Il bilancio del cardinale Sarr di Dakar sul 2010 dell'Africa
L’anno che si è appena chiuso ha visto il continente africano impegnato sulla strada
della democrazia – con tornate elettorali in molti dei suoi Paesi – ma anche epicentro
di tensioni sociali e conflitti che hanno causato, purtroppo, molte vittime. La collega
della redazione francese della nostra emittente, Hélène Destombes, ha chiesto
una riflessione al cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar in
Senegal, a partire da un bilancio sulla vita della Chiesa africana nel 2010:
R. – Au niveau
de la vie de l’Eglise, l’événement important que je retiens … Per quanto
riguarda la vita della Chiesa, l’avvenimento importante è stato lo svolgimento della
15.ma plenaria del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar
ad Accra, in Ghana. Nel corso di questa assemblea, ci siamo richiamati allo spirito
e alle conclusioni del Sinodo speciale per l’Africa e al suo messaggio. Nelle risoluzioni
finali abbiamo allora menzionato l’elaborazione di un piano d’azione strategico, pastorale.
In questo piano d’azione, si chiede una maggiore efficacia del Simposio, perché esso
funzioni meglio, ma anche il fatto che a livello di Chiese d’Africa noi ci impegniamo
a studiare un sistema per promuovere maggiormente un processo di responsabilizzazione,
e al fine di favorire ovunque nella Chiesa qualsiasi cosa che permetta alle comunità
cristiane di raggiungere l’autosufficienza, ma anche invogliare i cattolici del mondo
africano ad uno spirito di indipendenza che porti ad una responsabilizzazione anche
nell’ambito della vita economica e così via.
D. – Il 2010 è stato caratterizzato,
in terra africana, da molte elezioni: in Guinea, in Burundi, in Rwanda e, recentemente,
in Costa d’Avorio dove la situazione rimane molto tesa. Quali indicazioni emergono
da questi scrutini per quanto riguarda lo stato del processo di democratizzazione
dell’Africa?
R. – Je pense que il y a des endroits ou ces processus
électorales semblent avoir fait … Penso che ci siano degli ambiti in cui
questi processi elettorali sembrano aver fatto dei progressi, come ad esempio in Guinea
Conakry. Ci sono stati anche altri Paesi nei quali si sono svolte elezioni andate
a buon fine. Il caso della Costa d’Avorio, per contro, rimane penoso e preoccupante,
ma non è il solo. Penso, a questo proposito, che piuttosto che valutare l’utilizzo
della forza e della violenza per risolvere la situazione, si possa ancora tentare
la via del dialogo, come ha auspicato anche il capo della Cedeao. Anche noi capi religiosi,
cristiani e musulmani, stiamo valutando l’ipotesi di un nostro intervento, se è ancora
possibile farlo. Questo per dire che, malgrado tutto, la capacità dell’Africa di prendere
in mano il suo destino si realizza anche in queste situazioni: vediamo, infatti, che
gli africani sono sempre più coinvolti nella soluzione delle crisi che si manifestino
nell’uno o nell’altro Paese. E io penso che questo, nonostante tutto, sia indice di
progresso.
D. – L’anno passato ha visto un crescendo di scontri etnici
che, in alcuni Paesi come la Nigeria, si sono tradotti in scontri tra cristiani e
musulmani. Qual è il vostro messaggio riguardo a questo stato di cose?
R.
– Je pense que c’est le message toujours qu’il faut que l’Eglise in particulier, … Credo
sia sempre il messaggio secondo il quale è necessario che la Chiesa in particolare,
ma più in generale tutte le comunità religiose, riflettano in primo luogo – ed è un
mio grande augurio, personalmente l’ho ripetuto più volte – sulla violenza e sulla
fede. E’ necessario che i fedeli si interroghino in profondità: si può dire veramente
che, in nome di Dio, si può esercitare la violenza sul prossimo? In secondo luogo,
penso che noi capi religiosi, musulmani, cristiani e delle religioni tradizionali,
dobbiamo riflettere insieme per valutare cosa possiamo fare, insieme, per intervenire
nei diversi conflitti, per prevenirli e, perché no?, mettere fine agli stessi una
volta per tutte.
D. – Quali sono le sue speranze per il 2011?
R.
– Mes espoirs, pour moi c’est toujours un leitmotiv, … La mia speranza –
per me è un leitmotiv – è che gli africani finalmente prendano coscienza delle loro
responsabilità nei riguardi del loro destino. Nessuno potrà gestire lo sviluppo dell’Africa
al posto loro: sono loro stessi che devono pensare il loro sviluppo e realizzarlo.
Nelle generazioni giovani si riconoscono dei segni che, ai miei occhi, sono sempre
più positivi, e sono ottimista. (gf)