Italia: sale la tensione in vista del referendum per Mirafiori
A pochi giorni dal referendum sul nuovo contratto per i lavoratori Fiat di Mirafiori
sale la tensione nello stabilimento industriale nel sud Italia. Il gruppo sindacale
Fiom annuncia che dopo un’eventuale vittoria del “sì” ricorrerà alla magistratura.
Il referendum si terrà il 13 e 14 gennaio. Favorevoli invece le altre sigle. Secondo
il leader della Cisl, Bonanni, “la Fiom fa solo politica e nessun diritto dei lavoratori
è stato toccato”. Intanto la questura di Torino esclude che la scritta offensiva con
la stella a cinque punte indirizzata all’amministratore delegato Fiat Marchionne e
trovata nel centro di Torino, possa essere immediatamente messa in relazione con le
Brigate Rosse. In ogni caso, in tarda mattinata di oggi a Torino presso la sede della
Cisl è stata trovata un'altra scritta che incita all'attacco di fronte al ricatto
ma senza alcun riferimento a gruppi. Sulla situazione Paolo Ondarza ha intervistato
Lodovico Festa, editorialista ed esperto del mondo politico e sindacale.
R. - Credo
che sia il momento della responsabilità. Mi pare che questa sia la via scelta da Marchionne
che - con tutte le difficoltà che riguardano anche il gruppo Fiat - decide di investire
qualche miliardo di euro negli stabilimenti italiani. E questa è la scelta di responsabilità
della Fim, della Uilm e degli altri sindacati, che accettano di dialogare e accettano
di trovare degli accordi, come nel mestiere di sindacalisti. Non è l’ora della responsabilità,
invece, per un gruppo molto ideologizzato, come quello che dirige la Fiom-Cgil oggi,
e che si scontra con gli stessi dirigenti della confederazione, cioè con Susanna Camusso,
che chiede ai dirigenti dei metalmeccanici di riflettere bene sulle loro mosse.
D.
– La Cisl garantisce che nessun diritto dei lavoratori è stato toccato e accusa la
Fiom dicendo: “Fosse stato per lei, la Fiat sarebbe andata fuori dall’Italia”. Senza
questo contratto, che futuro potrebbe esserci per la Fiat di Mirafiori?
R.
– Basta guardare in giro nel mondo e vedere che cosa è successo quando i sindacati
non sono stati capaci di trovare degli accordi. Una grande potenza industriale, come
era l’Inghilterra, non ha più una compagnia automobilistica e questo è frutto anche
dell’estremismo di un certo sindacalismo metalmeccanico degli anni ’70. In Germania,
invece, dove il sindacato è stato capace di intervenire sulla gestione, la Volkswagen
è diventata la prima casa produttrice europea.
D. - I toni si sono particolarmente
accesi. Ma la questura di Torino esclude collegamenti con le Brigate Rosse, nonostante
il ritrovamento della scritta nel centro della città, scritta offensiva contro la
Fiat di Marchionne, con la stella a 5 punte. Si corre, secondo lei, il rischio di
tornare agli anni bui?
R. – No. Mi pare che la differenza di fondo sia
che negli anni ’70 il terrorismo era ben presente anche nelle fabbriche, avevano un
consenso di massa notevole. Qui abbiamo la grande maggioranza di lavoratori che vuole
trattare. Ma la stessa Fiom non può essere accomunata ad un’organizzazione paraterrorista.
In Italia esiste, però, un grumo ideologizzato che va oltre la Fiom e che è molto
pericoloso. Tutti i "martiri" di questi ultimi vent’anni - Massimo D’Antona, Marco
Biagi, Ezio Tarantelli - dimostrano che esiste ancora un nucleo di fanatici sui quali
è bene che il ministro degli Interni apra gli occhi. (bf)