Svizzera: la Chiesa favorevole all’iniziativa per la protezione contro le armi
Urne aperte, in Svizzera, il prossimo 13 febbraio: in ballo, l’approvazione o meno
del progetto di legge “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi". Il
documento prevede, tra le altre cose, l'obbligo per i militari di lasciare le armi
individuali nelle caserme (mentre oggi le custodiscono a casa); l’istituzione di un
registro nazionale delle armi da fuoco; il divieto di detenzione di armi automatiche
e fucili a pompa e misure più restrittive per il porto d’armi, che verrà rilasciato
solo dopo avere attestato il bisogno e le capacità del richiedente. L’iniziativa vede
favorevole la commissione Giustizia e Pace dei vescovi svizzeri i quali, in una nota,
ribadiscono: “L’iniziativa dona maggiore libertà e sicurezza a donne e bambini e contribuisce
alla prevenzione del suicidio”. Per questo, Giustizia e Pace sottolinea come “il controllo
che lo Stato esige sulla detenzione e la vendita delle armi è obiettivamente, politicamente
e proporzionalmente giustificato”, perché “la libertà e la sicurezza sono beni essenziali”.
E i presuli svizzeri continuano: “Lo Stato, a pieno titolo, fa molto per proteggere
la vita sociale in diversi ambiti. La protezione contro l’uso abusivo delle armi fa
parte, innegabilmente, dei suoi doveri. Ciò non significa soltanto impedire la violenza
effettiva delle armi, ma anche i rischi che le accompagnano. E questi rischi presentano
spesso un peso molto pesante per donne e bambini”. Quanto alle restrizioni che vengono
proposte per i tiratori sportivi, i cacciatori o i collezionisti di armi, i vescovi
ribadiscono che esse “non rimettono affatto in causa le loro attività”, anzi sono
“proporzionali e sopportabili, alla pari dei controlli di sicurezza negli aeroporti
o dell’obbligo della formazione per i proprietari di cani”. Infine, Giustizia e Pace
richiama al “vero senso di responsabilità che non si afferma solo attraverso un semplice
appello alla libertà e alla responsabilità individuale, ma soprattutto tramite l’accettazione
di limiti alla propria libertà in vista del bene comune”. (A cura di Isabella Piro)