Attentato kamikaze dei talebani in Afghanistan: almeno 17 morti
In Afghanistan, si registra un nuovo sanguinoso attentato nei pressi di Kandahar.
Almeno 17 i morti ed una ventina i feriti. Il servizio di Barbara Schiavulli:
Nel mirino
Ramazan Akaa, capo di una forza di elite regionale di teste di cuoio:
era dal barbiere prima della funzione del venerdì, quando un kamikaze ha attraversato
il mercato, si è fatto largo tra i clienti e si è fatto esplodere, seminando il terrore
a Spin Boldak, un centinaio di chilometri ad est della turbolenta Kandahar,
roccaforte della militanza talebana, lungo il confine con il Pakistan. “Un atto brutale
e disumano commesso dai nemici dell’islam”, è il commento di Zalmai Ayubi,
portavoce del governatore di Kandahar, che punta il dito contro i talebani, che oggi
hanno anche minacciato l’Olanda per l’invio di nuovi istruttori in Afghanistan. L’esplosione
non è altro che l’ennesimo segno dell’instabilità che impregna il Paese, soprattutto
il Sud, dove si continua a combattere e le vittime civili ad aumentare: secondo le
Nazioni Unite almeno il 20 per cento in più rispetto al 2009.
Nel nord
ovest del Pakistan un drone uccide 5 ribelli È di almeno cinque militanti uccisi
il bilancio di un raid condotto da un drone americano nel Waziristan del Nord, provincia
nord-occidentale del Pakistan. Secondo fonti di intelligence, l’aereo spia telecomandato
avrebbe sparato quattro missili contro un veicolo che viaggiava nella regione tribale
al confine con l'Afghanistan.
Rammarico dell’esercito israeliano per il
palestinese ucciso a Hebron L'esercito israeliano ha espresso “rammarico” per
l'uccisione di un anziano palestinese avvenuta oggi a Hebron (Cisgiordania) nel corso
di un’operazione per la cattura di ricercati di Hamas. Il comandante militare della
Cisgiordania, generale Avi Mizrahi, ha ordinato che sull'episodio venga svolta una
celere inchiesta. Intanto sempre in Cisgiordania, in particolare nel villaggio di
Bìlin, oggi associazioni di donne, sindacati, partiti politici, organizzazioni della
società civile palestinese e israeliana, ma anche attivisti internazionali, faranno
una pacifica manifestazione per ricordare Jawaher Abu Rahme, la donna palestinese
di 36 anni uccisa dai gas lacrimogeni lanciati sui manifestanti dall’esercito israeliano
il 31 dicembre, nel villaggio della Cisgiordania. La manifestazione coincide con la
protesta settimanale di Bìlin: un appuntamento nonviolento contro l’occupazione, la
costruzione del muro, la confisca delle terre e l’espansione delle colonie.
L’Ue
spinge per un nuovo appuntamento 5+1 sul nucleare iraniano È possibile che
sia fissato “a Istanbul più tardi in questo mese” un nuovo appuntamento per il negoziato
tra il gruppo 5+1 e le autorità di Teheran sulla questione del programma nucleare
iraniano. Lo ha riferito la portavoce di Catherine Ashton, responsabile della politica
estera della Ue, precisando che Teheran non ha “ancora dato risposte”. Secondo altre
fonti comunitarie la data dell'appuntamento potrebbe cominciare il 20 gennaio per
concludersi il 22. La portavoce ha anche ribadito che, per quanto riguarda le ispezioni
nei siti iraniani, “sono gli ispettori dell'Aiea i meglio piazzati per poter fare
i controlli”. “Pensiamo che sia questa la strada giusta per intervenire” ha aggiunto
Maja Kocijancic.
