“Quanti pani avete? Andate a vedere …” è la sfida e titolo del Convegno Vocazionale
Nazionale della Cei, che si conclude oggi a Roma alla Domus Mariae. Interessanti le
proposte approfondite in ambito teologico e pastorale. Ieri, mons. Aiello, vescovo
di Teano-Calvi, così ha dipinto “il clima vocazionale odierno”: “Cinquant’anni fa
c’erano le vocazioni per la pastorale ma non c’era la pastorale per le vocazioni,
oggi è un po’ il contrario”. Chiara Pagano ha intervistato don Nico Dal
Molin, direttore del Centro Nazionale Vocazioni:
R. - Fare
un convegno sulle vocazioni significa innanzitutto non andare a verificare la quantità
delle vocazioni ma piuttosto rianimarci, quindi rimotivarci. In questo momento c’è
bisogno di ritrovare l’entusiasmo dell’annuncio e della proposta, che poi è anche
il senso del messaggio del Papa per la prossima giornata mondiale di preghiera per
le vocazioni. Ritrovare il coraggio di dire: abbiamo un piccolo lumino da accendere,
proviamo ad accenderlo. Quindi, fondamentale è la via della rimotivazione del nostro
servizio vocazionale.
D. – Come aiutare concretamente i giovani a capire
se hanno una vocazione alla vita sacerdotale o alla vita religiosa?
R.
- Io credo che oggi ci sia, innanzitutto da parte dei giovani, un grandissimo bisogno
di ascolto. Lo abbiamo visto in situazioni molto recenti, anche conflittuali, nelle
quali ci si è resi conto che il mondo dei giovani ha bisogno di essere ascoltato per
essere capito, per essere interpretato. Credo che il primo aspetto sia quello di dare
loro dei punti di riferimento dove possano bussare e trovare qualcuno che li accoglie
e li ascolta. Oltre all’ascolto ci vuole poi un accompagnamento, cercare insieme a
loro di mettere a fuoco alcune sensibilità della loro vita: è il classico tema del
discernimento. Forse proprio questo è il senso del titolo che abbiamo dato a questo
convegno e a tutto l’anno vocazionale.
D. - Ci sono stati anche dei
laboratori di approfondimento negli ultimi giorni del convegno...
R.
– Sì, anche se noi quest’anno li abbiamo concepiti in maniera un po’ particolare,
dei laboratori che hanno puntato più sulla via della estetica, della bellezza. Credo
che, come Chiesa, dovremmo riscoprire questa via della bellezza, magari mutuandola
dalla Chiesa d’Oriente. Quindi, abbiamo puntato su dei laboratori artistico-vocazionali
con alcuni gruppi di giovani che hanno fatto dei cammini in questo ambito, che ci
hanno fatto le loro proposte, ci hanno detto come loro hanno costruito un recital
piuttosto che un’esperienza artistica, piuttosto che un cammino nell’ambito della
bellezza. Ci hanno aiutato così a capire che anche questa via è una via privilegiata
per incontrare il Signore. Del resto, già il grande Fëdor Dostoevskij diceva che sarà
la bellezza a salvare il mondo, e io credo che questa sia davvero una via privilegiata.
(bf)