Strage dei copti, la solidarietà del cardinale Tauran e dei cattolici egiziani
Si aggrava il bilancio delle vittime dell’attentato compiuto a capodanno, ad Alessandria
d'Egitto, in una chiesa della comunità copta ortodossa. I morti sono almeno 23, ma
il numero sembra purtroppo destinato ad aumentare perché sono alcuni feriti versano
in gravi condizioni. La comunità cattolica egiziana esprime dolore e vicinanza alla
comunità copta ortodossa. Ascoltiamo fra Kamal William, ministro della
Provincia francescana in Egitto, raggiunto telefonicamente nel Paese nordafricano
da Amedeo Lomonaco:
R. – Siamo
vicini, con i sentimenti e con la preghiera, specialmente alle famiglie delle vittime.
Non possiamo fare di più. Dobbiamo ritrovarci tutti in chiesa, per far sentire che
siamo vicini a tutta la comunità cristiana.
D. – L'attentato di Capodanno
nella chiesa copta dei Due Santi ad Alessandria è una pagina tragica non solo per
la comunità cristiana, ma per tutto l’Egitto...
R. – Non soltanto la
comunità cattolica, ma tutti i cristiani, tutta la comunità egiziana ed anche i musulmani
hanno accolto con grande dolore la notizia del massacro di molti innocenti, che uscivano
dalla chiesa e avevano appena pregato per il Capodanno, sperando che fosse un anno
più sereno. E’ stato davvero uno shock per tutti.
D. – Il prossimo 7
gennaio, la Chiesa ortodossa copta in Egitto celebrerà il Natale. Il timore di possibili
nuovi attentati non fermerà i fedeli...
R. – Anche il Patriarca Shenouda
lo ha ripetuto più volte, dicendo: “Il terrorismo non ci impedirà di andare a festeggiare
il Natale”. Certo, non ci saranno manifestazioni di gioia nelle case e nelle famiglie,
ma ci sarà solo una festa spirituale in chiesa.
D. – Qual è oggi in
Egitto la realtà della comunità cattolica copta e quali, in particolare, gli sforzi
nel dialogo con il mondo musulmano?
R. – Siamo un piccolo gregge, una
piccola comunità, perché fra tutti i cattolici di tutti i riti forse non si arriverà
nemmeno a 250 mila persone. Comunque, la comunità, anche se piccola, si fa sentire
nella testimonianza di vita. Ci sono i contatti per un dialogo diretto fra i musulmani
e la comunità cattolica. Prima il dialogo era fra i musulmani e la comunità cristiana,
ora invece c’è un contatto diretto tra la comunità musulmana e quella cattolica. E
questo è già un grande passo avanti, perché ci dice che la Chiesa cattolica, la comunità
cattolica, ha la sua consistenza, anche se è piccola. (ap)
All’Angelus
di domenica scorsa, condannando il “vile gesto di morte” dell'attentato contro la
comunità ortodossa copta, Benedetto XVI aveva chiesto ai fedeli di “perseverare nella
fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo”. Sulle strage
di Alessandria d’Egitto, Romilda Ferrauto ha raccolto la riflessione del cardinale
Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano per il Dialogo Interreligioso:
R. – Le mot
qui est venu a mon esprit c’est « abjection », parce-que nous sommes… "La
parola che mi è venuta in mente è “abiezione”, perché ci troviamo di fronte ad una
perversione della religione; nessuna religione può “giustificare” un tale modo di
procedere, nella misura in cui questo modo viene a toccare uomini e donne che stanno
pregando e che quindi esprimono la dimensione più nobile della persona umana. Questa
è stata la mia prima reazione. Poi, io credo che debbano essere evitate due cose:
la collera, che è sempre cattiva consigliera, e l’indifferenza. E’ quanto disse Giovanni
Paolo II in occasione della crisi dei Balcani: “non abbiamo il diritto di essere indifferenti”.
Qual è, allora, la soluzione? La soluzione è il dialogo. Si dice spesso: “guardate
dove vi ha portato il vostro dialogo! Questi sono i risultati!”. Noi ci troviamo di
fronte alle forze del male: ma il male si vince con il bene. Questo significa che
il dialogo dev’essere intensificato, come ha detto il Papa nel suo ultimo messaggio
per la Giornata mondiale della pace, citando Paolo VI: “E’ necessario, prima di tutto,
dare alla pace armi diverse che non quelle destinate ad uccidere e a sterminare l’umanità”.
Sono necessarie prima di tutto le armi ‘morali’, che danno forza e prestigio al diritto
internazionale, a cominciare dall’osservanza degli Accordi. Quindi, cerchiamo di mettere
in pratica tutte le belle dichiarazioni comuni che abbiamo fatto!". (gf)