Attentato a Loder in Yemen Cinque soldati sono stati
uccisi ed altri due feriti nel corso di un attacco con razzi e mitragliatrici nella
provincia dello Yemen meridionale di Abyan, nella città di Loder. È stato colpito
un convoglio di militari che scortava un camion carico di viveri diretto verso le
basi militari della regione. Loder è stata in agosto teatro di violenti combattimenti
tra esercito e sostenitori di al Qaeda che avevano causato 33 morti.
In
Costa d’Avorio l’Onu chiede l’interruzione di erronee campagne mediatiche I
sostenitori del presidente uscente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, che ha rifiutato
di abbandonare il potere malgrado il riconoscimento internazionale della vittoria
del suo oppositore alle recenti elezioni, Alassane Ouattara, hanno inaugurato una
nuova campagna mediatica contro la missione di mantenimento della pace dell’ONU presente
nel Paese. “L’UNOCI (Operazione ONU in Costa d’Avorio) richiede l’immediata cessazione
di questa campagna ostile”, ha affermato il portavoce della missione, riferendosi
alla recente trasmissione, da alcune settimane, da parte di canali statali controllati
da Gbagbo, di due persone ferite presentate come vittime del fuoco di pattuglie dell’UNOCI
ad Abobo. “Questa campagna deve essere stata pianificata ai più alti livelli dal presidente
Gbagbo”, ha aggiunto il portavoce. “I toni si sono rapidamente inaspriti e la campagna
sta mobilitando attori ai più alti livelli nel gruppo del presidente Gbagbo”. Allo
stesso tempo, l’UNOCI ha denunciato nuove violazioni dei diritti umani, tra cui incursioni
armate mandate dal gruppo di Gbagbo a colpire i quartieri generali dell’opposizione,
ma anche arresti arbitrari e vittime di abusi. All’UNOCI è stato chiesto da tutte
le parti di certificare i risultati delle elezioni di novembre; l’UNOCI ha deciso
di proclamare la vittoria del leader dell’opposizione, Alassane Ouattara, confermando
quanto riportato dalla Commissione elettorale indipendente. A quel punto Gbagbo ha
richiesto il ritiro dell’UNOCI, rifiutato dall’ONU, mentre i media sotto il suo controllo
hanno iniziato una prima campagna contro la missione. Le organizzazioni regionali
e molti paesi hanno riconosciuto la vittoria di Ouattara, incluso l’Unione Africana
(UA) e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), malgrado
finora i tentativi di convincere Gbagbo a lasciare il potere siano stati vani. Il
Segretario Generale Ban Ki-moon, che ha riaffermato la vittoria di Ouattara, sta dialogando
con UA e ECOWAS per cercare una soluzione diplomatica alla vicenda.
Italia.
Manifestazione per i diritti dei lavoratori immigrati “Lo Stato deve intervenire
per aiutare l’economia di queste terre”. Così don Giuseppe Varrà, parroco di San Giuseppe
Battista a Rosarno, ad un anno esatto dagli scontri che segnarono il paese della piana
di Gioia Tauro. Due braccianti africani vennero “gambizzati”, seguirono giorni di
violenze e tensione con i residenti. Al centro delle proteste, lo sfruttamento e la
mancanza di lavoro. I migranti, lo ricordiamo, vivevano ammassati in edifici fatiscenti
senza acqua né luce. Oggi, manifestazioni in favore dei diritti dei lavoratori e contro
il lavoro nero si sono tenute a Rosarno, Reggio Calabria e Roma dove una delegazione
composta da rappresentanti dell’Osservatorio Antirazzista e da due lavoratori immigrati,
sono stati ricevuti al ministero dell’Agricoltura. Al microfono di Massimiliano
Menichetti ascoltiamo lo stesso don Giuseppe Varrà:
D. - La situazione
è più tranquilla sotto molti punti di vista, però non è tra le migliori: ad esempio
dal punto di vista abitativo in molte case, soprattutto nelle campagne, vivono dieci,
dodici persone.
D. – In queste case c’è acqua, luce?
R.
