2011-01-05 15:55:50

Convegno nazionale della Cei sulle vocazioni


“Quanti pani avete? Andate a vedere …” è la sfida e titolo del Convegno Vocazionale Nazionale della Cei, che si conclude oggi a Roma alla Domus Mariae. Interessanti le proposte approfondite in ambito teologico e pastorale. Ieri, mons. Aiello, vescovo di Teano-Calvi, così ha dipinto “il clima vocazionale odierno”: “Cinquant’anni fa c’erano le vocazioni per la pastorale ma non c’era la pastorale per le vocazioni, oggi è un po’ il contrario”. Chiara Pagano ha intervistato don Nico Dal Molin, direttore del Centro Nazionale Vocazioni:RealAudioMP3

R. - Fare un convegno sulle vocazioni significa innanzitutto non andare a verificare la quantità delle vocazioni ma piuttosto rianimarci, quindi rimotivarci. In questo momento c’è bisogno di ritrovare l’entusiasmo dell’annuncio e della proposta, che poi è anche il senso del messaggio del Papa per la prossima giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Ritrovare il coraggio di dire: abbiamo un piccolo lumino da accendere, proviamo ad accenderlo. Quindi, fondamentale è la via della rimotivazione del nostro servizio vocazionale.

D. – Come aiutare concretamente i giovani a capire se hanno una vocazione alla vita sacerdotale o alla vita religiosa?

R. - Io credo che oggi ci sia, innanzitutto da parte dei giovani, un grandissimo bisogno di ascolto. Lo abbiamo visto in situazioni molto recenti, anche conflittuali, nelle quali ci si è resi conto che il mondo dei giovani ha bisogno di essere ascoltato per essere capito, per essere interpretato. Credo che il primo aspetto sia quello di dare loro dei punti di riferimento dove possano bussare e trovare qualcuno che li accoglie e li ascolta. Oltre all’ascolto ci vuole poi un accompagnamento, cercare insieme a loro di mettere a fuoco alcune sensibilità della loro vita: è il classico tema del discernimento. Forse proprio questo è il senso del titolo che abbiamo dato a questo convegno e a tutto l’anno vocazionale.

D. - Ci sono stati anche dei laboratori di approfondimento negli ultimi giorni del convegno...

R. – Sì, anche se noi quest’anno li abbiamo concepiti in maniera un po’ particolare, dei laboratori che hanno puntato più sulla via della estetica, della bellezza. Credo che, come Chiesa, dovremmo riscoprire questa via della bellezza, magari mutuandola dalla Chiesa d’Oriente. Quindi, abbiamo puntato su dei laboratori artistico-vocazionali con alcuni gruppi di giovani che hanno fatto dei cammini in questo ambito, che ci hanno fatto le loro proposte, ci hanno detto come loro hanno costruito un recital piuttosto che un’esperienza artistica, piuttosto che un cammino nell’ambito della bellezza. Ci hanno aiutato così a capire che anche questa via è una via privilegiata per incontrare il Signore. Del resto, già il grande Fëdor Dostoevskij diceva che sarà la bellezza a salvare il mondo, e io credo che questa sia davvero una via privilegiata. (bf)







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