Fiat sale al 25% di Chrysler. Marchionne su Mirafiori: al Lingotto basta il 51% al
referendum per investire
La Fiat è salita al 25% della Chrysler. La notizia è stata data dall'amministratore
delegato Sergio Marchionne in un incontro con i giornalisti italiani a Detroit. Oggi
intanto è ripartita la produzione a Mirafiori, dopo tre settimane di cassa integrazione.
Nello stabilimento torinese clima assai teso in vista del voto dei lavoratori di giovedì
e venerdì sul nuovo contratto. Servizio di Giampiero Guadagni
Sulla situazione
Paolo Ondarza ha intervistato Lodovico Festa, editorialista ed esperto del mondo politico
e sindacale.
R. - Credo che
sia il momento della responsabilità. Mi pare che questa sia la via scelta da Marchionne
che - con tutte le difficoltà che riguardano anche il gruppo Fiat - decide di investire
qualche miliardo di euro negli stabilimenti italiani. E questa è la scelta di responsabilità
della Fim, della Uilm e degli altri sindacati, che accettano di dialogare e accettano
di trovare degli accordi, come nel mestiere di sindacalisti. Non è l’ora della responsabilità,
invece, per un gruppo molto ideologizzato, come quello che dirige la Fiom-Cgil oggi,
e che si scontra con gli stessi dirigenti della confederazione, cioè con Susanna Camusso,
che chiede ai dirigenti dei metalmeccanici di riflettere bene sulle loro mosse.
D.
– La Cisl garantisce che nessun diritto dei lavoratori è stato toccato e accusa la
Fiom dicendo: “Fosse stato per lei, la Fiat sarebbe andata fuori dall’Italia”. Senza
questo contratto, che futuro potrebbe esserci per la Fiat di Mirafiori?
R.
– Basta guardare in giro nel mondo e vedere che cosa è successo quando i sindacati
non sono stati capaci di trovare degli accordi. Una grande potenza industriale, come
era l’Inghilterra, non ha più una compagnia automobilistica e questo è frutto anche
dell’estremismo di un certo sindacalismo metalmeccanico degli anni ’70. In Germania,
invece, dove il sindacato è stato capace di intervenire sulla gestione, la Volkswagen
è diventata la prima casa produttrice europea.
D. - I toni si sono particolarmente
accesi. Ma la questura di Torino esclude collegamenti con le Brigate Rosse, nonostante
il ritrovamento della scritta nel centro della città, scritta offensiva contro la
Fiat di Marchionne, con la stella a 5 punte. Si corre, secondo lei, il rischio di
tornare agli anni bui?
R. – No. Mi pare che la differenza di fondo sia che
negli anni ’70 il terrorismo era ben presente anche nelle fabbriche, avevano un consenso
di massa notevole. Qui abbiamo la grande maggioranza di lavoratori che vuole trattare.
Ma la stessa Fiom non può essere accomunata ad un’organizzazione paraterrorista. In
Italia esiste, però, un grumo ideologizzato che va oltre la Fiom e che è molto pericoloso.
Tutti i "martiri" di questi ultimi vent’anni - Massimo D’Antona, Marco Biagi, Ezio
Tarantelli - dimostrano che esiste ancora un nucleo di fanatici sui quali è bene che
il ministro degli Interni apra gli occhi. (bf)