Imminente il referendum sull’autodeterminazione del Sud Sudan
Mancano praticamente ormai poche ore allo storico referendum che deciderà le sorti
del Sud Sudan. Le urne, presso le quali si recheranno gli aventi diritto al voto per
esprimersi sulla separazione della regione da Karthoum, saranno aperte dal 9 al 15
gennaio prossimi, mentre i risultati saranno resi noti entro 30 giorni dalla chiusura
dei seggi. La consultazione è stata prevista dall’Accordo globale di pace, che, nell’aprile
2005, mise fine alla lunga e sanguinosa guerra civile, che dal 1956, con fasi alterne,
ha contrapposto il Nord al Sud. Sulla speranza che con il referendum si apra per l’intero
Sudan un periodo di stabilità e progresso, Giancarlo La Vella ha intervistato
padre Franco Moretti, direttore della rivista dei comboniani, Nigrizia:
R. – Tutti
lo sperano, non si può andare avanti con la più grande nazione africana sempre contrassegnata
da scontri, guerre. E’ ora che i sud-sudanesi abbiano il diritto e la possibilità
di esprimersi sul proprio futuro, nella speranza che Khartoum accetti il responso.
Resta il fatto che i sud sudanesi sono al 99,9 per cento decisi a votare 'sì' per
la secessione.
D. – Quali sono le differenze tra il Sud e il Nord del
Sudan che giustificano l’esistenza di due Stati diversi?
R. – Chi va
oggi a Khartoum si accorge che questa capitale è un cantiere aperto: strade nuove,
l’aeroporto che si sta ampliando, nuovi ponti … Tutto questo boom è finanziato dal
petrolio che - guarda caso - per l’80 per cento proviene dal Sud. Chi invece visita
la capitale sud-sudanese Juba, si accorge che la differenza è abissale. Il Sud Sudan
è ancora il tipico Stato del Terzo mondo. Una situazione del genere spinge ogni sud-sudanese
a dire: perché una nazione con tali risorse è costretta a vivere in una situazione
del genere?
D. – Differenze religiose profonde anche tra Nord e Sud?
R.
– Esatto. Ricordiamoci che ci sono state tre guerre civili. Uno dei motivi era proprio
il fatto che il Sud Sudan è abitato da cristiani o seguaci delle religioni tradizionali,
mentre il Nord è uno Stato islamico, se non islamista. Khartoum ha sempre voluto imporre
al Sud la Sharìa, la legge islamica, e questo ha sempre dato fastidio. Ci sono state
persecuzioni, ingiustizie indescrivibili e, quindi, è ora di smetterla. La speranza
è che questa data rappresenti davvero una svolta.
D. – La probabile
secessione del Sud nei confronti di Khartoum vorrà dire poi realmente "pace"?
R.
– Ricordiamoci che il Sud Sudan è un mosaico di gruppi etnici non ancora pacificati.
Qualcuno prevede una possibile “somalizzazione” del Sud Sudan: cioè, che a un certo
punto, una volta ottenuta l’indipendenza, i vari gruppi comincino a lottare l’uno
contro l’altro. Altri invece pensano che potrebbero trovare un accordo: una volta
che la situazione economica migliorerà anche i vecchi attriti, i vecchi odi tribali
potrebbero assopirsi un po’, se non addirittura sparire. (bf)