Francia: l'episcopato si pronuncia sul progetto di legge sulla bioetica
In vista del dibattito parlamentare, i vescovi francesi hanno espresso il loro punto
di vista per quel che concerne alcune questioni di bioetica consegnando, ai deputati
dell'Assemblea nazionale, una nota contenente alcune proposte per proteggere la dignità
di tutti . Citando il rapporto finale degli Stati generali della bioetica — che si
sono svolti nel primo semestre del 2009 — la Conferenza episcopale ribadisce che “la
Francia è un Paese sovrano che non deve sottomettersi alla pressione internazionale
in materia etica”. Mettere a punto la legislazione in materia di bioetica è, dunque,
una “questione di umanità”. Il provvedimento - riferisce L’Osservatore Romano - depositato
all'Assemblea nazionale il 20 ottobre 2010, è stato rinviato per l'esame a una commissione
speciale presieduta da Alain Claeys e il cui relatore è Jean Leonetti, il padre del
progetto di legge. I lavori della commissione, cominciati il 1° dicembre, prevedono
una serie di audizioni di professionisti nel campo sanitario e di tavole rotonde sugli
argomenti in discussione. Per la persona alla quale viene diagnosticata un'anomalia
genetica, il provvedimento prende in considerazione i modi per facilitare l'informazione
dei membri legati alla sua famiglia, stabilendo in anticipo, con il medico, le modalità
di questa informazione in un documento scritto. I vescovi si chiedono se non sia il
caso che l'interessato venga accompagnato da uno psicologo o da una persona di fiducia
quando deve affrontare l'annuncio della diagnosi, e se, per rispettare la sua libertà,
non occorra prevedere la possibilità di revocare quel documento. Il progetto di legge
esamina inoltre il ricorso alla cosiddetta donazione incrociata di organi, nel rispetto
del principio dell'anonimato, quando il donatore è incompatibile con il recettore,
ma non affronta il tema della donazione post mortem, realizzata oggi secondo il regime
del consenso presunto. “Perché non preferire il regime della scelta assunta prima
della morte, più rispettosa della libertà?”, si chiede la Chiesa, auspicando in tal
senso una maggiore campagna di informazione nelle famiglie. Per quanto riguarda la
diagnosi prenatale, viene ritenuto giusto fornire notizie prima e dopo ogni esame
e ricevere il “consenso libero e informato” della donna incinta. Ma in caso di rischio
accertato, la donna “dovrebbe ricevere sistematicamente, salvo opposizione da parte
sua, un'informazione sulla presa di coscienza dell'anomalia diagnosticata, senza che
questa informazione sia discriminatoria nei confronti delle persone disabili”. “Un'informazione
oggettiva sui risultati scientifici e sulle terapie ottenute permetterebbe un dibattito
parlamentare di qualità”, scrivono i vescovi, secondo i quali dovrebbero essere presi
in considerazione i progressi scientifici sulle cellule staminali adulte e i risultati
delle ricerche sugli embrioni di animali. In conclusione, la Conferenza episcopale
dichiara che “ una riflessione coerente sui valori fondamentali messi in gioco da
scelte particolari darebbe un senso al valore etico che il divieto della ricerca sull'embrione
umano promuove per il futuro della società: la protezione dei più vulnerabili è un
bene per la società, e suo dovere”. (C.P.)