Inizia oggi l’Anno europeo del volontariato: 100 milioni le persone impegnate nel
settore della solidarietà
"Volontari! Facciamo la differenza": è questo lo slogan dell’Anno europeo del volontariato
che inizia oggi. Più di 100 milioni di europei sono impegnati in attività di volontariato
e il settore rappresenta circa il 5% del PIL delle economie nazionali. Ma soprattutto
i volontari vivono alcuni valori e obiettivi europei previsti dai Trattati: in particolare
in termini di promozione della coesione sociale, della solidarietà e della partecipazione
attiva. Del significato e delle attese per questo anno dedicato al volontariato, Fausta
Speranza ha parlato con Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv,
la Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario:
R. - Penso
che il significato sia quello di tornare a sottolineare, alle istituzioni e all’opinione
pubblica, la valenza e il valore di questo settore, diventato oramai fondamentale
per ogni società e per ogni democrazia evoluta, sia per il suo contenuto - diciamo
- di solidarietà e quindi un contenuto educativo propedeutico, sia anche per il suo
contributo e valore economico. Ormai, il volontariato è diventato una parte essenziale
delle economie dei Paesi sviluppati: basti pensare a quanto il volontariato garantisce
in termini di servizi fondamentali alle persone e in particolare proprio a quelle
più vulnerabili.
D. - Vogliamo fare una breve fotografia con l’aiuto
di alcune cifre…
R. - Le cifre sono sempre difficili da indicare con
certezza, soprattutto per un settore di questa natura: parlando dell’Italia, l’Istat
dice che oggi circa sei milioni di italiani fanno volontariato in maniera sporadica
e un milione e mezzo lo svolge in maniera continuativa. Comincia a diventare, anche
da un punto di vista sociologico e sociale, un fenomeno di una certa rilevanza.
D.
- Da questo Anno europeo, c’è un qualcosa di concreto che ci si aspetta a livello
di istituzioni?
R. - Per il nostro Paese ciò significherebbe - ad esempio
- accettare questa nostra richiesta, che facciamo ormai da tempo: approvare una legge
per la stabilizzazione del 5 per mille. Anche quest’anno, siamo dovuti scendere in
piazza ed esercitare delle pressioni perché nella proposta governativa di finanziaria
- oggi si chiama “legge di stabilità” - anche quest’anno era sparito il 5 per mille.
E' stato reintrodotto solamente con il decreto "Milleproroghe", a fine anno, proprio
al fotofinish, e solo perché noi abbiamo esercitato pressioni. Non si può continuare
ogni anno a dover lottare per ottenere quello che ci sembra essere un minimo dovuto:
la possibilità di favorire quei cittadini che vogliono dare le proprie risorse per
le attività di volontariato delle Ong e del Terzo Settore in genere.
D.
- Anche a livello europeo, ci si aspetta un esempio altrettanto concreto dalle istituzioni,
quindi da Bruxelles, dalla Commissione europea…
R. - Dovendo scegliere
un esempio, parlo della necessità di avere riconosciuto uno “status del volontario
europeo”. Spero si giunga all’approvazione. Anche questo è un lavoro iniziato ormai
molti anni fa, al quale stiamo dedicando parecchio tempo, investendo risorse significative.
Penso che anche qui sarebbe un bel segnale se le istituzioni dell’Unione Europea -
e in particolare la Commissione - adottassero questo statuto del volontario europeo.
L’obiettivo è omogeneizzare e standardizzare e quindi anche un po’ orientare le legislazioni
e le normative nazionali alla luce proprio di un quadro più armonico e quindi anche
più rispondente al bisogno di una maggiore presa di coscienza del fatto che oggi siamo
in Europa e non più solo in singoli Stati sovrani.
D. - Dott. Marelli,
ci aiuti a ragionare su questo: a volte si pensa che i servizi sociali dovrebbero
essere assicurati dalla società, dalle istituzioni e, dunque, pensiamo che il volontariato
in qualche modo supplisca a qualcosa che invece dovremmo avere dallo Stato. E’ giusto
pensare così e, in qualche modo, essere un po’ contrariati per questo?
R.
- Io penso che il volontariato svolga un ruolo importante e - come si dice oggi -
di sussidiarietà: permette di intervenire anche in ambiti che sicuramente devono essere
responsabilità del pubblico. Certamente, ciò deve avvenire non nella direzione di
una deresponsabilizzazione dello Stato, ma piuttosto - viceversa - in una prospettiva
in cui lo Stato valorizza e sostiene queste associazioni di volontariato, in nome
e alla luce della sussidiarietà, proprio perché svolgono un servizio più efficace,
anche a minor costo, ma soprattutto più vicino ai cittadini e più vicino alle comunità.
Se si dovesse comprendere questa logica, e se si dovesse agire in questa direzione,
io penso che la rabbia che oggi, è vero, un po’ cova nelle associazioni di volontariato
- perché si sentono e ci sentiamo abbandonate - probabilmente potrebbe anche rientrare.(mg)