– In quelle del centro sì; in periferia e nelle campagne, no: non c’è luce, non c’è
acqua ...
R. - A questo si aggiunge che c’è poco lavoro e quello che
c’è è sottopagato e non ci sono garanzie: come se ne esce?
R. – Qui
è l’economia che deve essere affrontata in maniera decisa. L’economia della piana
di Rosarno si basa sugli agrumi e gli agrumi si vendono a 5 centesimi al chilo – 5,
non 50! E’ chiaro, quindi, che chi produce agrumi non ne ha nessuna convenienza perché
non ne ricava niente. Mi auguro che il governo centrale cominci a pensare seriamente
alla situazione economica di questa terra.
D. - Ad un anno da quegli
scontri, chi è intervenuto per dare una possibilità a queste persone?
R.
– Nessuno. Nessuno, a partire dai commissari prefettizi, per continuare con la Regione
e con lo Stato. Lo Stato è stato capace solamente di deportare; promesse tante, progetti,
ma niente di concreto.
D. – Il sindaco darà la possibilità a 120 immigrati
di vivere in un campo che sarà allestito entro la prossima settimana. E’ sufficiente?
R.
– In parte aiuta, certo, però considerando che gli immigrati sono 600, 700 è chiaro
che ... meglio che niente! Bisogna considerare che non è solo Rosarno che si è trovata
in questa situazione: i fatti di Rosarno non erano soltanto i fatti di Rosarno: erano
i fatti di Rizzìconi, di Drosi, di Gioia, di San Ferdinando ...
D. -
In sostanza, state operando voi come Chiesa, parrocchie, insieme alle associazioni
umanitarie?
R. - Noi facciamo quello che possiamo. Andiamo incontro
alle necessità, alle prime necessità: la mensa durante la settimana, la distribuzione
di indumenti ... Sono le cose che servono immediatamente perché molti di loro non
hanno vestiti, non hanno medicine ...
D. – Per favorire l’integrazione
voi avete anche avviato una scuola …
R. – Sì: una scuola di lingua italiana.
E’ stata una delle cose più belle che abbiamo fatto. In parrocchia, abbiamo gente
che viene a Messa, che ha battezzato i propri bambini africani, rumeni, bulgari ...
Non c’è un’integrazione perfetta, però c’è spirito di accoglienza. Mi auguro veramente
che si continui sulla strada dell’accoglienza, per un’integrazione ancora più forte,
più grande. Però, se non si risolve la situazione dal punto di vista economico, non
si risolve niente! (bf)
Oltre 4.700 allevamenti chiusi in Germania per
contaminazione da diossina Oltre 4.700 allevamenti di polli e suini sono stati
chiusi temporaneamente in Germania a causa della contaminazione da diossina di uova
e mangimi. Si allarga così lo scandalo alimentare nel Paese, che ha già portato a
un drastico calo delle vendite di questi prodotti, infliggendo un duro colpo alla
fiducia dei consumatori nel sistema di controlli del settore. Proprio oggi, inoltre,
è emerso che la società al centro dello scandalo - la Harles und Jentzch, dello Schleswig-Holstein
(nord) - sapeva già dal marzo 2010 che i propri grassi alimentari contenevano elevati
livelli di diossina. La notizia, pubblicata dal quotidiano Hannoversche Allgemeine
Zeitung (Haz), è stata confermata dal ministero dell'Agricoltura dello Schleswig-Holstein.
Il ministero ha tenuto a precisare di essere stato informato solo il 27 dicembre scorso
dei risultati dei test eseguiti dalla Harles und Jentzch il 19 marzo 2010. Secondo
il giornale, le analisi indicavano che i livelli di diossina rilevati nei grassi alimentari
destinati alla produzione di mangimi erano due volte superiori alla norma. Tuttavia,
la società non ha comunicato alle autorità regionali i risultati dei test eseguiti
di propria iniziativa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 7
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