Storico referendum in Sudan per l'autodeterminazione del Sud
A poche ore dal referendum per l'autodeterminazione del Sud Sudan, cresce la tensione
nei territori meridionali del più grande Paese africano. Sei ribelli anti-secessionisti
sono morti oggi negli scontri con la milizia divenuta di fatto esercito del Sud. Intanto
tutti gli analisti danno per scontato il trionfo dei “Sì” all’indipendenza. Ma al
di là del risultato restano molte le incognite e i problemi da risolvere per evitare
nuovi contrasti tra il Nord del Sudan, a maggioranza arabo-musulmana, e il Sud abitato
in prevalenza da cristiani e seguaci delle religioni tradizionali. Il servizio di
Marco Guerra:
Domani quattro
milioni di abitanti delle regioni meridionali del Sudan saranno chiamati ad esprimersi
su un’eventuale secessione da Khartoum e sulla formazione di un nuovo Stato autonomo.
La consultazione referendaria è l'epilogo di un’aspirazione all’autodeterminazione
che le popolazioni del Sud coltivano fin da prima dell’indipendenza dalla corona britannica
nel 1956, quando il potere fu raccolto dall’elite arabo-musulmana dei territori settentrionali.
Da quel momento, iniziò la più lunga guerra civile post-coloniale del continente.
Le due fasi più cruente del conflitto – fra il 1955 e il ’72 e fra il 1983 e il 2005
– hanno lasciato sul terreno oltre due milioni di morti e più di 4 milioni tra sfollati
e profughi. Cinquant’anni di ostilità cessate con l’accordo di pace firmato nel 2005
a Nairobi che ha riconosciuto il governo autonomo del Sudan meridionale, con la previsione
di un referendum sull’indipendenza della regione entro il 2010. Ma le urne domani
si apriranno sullo sfondo di numerose questioni irrisolte sulla coesistenza tra i
due futuri Stati. Prima fra tutte, quella legata allo sfruttamento dei grandi giacimenti
petroliferi del Sud, attualmente suddiviso in base agli accordi del 2005. Non meno
importante la delimitazione delle frontiere e l’attribuzione della cittadinanza dei
rifugiati. A tutto questo si aggiunge la cronica mancanza di infrastrutture che renderebbe
il Sud uno dei Paesi più poveri del mondo. Il presidente sudanese Omar Hassan al Bashir,
accusato nel 2009 di crimini di guerra dal Tribunale internazionale dell’Aja, esprime
oggi tutto il suo scetticismo sul futuro del Sud Sudan indipendente, dicendosi preoccupato
per la possibile situazione di instabilità che potrebbe seguire il voto. Grande entusiasmo,
invece, da parte di Salva Kiir, il cattolico leader dei sudisti, che continua a lanciare
appelli alla partecipazione al referendum.
Il referendum sull’indipendenza
del sud del Sudan vede i riflettori puntati di tutta la comunità internazionale. Per
un commento sull’importanza di questo evento Stefano Leszczynski ha intervistato
Angelo Turco, analista di dinamiche internazionali in Africa e docente presso
l’Università dell’Aquila:
R. - Intanto
registriamo qualche buon segnale per lo svolgimento pacifico del referendum. A Washington
ci si dice ottimisti. La Cina ha detto che i suoi osservatori saranno presenti. L’Egitto
e la Libia si sono dichiarati attenti allo svolgimento corretto del referendum. La
visita di Al Bashir nei giorni scorsi a Juba è un segnale importante del fatto che,
almeno nella fase dello svolgimento del referendum, dovrebbe essere acquisita una
dinamica di non violenza. Per il resto, il processo è estremamente complesso.
D.
– Il fatto che nel Sud Sudan si trovano ingenti risorse petrolifere potrà essere un
problema in caso di distacco?
R. - Potrà essere un problema. Il fatto
è che la gestione del post referendum è demandata al memorandum di Macallè dello scorso
anno, che prevede per l’appunto la negoziazione post referendaria di quattro elementi
fondamentali tra Nord Sudan e Sud Sudan, vale a dire la cittadinanza, la sicurezza,
le relazioni internazionali e le risorse: risorse economiche, risorse finanziarie
e soprattutto risorse naturali.
D. - Da un punto di vista politico internazionale,
questo inusuale "savoir faire" politico di Al Bashir, potrebbe essere visto come un’occasione
di ricostruire una rispettabilità politica a livello internazionale?
R.
- Certamente la strategia di Al Bashir è complessa, l’elemento di un recupero di rispettabilità
entra certamente in ballo. (ma)