Il Tempo Ordinario della Chiesa. Il Papa: la vita di ogni giorno sia palestra di santità
Vivere ogni giorno come fosse una tappa lungo la strada che va verso la santità. Ciò
che contraddistinse l’esistenza delle grandi donne e dei grandi uomini della storia
cristiana è un obiettivo possibile per ogni persona di fede: Benedetto XVI lo ha ripetuto
in molte occasioni e le sue parole acquistano un particolare rilievo proprio in questi
giorni in cui – concluse le grandi celebrazioni del Natale – la Chiesa ma anche la
società si ritrovano immersi nei ritmi della vita ordinaria. Alessandro De Carolis
ripropone alcuni insegnamenti del Papa su questo tema:
(musica)
La
grande scena sul fiume Giordano è del giorno prima. Lo sconosciuto Nazareno che scende
in acqua per farsi battezzare, lo scetticismo un po' ritroso di Giovanni quando lo
vede, la voce che scende dal cielo e che tutti i presenti odono, la colomba che si
posa sul falegname galileo: sono tutti fatti straordinari avvenuti ormai da 24 ore.
Il giorno dopo è il momento dell’ordinario: ognuno torna al suo lavoro, alle cose
della sua vita. Anche il Vangelo di Giovanni descrive “il giorno dopo” del Battesimo:
Gesù che passa, Giovanni che lo indica a un paio di suoi discepoli e questi che si
mettono alla sequela del Rabbi. Non è una scena memorabile come quella del Giordano,
anzi al confronto è di una normalità quasi irrisoria. Eppure, insegna qualcosa di
prezioso per quel “dopo” che arriva nella vita di tutti all’indomani di una giornata
particolare, o di un periodo speciale, dopo il quale bisogna per forza riprendere,
magari con una punta di dispiacere e di nostalgia, le attività di sempre. Anche la
Chiesa, tra un “evento” e l’altro di grande importanza spirituale, fa altrettanto
con quello che in termini liturgici si chiama il “Tempo ordinario”. Ma è un ordinario
solo apparente, perché per un cristiano normalità non vuol mai dire banalità. Benedetto
XVI lo ha spiegato qualche anno addietro con queste parole:
“Con
la scorsa Domenica, nella quale abbiamo celebrato il Battesimo del Signore, è iniziato
il tempo ordinario dell’anno liturgico. La bellezza di questo tempo sta nel fatto
che ci invita a vivere la nostra vita ordinaria come un itinerario di santità, e cioè
di fede e di amicizia con Gesù, continuamente scoperto e riscoperto quale Maestro
e Signore, Via, Verità e Vita dell’uomo”. (Angelus, 15 gennaio 2006)
Tempo
ordinario uguale tempo della santità. Altro che periodo vuoto, senza senso, piatto.
I due discepoli che si mettono a seguire Gesù scoprono presto di aver incontrato –
come diranno – “il Messia”, con tutto ciò che di straordinario questo significherà.
Ma, rileva il Pontefice, l’inizio del loro rapporto con Gesù parte con una domanda,
anch’essa piuttosto scontata: “Maestro, dove abiti?”. E Gesù: “Venite e vedrete”.
Ebbene, pure in questa ordinarietà, dice il Papa, è nascosta un'indicazione importante:
“La
parola di Dio ci invita a riprendere, all’inizio di un nuovo anno, questo cammino
di fede mai concluso. ‘Maestro, dove abiti?’, diciamo anche noi a Gesù ed Egli ci
risponde: ‘Venite e vedrete’. Per il credente è sempre un’incessante ricerca e una
nuova scoperta, perché Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, ma noi, il mondo, la
storia, non siamo mai gli stessi, ed Egli ci viene incontro per donarci la sua comunione
e la pienezza della vita”.(Angelus, 15 gennaio 2006)
Ecco
il quotidiano trasformato, nel cuore di chi ha fede, in eccezione. E che un cristiano
che sia tale non possa cadere vittima della noia della routine lo diceva chiaramente
don Luigi Monza – uno dei preti santi del primo Novecento, beatificato nel 2006 –
quando affermava: “La santità non consiste nel fare cose straordinarie ma nel
fare straordinariamente bene le cose ordinarie”. Certo, osservava proprio pochi
giorni fa Benedetto XVI nel primo Angelus del 2011, non è sempre facile incontrare
con Cristo ogni giorno. Ciò che può frapporsi sono quei problemi che, riconosceva,
“non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie”.
“Ma, grazie a Dio – affermava – la nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici
e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti”:
“La nostra
speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato
di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e
definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci
tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge
le nostre speranze umane”. (Angelus, 3 gennaio 2010) I discepoli
che seguono Gesù il giorno dopo il grande evento del Giordano e diventano parte della
sua vita straordinaria sono dunque l’immagine dello straordinario "giorno dopo" così
come dovrebbe essere nella vita di un seguace di Cristo. Se, come i due discepoli
del Vangelo, si mette a cercare Gesù e lo trova:
“‘Cercare’, ‘trovare’.
Possiamo estrarre dalla pagina evangelica odierna questi due verbi e ricavare un’indicazione
fondamentale per il nuovo anno (…) Essere discepolo di Cristo: questo basta al cristiano.
L’amicizia col Maestro assicura all’anima pace profonda e serenità anche nei momenti
bui e nelle prove più ardue. Quando la fede si imbatte in notti oscure, nelle quali
non si ‘sente’ e non si ‘vede’ più la presenza di Dio, l’amicizia di Gesù garantisce
che in realtà nulla può mai separarci dal suo amore”. (Angelus, 15 gennaio 2006)