Visita di Benedetto XVI ai bambini del Gemelli. Il prof. Romagnoli: evento importante
per rilanciare la cura della spina bifida
Lo chiamano il “Gemelli dei Bambini”: è il reparto Pediatria del Policlinico “Agostino
Gemelli” di Roma, tappa della speciale visita del Santo Padre, questo pomeriggio,
in occasione della festa dell’Epifania. Cuore della visita è la benedizione del Centro
per la cura della spina bifida, grave malformazione congenita della colonna vertebrale
e del midollo spinale. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Costantino Romagnoli,
direttore del reparto Pediatria.
D. - Prof.
Romagnoli, l’incontro con il Papa sarà un’occasione preziosa per portare alla luce
l’impegno di questo meritevole Centro a servizio dell’infanzia…
R. –
E’ chiaro che l’emozione è grande: è la prima volta che il Santo Padre viene a visitare
la Pediatria del Policlinico Gemelli. Le prestazioni del Centro sono di tipo sanitario,
di tipo educazionale, di tipo riabilitativo, che coinvolgono una équipe multidisciplinare:
tra i quali il pediatra, il neurologo, il neuropsichiatra, lo psicologo. C’è soprattutto
un’attenzione particolare verso la famiglia, perché questa terapia viene applicata
non solo ai bambini, ma anche alle famiglie. Per questa patologia, nel nostro Centro,
da ormai oltre 20 anni, vengono fatti circa mille accessi di day hospital all’anno
e seguiamo più di 700 soggetti: li chiamo soggetti e non bambini, perché facciamo
fatica a non seguire anche gli adolescenti e anche gli adulti che continuano a tornare
nel nostro Centro.
D. - Professore, a che punto siamo nella ricerca
e nella cura di questa patologia?
R. – La cura di questa patologia è
fondamentalmente legata alla prevenzione con l’acido folico. Si tratta, però, di una
prevenzione molto difficile, perché dovrebbe cominciare – teoricamente – due o tre
mesi prima del concepimento. E’ facile fare una prevenzione in soggetti che hanno
già avuto una esperienza negativa in questo, mentre la prevenzione primaria – quella
cioè su tutta la popolazione – passa attraverso una diffusione abbastanza capillare
delle problematiche. Questo Centro si sta facendo carico, con un finanziamento dato
anche dalla Regione Lazio e con l’Associazione delle famiglie di questi bambini, di
realizzare un depliant da distribuire nelle scuole: così da riuscire a fare una diffusione
capillare informativa sulla patologia e la possibilità preventiva. Sulla terapia,
quello che si può fare – una volta che nasce un bambino con questa problematica –
è intervenire chirurgicamente nelle prime 24 ore dopo la nascita, non creare lesioni
aggiuntive di questo midollo spinale anomalo che è esposto all’esterno, e poi seguire
il decorso dal momento neonatale fin quando questi soggetti non saranno adulti.
D.
– Quindi sarà molto importante questa visita per dare più luce a questa malattia che,
appunto, con un'adeguata prevenzione può attenuare di molto i danni?
R.
– Questo senz’altro. Pensiamo che nei Paesi dove l’aborto terapeutico è la realtà
operativa principale, ormai bambini con questa patologia non nascono quasi più, perché
alla diagnosi prenatale segue immancabilmente l’interruzione volontaria di gravidanza.
In molti Paesi, comunque, le diagnosi sono anche misconosciute e quindi i bambini
nascono perché la diagnosi non viene fatta prima della nascita. Spesso il bambino
con la spina bifida è stato considerato come un bambino destinato ad un handicap tanto
grave per il quale non valesse la pena investire denari e risorse umane. Io penso
che chi oggi verrà o si troverà a vedere i servizi sul Centro che verrano mandati
in onda dalle varie televisioni, vedrà questi ragazzi sulla sedia a rotelle, autonomi,
capaci di andare a scuola, di fare attività sportive, e – forse - cambierà un po'
idea su questa patologia. (mg)