Vigilia del Natale ortodosso sotto massima protezione per la comunità copta in
Egitto
Misure di sicurezza straordinarie oggi in vari Paesi in vista del Natale ortodosso
che, come ha ricordato stamani il papa dopo l’Angelus, le chiese orientali celebreranno
domani. In Particolare, in Egitto stretta sorveglianza della polizia in tutti i luoghi
di culto cristiani anche alla luce delle nuove minacce rivolte ieri alla comunità
copta da un sito integralista islamico. I sedicenti Mujaheddin hanno lanciato un nuovo
preoccupante messaggio, accompagnato da attacchi al Papa, e al presidente Usa Obama
e a tutti coloro che hanno condannato l'attacco di capodanno nel quale hanno perso
la vita 23 persone. Vigilia di Natale sotto la protezione della polizia anche per
i copti di numerosi Paesi europei. Ma quali prospettive si aprono dietro questa escalation
di violenze anti cristiane in Egitto, Fausta Speranza ne ha parlato con Guido
Olimpio, analista del Corriere della Sera:
R. – L’attentato
di Alessandria d’Egitto è stato ben organizzato, ha fatto molto vittime. E’ stato
un vero e proprio complotto, una vera operazione terroristica che fa pensare ad una
struttura, ad un’organizzazione eversiva, magari formata da elementi locali ed ispirata
dall’esterno, anche se io continuo a pensare che sia una matrice locale.
D.
– Matrice locale con quali obiettivi?
R. – Operano diversi gruppi e
gruppuscoli che hanno come base il Sinai, ma poi si estendono anche nelle città: sono
cellule salafite che hanno ereditato le linee guida di al-Zarkawi, che appunto prevedono
l’uccisione delle minoranze - dei cristiani, degli sciiti – perché sanno bene che
queste stragi possono innescare dei processi di guerra etnica, di guerra civile. Questi
attentati servono proprio ad aumentare l’odio: sperano che ci sia una reazione da
parte dei cristiani copti, in modo che poi ci sia una contro risposta.
D.
– Quindi, i cristiani sono colpiti in quanto minoranza?
R. – Certo,
a seconda dei teatri cambia l’obiettivo. Abbiamo visto che all’inizio in Iraq hanno
cominciato a colpire gli sciiti, perché l’entità sciita è fortissima ed è molto più
ampia di quella cristiana; dopo di che, sempre in Iraq, sono passati ai cristiani,
colpiti in maniera violenta, durissima negli ultimi tempi; e adesso lo stanno facendo
in Egitto, dove la minoranza è quella copta. E’ chiaro che con questi attentati mirano
ad innescare questo processo devastante.
D. – Che cosa potrà significare,
in vista delle presidenziali, questo nuovo stato di tensione?
R. – L’Egitto
certamente si è preoccupato in questi anni, dopo essere riuscito a debellare il terrorismo
degli anni ’90, di dare un’idea di stabilità. Invece, questi attacchi, queste morti
e le stragi, indubbiamente minano la stabilità del Paese, offrono un’immagine totalmente
negativa, si prestano a pressioni internazionali, cosa che il governo e le autorità
non vogliono. I terroristi raggiungono un doppio scopo: colpiscono i loro avversari,
che in questo caso sono i copti, ma al tempo stesso minano la stabilità del Paese
e colpiscono – tra l’altro – anche un altro settore molto importante, che è quello
del turismo. In questo modo, l’Egitto viene scosso. Io ritengo che, se dovessero continuare
gli attacchi, ci saranno forti conseguenze sullo scenario politico.
D.
– Per un Paese che dal 1981 è governato dalla stessa persona, le recenti elezioni
legislative e la prospettiva, tra qualche mese, di elezioni presidenziali, che cosa
sta cambiando? In che modo l’Egitto sta cambiando o può cambiare?
R.
– Diciamo che cambia a piccoli passi, perché noi vediamo che la famiglia Mubarak cerca
di essere sempre al potere. E’ chiaro che le violenze non aiutano i progetti di Mubarak
e quindi ora dovrà trovare un nuovo assestamento, una nuova linea e contrastare, da
una parte la violenza, e al tempo stesso cercare di evitare di soffocare ancora di
più quelle poche voci libere che si levano nel Paese. Non dimentichiamo che la repressione
non si rivolge soltanto contro i gruppi islamisti o islamici, ma si manifesta anche
contro chiunque contesti l’apparato del potere. Quindi, l’immagine dell’Egitto, per
quanto riguarda la democrazia, non è certo un’immagine completamente pulita, anzi
ci sono molte ombre. E dovranno cercare di trovare, dunque, una mediazione, cosa non
facile quando si è sotto la pressione della violenza. (ap)