2011-01-07 16:02:29

Attentato kamikaze dei talebani in Afghanistan: almeno 17 morti


In Afghanistan, si registra un nuovo sanguinoso attentato nei pressi di Kandahar. Almeno 17 i morti ed una ventina i feriti. Il servizio di Barbara Schiavulli:RealAudioMP3

Nel mirino Ramazan Akaa, capo di una forza di elite regionale di teste di cuoio: era dal barbiere prima della funzione del venerdì, quando un kamikaze ha attraversato il mercato, si è fatto largo tra i clienti e si è fatto esplodere, seminando il terrore a Spin Boldak, un centinaio di chilometri ad est della turbolenta Kandahar, roccaforte della militanza talebana, lungo il confine con il Pakistan. “Un atto brutale e disumano commesso dai nemici dell’islam”, è il commento di Zalmai Ayubi, portavoce del governatore di Kandahar, che punta il dito contro i talebani, che oggi hanno anche minacciato l’Olanda per l’invio di nuovi istruttori in Afghanistan. L’esplosione non è altro che l’ennesimo segno dell’instabilità che impregna il Paese, soprattutto il Sud, dove si continua a combattere e le vittime civili ad aumentare: secondo le Nazioni Unite almeno il 20 per cento in più rispetto al 2009.

Nel nord ovest del Pakistan un drone uccide 5 ribelli
È di almeno cinque militanti uccisi il bilancio di un raid condotto da un drone americano nel Waziristan del Nord, provincia nord-occidentale del Pakistan. Secondo fonti di intelligence, l’aereo spia telecomandato avrebbe sparato quattro missili contro un veicolo che viaggiava nella regione tribale al confine con l'Afghanistan.

Rammarico dell’esercito israeliano per il palestinese ucciso a Hebron
L'esercito israeliano ha espresso “rammarico” per l'uccisione di un anziano palestinese avvenuta oggi a Hebron (Cisgiordania) nel corso di un’operazione per la cattura di ricercati di Hamas. Il comandante militare della Cisgiordania, generale Avi Mizrahi, ha ordinato che sull'episodio venga svolta una celere inchiesta. Intanto sempre in Cisgiordania, in particolare nel villaggio di Bìlin, oggi associazioni di donne, sindacati, partiti politici, organizzazioni della società civile palestinese e israeliana, ma anche attivisti internazionali, faranno una pacifica manifestazione per ricordare Jawaher Abu Rahme, la donna palestinese di 36 anni uccisa dai gas lacrimogeni lanciati sui manifestanti dall’esercito israeliano il 31 dicembre, nel villaggio della Cisgiordania. La manifestazione coincide con la protesta settimanale di Bìlin: un appuntamento nonviolento contro l’occupazione, la costruzione del muro, la confisca delle terre e l’espansione delle colonie.

L’Ue spinge per un nuovo appuntamento 5+1 sul nucleare iraniano
È possibile che sia fissato “a Istanbul più tardi in questo mese” un nuovo appuntamento per il negoziato tra il gruppo 5+1 e le autorità di Teheran sulla questione del programma nucleare iraniano. Lo ha riferito la portavoce di Catherine Ashton, responsabile della politica estera della Ue, precisando che Teheran non ha “ancora dato risposte”. Secondo altre fonti comunitarie la data dell'appuntamento potrebbe cominciare il 20 gennaio per concludersi il 22. La portavoce ha anche ribadito che, per quanto riguarda le ispezioni nei siti iraniani, “sono gli ispettori dell'Aiea i meglio piazzati per poter fare i controlli”. “Pensiamo che sia questa la strada giusta per intervenire” ha aggiunto Maja Kocijancic.

Attentato a Loder in Yemen
Cinque soldati sono stati uccisi ed altri due feriti nel corso di un attacco con razzi e mitragliatrici nella provincia dello Yemen meridionale di Abyan, nella città di Loder. È stato colpito un convoglio di militari che scortava un camion carico di viveri diretto verso le basi militari della regione. Loder è stata in agosto teatro di violenti combattimenti tra esercito e sostenitori di al Qaeda che avevano causato 33 morti.

In Costa d’Avorio l’Onu chiede l’interruzione di erronee campagne mediatiche
I sostenitori del presidente uscente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, che ha rifiutato di abbandonare il potere malgrado il riconoscimento internazionale della vittoria del suo oppositore alle recenti elezioni, Alassane Ouattara, hanno inaugurato una nuova campagna mediatica contro la missione di mantenimento della pace dell’ONU presente nel Paese. “L’UNOCI (Operazione ONU in Costa d’Avorio) richiede l’immediata cessazione di questa campagna ostile”, ha affermato il portavoce della missione, riferendosi alla recente trasmissione, da alcune settimane, da parte di canali statali controllati da Gbagbo, di due persone ferite presentate come vittime del fuoco di pattuglie dell’UNOCI ad Abobo. “Questa campagna deve essere stata pianificata ai più alti livelli dal presidente Gbagbo”, ha aggiunto il portavoce. “I toni si sono rapidamente inaspriti e la campagna sta mobilitando attori ai più alti livelli nel gruppo del presidente Gbagbo”. Allo stesso tempo, l’UNOCI ha denunciato nuove violazioni dei diritti umani, tra cui incursioni armate mandate dal gruppo di Gbagbo a colpire i quartieri generali dell’opposizione, ma anche arresti arbitrari e vittime di abusi. All’UNOCI è stato chiesto da tutte le parti di certificare i risultati delle elezioni di novembre; l’UNOCI ha deciso di proclamare la vittoria del leader dell’opposizione, Alassane Ouattara, confermando quanto riportato dalla Commissione elettorale indipendente. A quel punto Gbagbo ha richiesto il ritiro dell’UNOCI, rifiutato dall’ONU, mentre i media sotto il suo controllo hanno iniziato una prima campagna contro la missione. Le organizzazioni regionali e molti paesi hanno riconosciuto la vittoria di Ouattara, incluso l’Unione Africana (UA) e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), malgrado finora i tentativi di convincere Gbagbo a lasciare il potere siano stati vani. Il Segretario Generale Ban Ki-moon, che ha riaffermato la vittoria di Ouattara, sta dialogando con UA e ECOWAS per cercare una soluzione diplomatica alla vicenda.

