2011-01-07 15:17:38

Dall'Algeria alla Tunisia, giovani in piazza nei Paesi del Maghreb in crisi


Algeria e Tunisia sono in questi giorni accomunate da una forte tensione sociale. Ad Algeri, in altre città ed in Cabilia da alcuni giorni si segnalano violente proteste di piazza contro una legge, poi ritirata, che ha innescato l’aumento dei prezzi di prodotti alimentari di largo consumo. Anche in Tunisia scioperi e manifestazioni in vari settori del lavoro contro la piaga della disoccupazione. Sono soprattutto le fasce giovanili che stanno facendo sentire ai governi la voce del dissenso. Ma c’è un filo conduttore tra queste due situazioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa, raggiunto telefonicamente a Tunisi:RealAudioMP3

R. - Il filo conduttore è la crisi economica internazionale che ha colpito anche questi Paesi. Siamo di fronte ad un nuovo ciclo delle rivolte che periodicamente toccano questi Paesi, però rispetto ad esempio alle rivolte degli anni ’80 ci sono sicuramente elementi nuovi. Sia in Tunisia che in Algeria sono i giovani che sono in prima linea nella rivolta e nella protesta popolare e questo non deve stupire, visto che tre quarti della popolazione del Maghreb è formata da giovani che hanno meno di 30 anni. Ad esasperare gli animi non è solo la crisi: la mancanza di lavoro in primo luogo, l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità o la mancanza di alloggio, ma comune a questa protesta è la perdita di credibilità delle autorità politiche presso i giovani, presso la popolazione, perché non hanno saputo mantenere le promesse.

D. - Siamo abituati a guardare ai giovani del Nord Africa come a persone che fuggono dal proprio Paese per andare in cerca di fortuna, di solito in Europa. Questa protesta ha il significato invece del voler rimanere nel proprio Paese per migliorare le cose?

R. – Certo! Infatti, non dimentichiamo che questi giovani hanno goduto comunque di una scolarizzazione di massa, quindi sono persone già formate che però non trovano lavoro: non lo trovano né a livello della propria formazione, né trovano un lavoro qualunque, perché ormai anche i lavori tradizionali, come il piccolo commercio, hanno esaurito tutte le possibilità che avevano. La cosa fondamentale è che compare la richiesta di alloggi, la richiesta di lavoro, ma anche la richiesta d’integrazione nel sistema. Ecco, questi elementi fanno dire che oggi più che mai i giovani del Maghreb vogliono restare nel proprio Paese, per poter dire la loro, per avere voce in capitolo.

D. - E’ una situazione che può rientrare in tempi brevi, o è l’inizio di una crisi che potrebbe essere anche lunga?

R. - In entrambi i Paesi, ma soprattutto in Tunisia, la repressione è molto forte: c’è una grossa sorveglianza da parte del potere. Negli anni scorsi questi cicli di rivolte non hanno poi avuto la possibilità di continuare, proprio a causa della repressione forte, esercitata con tutti i mezzi.

D. - Tu sei a Tunisi. Ecco, anche oggi si preannuncia come una giornata calda…

R. - Sì, è stato un continuo di proteste; si è cercato in diversi modi di scoraggiare la protesta popolare, soprattutto il suo dilagare. Credo che in questi giorni lo scontento si stia manifestando forse più intensamente rispetto alla storia recente del Paese, proprio per questo generale rifiuto da parte di un sistema che non concede alcuna libertà di espressione e non prevede alcuna possibilità d’interlocuzione con il potere. (ma)







All the contents on this site are copyrighted ©.