpo Diplomatico accreditato presso
la Santa Sede. Benedetto XVI ha ribadito con forza che la pace autentica passa attraverso
il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione. Fabio Colagrande
ha raccolto il commento dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di
Sant’Egidio:
R.
– A me sembra che il Papa insista, giustamente, sul tema della libertà religiosa -
e lo ha connesso anche al discorso della pace – perché si rende conto proprio di come,
anche attraverso le difficoltà dei cristiani, la libertà religiosa sia in pericolo.
Perché i cristiani vengono colpiti? Questa è la domanda. Vengono colpiti proprio perché
rappresentano una comunità talvolta minoritaria che, però, non si piega alla logica
dell’odio e della contrapposizione. Allora come difenderla? Il Papa non solo difende
i cristiani, ma chiede libertà, sicurezza, pace per tutti, perché senza la libertà
religiosa le società si stravolgono. Noi siamo convinti, per esempio, che un Medio
Oriente senza cristiani – e noi abbiamo visto come l’Iraq sia stato depauperato della
minoranza cristiana – sarà più totalitario e sarà un problema per i musulmani stessi.
D.
– Il Papa ha detto di apprezzare lo sforzo di alcuni Paesi d’Europa che chiedono una
risposta concertata dell’Unione Europea di fronte alle violenze che subiscono i cristiani
nel Medio Oriente. Lei pensa che sia questa la via giusta per cercare di rimediare
a queste situazioni di violenza ricorrente nell’ultimo periodo?
R. –
E’ una via importante, perché non solo i governi europei, ma la stessa opinione pubblica
europea non sempre è stata sensibile alla realtà dei cristiani minoritari o dei cristiani
d’Oriente. Gli stessi cristiani in Occidente sono stati ripiegati sui loro problemi
e non hanno posto ai loro governi questa grande priorità, che è la priorità della
difesa dei cristiani e delle minoranze cristiane. Quindi, ben venga un intervento
dell’Unione Europea ed io capisco che questo intervento sia apprezzabile, per l’effetto
che può avere, ed apprezzabile anche come risveglio degli europei. “Voi non avete
resistito fino al sangue”, si legge nella Lettera agli Ebrei: spesso i cristiani occidentali
si sono persi in ragionamenti, in polemiche tutte interne al loro mondo, dimenticando
sostanzialmente la grande sfida del cristianesimo nel mondo contemporaneo; e la grande
sfida è quella di rappresentare una testimonianza forte, che non si serve di armi
o di potenza, ma attraverso la fede, la carità, diventa persuasiva, diventa attraente,
diventa comunicativa.(ap)
Il Papa, nel suo discorso al Corpo Diplomatico,
ha affermato che oggi nel mondo sono numerose le situazioni in cui il diritto alla
libertà religiosa è leso o negato. Ha parlato della crescente emarginazione della
religione nei Paesi dove si esaltano pluralismo e tolleranza. Ha denunciato le discriminazioni
contro i cristiani. Ascoltiamo in proposito il prof. Carlo Cardìa, ordinario di Diritto
ecclesiastico all’Università di Roma Tre, al microfono di Fabio Colagrande:
R.
– Noi siamo di fronte ad un vero e proprio manifesto per la libertà religiosa, perché
vi è una visione sia teorica, ma poi planetaria, dei tanti modi in cui la libertà
religiosa subisce dei limiti, a volte molto pesanti come le persecuzioni e a volte
scendendo nella nostra realtà a pericoli sottili, che però sono quotidiani. Io vorrei
fare due esempi, di cui uno è molto noto: questa emarginazione, questa voglia di emarginare,
cancellare i simboli religiosi che non avviene in nessun’altra parte del mondo. Se
uno andasse in Asia e chiedesse di cancellare il Buddha compassionevole che è onnipresente,
le popolazioni del luogo rimarrebbero esterrefatte. Noi invece, forti del principio
di libertà religiosa, enunciato in astratto e anche concretamente tutelato, tentiamo
poi di scalfirlo, di eroderlo. Allora, l’eliminazione dei simboli religiosi è un punto,
ma ne ricordo un altro che è meno conosciuto: nella scuola adesso si fanno avanti
dei progetti di educazione sessuale obbligatoria, nella quale passano le concezioni
cosiddette relativiste, dove non c’è nessun progetto antropologico, dove si attenua
e poi si annulla la libertà di coloro che sono i destinatari dell’insegnamento. Attenzione!
Di fronte a questo tipo di insegnamento non c’è possibilità di avere il cosiddetto
esonero, di essere esentati. A questo aggiungiamo anche il fatto che vi è – e il Papa
ne parla – una tendenza a sminuire, a svilire il diritto di obiezione di coscienza
su alcune questioni, come quelle dell’aborto o quelle dell’affidamento dei bambini
a coppie che non siano eterosessuali. Io ho fatto solo degli esempi minori: è vero
che sono sottili, ma sono anche molto concreti e fanno passare una concezione per
la quale la religione è qualcosa di vecchio, di privato, che uno - se vuole - può
coltivare personalmente, ma di cui la società può tranquillamente non tenere conto.
D.
– Potremmo dire che il pericolo di queste minacce è accentuato dal fatto che si presentano
con il vestito della tolleranza, del pluralismo, quindi con un’immagine apparentemente
positiva?
R. – Sì, però è una concezione della tolleranza intollerante:
quando io impongo un certo tipo di insegnamento, allora questa tolleranza diventa
intolleranza.
D. – Il Papa osserva che spesso si crea una sorta di
scala nella gravità dell'intolleranza verso le religlioni, per la quale le discriminazioni
contro i cristiani vengono considerate meno gravi rispetto ad altre...
R.
– Io la spiego come una cosa che viene da lontano. Faccio degli esempi concreti: ormai
da anni – credo almeno da due decenni – vi sono stati dei fenomeni di oltraggio, offesa
– chiamiamola come vogliamo – ai simboli più eminenti del cristianesimo, a volte con
la scusa dell’arte, a volte senza nemmeno la scusa dell’arte, e nessuno è intervenuto,
ha protestato, dicendo che questo faceva parte della libertà di espressione. Quando
le stesse cose, anche minori, sono state fatte, sbagliando, nei confronti dell’islam
è successo – utilizzo questo termine di uso quotidiano – il putiferio che noi conosciamo.
Poi questa situazione è andata avanti e adesso noi ci ritroviamo – perché certe cose
si depositano psicologicamente nell’animo di ciascuno di noi – che quando avviene
una strage di cristiani si esprime qualche parola di dolore e finisce lì. Ecco, la
coscienza si ottunde un po’. Si manifesta, dunque, questa graduatoria dell’offesa,
allora – un concetto molto bello e drammatico che ha espresso il Pontefice – per cui
vi sono religioni che si possono offendere o, comunque, se le si offende o le si colpisce
è un male minore, ed altre per cui questo non vale. (ap)