Italia. Manifestazione per i diritti dei lavoratori immigrati
“Lo Stato deve intervenire per aiutare l’economia di queste terre”. Così don Giuseppe Varrà, parroco di San Giuseppe Battista a Rosarno, ad un anno esatto dagli scontri che segnarono il paese della piana di Gioia Tauro. Due braccianti africani vennero “gambizzati”, seguirono giorni di violenze e tensione con i residenti. Al centro delle proteste, lo sfruttamento e la mancanza di lavoro. I migranti, lo ricordiamo, vivevano ammassati in edifici fatiscenti senza acqua né luce. Oggi, manifestazioni in favore dei diritti dei lavoratori e contro il lavoro nero si sono tenute a Rosarno, Reggio Calabria e Roma dove una delegazione composta da rappresentanti dell’Osservatorio Antirazzista e da due lavoratori immigrati, sono stati ricevuti al ministero dell’Agricoltura. Al microfono di Massimiliano Menichetti ascoltiamo lo stesso don Giuseppe Varrà:RealAudioMP3

D. - La situazione è più tranquilla sotto molti punti di vista, però non è tra le migliori: ad esempio dal punto di vista abitativo in molte case, soprattutto nelle campagne, vivono dieci, dodici persone.

D. – In queste case c’è acqua, luce?

R. – In quelle del centro sì; in periferia e nelle campagne, no: non c’è luce, non c’è acqua ...

R. - A questo si aggiunge che c’è poco lavoro e quello che c’è è sottopagato e non ci sono garanzie: come se ne esce?

R. – Qui è l’economia che deve essere affrontata in maniera decisa. L’economia della piana di Rosarno si basa sugli agrumi e gli agrumi si vendono a 5 centesimi al chilo – 5, non 50! E’ chiaro, quindi, che chi produce agrumi non ne ha nessuna convenienza perché non ne ricava niente. Mi auguro che il governo centrale cominci a pensare seriamente alla situazione economica di questa terra.

D. - Ad un anno da quegli scontri, chi è intervenuto per dare una possibilità a queste persone?

R. – Nessuno. Nessuno, a partire dai commissari prefettizi, per continuare con la Regione e con lo Stato. Lo Stato è stato capace solamente di deportare; promesse tante, progetti, ma niente di concreto.

D. – Il sindaco darà la possibilità a 120 immigrati di vivere in un campo che sarà allestito entro la prossima settimana. E’ sufficiente?

R. – In parte aiuta, certo, però considerando che gli immigrati sono 600, 700 è chiaro che ... meglio che niente! Bisogna considerare che non è solo Rosarno che si è trovata in questa situazione: i fatti di Rosarno non erano soltanto i fatti di Rosarno: erano i fatti di Rizzìconi, di Drosi, di Gioia, di San Ferdinando ...

D. - In sostanza, state operando voi come Chiesa, parrocchie, insieme alle associazioni umanitarie?

R. - Noi facciamo quello che possiamo. Andiamo incontro alle necessità, alle prime necessità: la mensa durante la settimana, la distribuzione di indumenti ... Sono le cose che servono immediatamente perché molti di loro non hanno vestiti, non hanno medicine ...

D. – Per favorire l’integrazione voi avete anche avviato una scuola …

R. – Sì: una scuola di lingua italiana. E’ stata una delle cose più belle che abbiamo fatto. In parrocchia, abbiamo gente che viene a Messa, che ha battezzato i propri bambini africani, rumeni, bulgari ... Non c’è un’integrazione perfetta, però c’è spirito di accoglienza. Mi auguro veramente che si continui sulla strada dell’accoglienza, per un’integrazione ancora più forte, più grande. Però, se non si risolve la situazione dal punto di vista economico, non si risolve niente! (bf)

Oltre 4.700 allevamenti chiusi in Germania per contaminazione da diossina
Oltre 4.700 allevamenti di polli e suini sono stati chiusi temporaneamente in Germania a causa della contaminazione da diossina di uova e mangimi. Si allarga così lo scandalo alimentare nel Paese, che ha già portato a un drastico calo delle vendite di questi prodotti, infliggendo un duro colpo alla fiducia dei consumatori nel sistema di controlli del settore. Proprio oggi, inoltre, è emerso che la società al centro dello scandalo - la Harles und Jentzch, dello Schleswig-Holstein (nord) - sapeva già dal marzo 2010 che i propri grassi alimentari contenevano elevati livelli di diossina. La notizia, pubblicata dal quotidiano Hannoversche Allgemeine Zeitung (Haz), è stata confermata dal ministero dell'Agricoltura dello Schleswig-Holstein. Il ministero ha tenuto a precisare di essere stato informato solo il 27 dicembre scorso dei risultati dei test eseguiti dalla Harles und Jentzch il 19 marzo 2010. Secondo il giornale, le analisi indicavano che i livelli di diossina rilevati nei grassi alimentari destinati alla produzione di mangimi erano due volte superiori alla norma. Tuttavia, la società non ha comunicato alle autorità regionali i risultati dei test eseguiti di propria iniziativa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 7

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