La carità dei testimoni di Cristo illumini un tempo carico di drammi: così il Papa
ai Vespri della Solennità di Maria Madre di Dio
“Il nostro tempo umano è sì carico di mali, di sofferenze, di drammi di ogni genere
– da quelli provocati dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti
eventi naturali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile la
novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore”. E’ quanto ha detto il Papa nell’omelia
per i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, presieduti nella
Basilica Vaticana con il tradizionale Te Deum di ringraziamento. “Proprio nel Bambino
di Betlemme – ha proseguito -possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso
ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama esprimersi la liturgia
della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne umile e debole di un bambino.
Non c’è qui forse un invito a ritrovare la presenza di Dio e del suo amore che dona
la salvezza anche nelle brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è
forse un invito a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili
e pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi della Grazia
che è il Signore stesso?”. Di seguito il testo integrale dell’omelia:
Cari
fratelli e sorelle!
Al termine di un anno, ci ritroviamo questa sera
nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima
Madre di Dio ed elevare un inno di ringraziamento al Signore per le innumerevoli grazie
che ci ha donato, ma anche e soprattutto per la Grazia in persona, ossia per il Dono
vivente e personale del Padre, che è il Figlio suo prediletto, il Signore nostro Gesù
Cristo. Proprio questa gratitudine per i doni ricevuti da Dio nel tempo che ci è dato
di vivere ci aiuta a scoprire un grande valore iscritto nel tempo: scandito nei suoi
ritmi annuali, mensili, settimanali e quotidiani, esso è abitato dall’amore di Dio,
dai suoi doni di grazia; è tempo di salvezza. Sì, il Dio eterno è entrato e rimane
nel tempo dell’uomo. Vi è entrato e vi rimane con la persona di Gesù, il Figlio di
Dio fatto uomo, il Salvatore del mondo. È quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo
nella breve lettura poc’anzi proclamata: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio
mandò il suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).
Dunque,
l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberando l’uomo dal peccato e rendendolo
figlio di Dio. Già ‘al principio’, ossia con la creazione del mondo e dell’uomo nel
mondo, l’eternità di Dio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana,
di generazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la sua redenzione,
siamo ‘alla pienezza’ del tempo. Come rileva san Paolo, con Gesù il tempo si fa pieno,
giunge al suo compimento, acquistando quel significato di salvezza e di grazia per
il quale è stato voluto da Dio prima della creazione del mondo. Il Natale ci richiama
a questa ‘pienezza’ del tempo, ossia alla salvezza rinnovatrice portata da Gesù a
tutti gli uomini. Ce la richiama e, misteriosamente ma realmente, ce la dona sempre
di nuovo. Il nostro tempo umano è sì carico di mali, di sofferenze, di drammi di ogni
genere – da quelli provocati dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli
infausti eventi naturali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile
la novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambino di Betlemme
possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso ed eloquente l’incontro dell’eternità
con il tempo, come ama esprimersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare
Dio nella carne umile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovare
la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle brevi e faticose
ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito a scoprire che il nostro
tempo umano – anche nei momenti difficili e pesanti – è incessantemente arricchito
delle grazie del Signore, anzi della Grazia che è il Signore stesso?
Alla
fine di quest’anno 2010, prima di consegnarne i giorni e le ore a Dio e al suo giudizio
giusto e misericordioso, sento più vivo nel cuore il bisogno di elevare il nostro
“grazie” a Lui e al suo amore per noi. In questo clima di riconoscenza, desidero rivolgere
un particolare saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle
persone consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto il Signor
Sindaco e le Autorità presenti. Un ricordo speciale va a quanti sono in difficoltà
e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di festa. A tutti e a ciascuno
assicuro il mio affettuoso pensiero, che accompagno con la preghiera.
Cari
fratelli e sorelle, la nostra Chiesa di Roma è impegnata ad aiutare tutti i battezzati
a vivere fedelmente la vocazione che hanno ricevuto e a testimoniare la bellezza della
fede. Per poter essere autentici discepoli di Cristo, un aiuto essenziale ci viene
dalla meditazione quotidiana della Parola di Dio che, come ho scritto nella recente
Esortazione apostolica Verbum Domini, «sta alla base di ogni autentica spiritualità
cristiana» (n. 86). Per questo desidero incoraggiare tutti a coltivare un intenso
rapporto con essa, in particolare attraverso la lectio divina, per avere quella luce
necessaria a discernere i segni di Dio nel tempo presente e a proclamare efficacemente
il Vangelo. Anche a Roma, infatti, c’è sempre più bisogno di un rinnovato annuncio
del Vangelo affinché i cuori degli abitanti della nostra città si aprano all’incontro
con quel Bambino, che è nato per noi, con Cristo, Redentore dell’uomo. Poiché, come
ricorda l’Apostolo Paolo, «la fede viene dell’ascolto e l’ascolto riguarda la parola
di Cristo» (Rm 10,17), un utile aiuto in questa azione evangelizzatrice può venire
– come già sperimentato durante la Missione Cittadina in preparazione al Grande Giubileo
dell’anno 2000 – dai “Centri di ascolto del Vangelo”, che incoraggio a far rinascere
o a rivitalizzare non solo nei condomini, ma anche negli ospedali, nei luoghi di lavoro
e in quelli dove si formano le nuove generazioni e si elabora la cultura. Il Verbo
di Dio, infatti, si è fatto carne per tutti e la sua verità è accessibile ad ogni
uomo e ad ogni cultura. Ho appreso con favore dell’ulteriore impegno del Vicariato
nell’organizzazione dei “Dialoghi in Cattedrale”, che avranno luogo nella Basilica
di San Giovanni in Laterano: tali significativi appuntamenti esprimono il desiderio
della Chiesa di incontrare tutti coloro che sono alla ricerca delle risposte ai grandi
quesiti dell’esistenza umana.
Il luogo privilegiato dell’ascolto della
Parola di Dio è la celebrazione dell’Eucaristia. Il Convegno diocesano del giugno
scorso, al quale ho partecipato, ha voluto evidenziare la centralità della Santa Messa
domenicale nella vita di ogni comunità cristiana e ha offerto delle indicazioni affinché
la bellezza dei divini misteri possa maggiormente risplendere nell’atto celebrativo
e nei frutti spirituali che da essi derivano. Incoraggio i parroci e i sacerdoti a
dare attuazione a quanto indicato nel programma pastorale: la formazione di un gruppo
liturgico che animi la celebrazione, e una catechesi che aiuti tutti a conoscere maggiormente
il mistero eucaristico, da cui scaturisce la testimonianza della carità. Nutriti da
Cristo, anche noi siamo attirati nello stesso atto di offerta totale, che spinse il
Signore a donare la propria vita, rivelando in tal modo l’immenso amore del Padre.
La testimonianza della carità possiede, dunque, un’essenziale dimensione teologale
ed è profondamente unita all’annuncio della Parola. In questa celebrazione di ringraziamento
a Dio per i doni ricevuti nel corso dell’anno, ricordo in particolare la visita che
ho compiuto all’Ostello della Caritas alla Stazione Termini dove, attraverso il servizio
e la generosa dedizione di numerosi volontari, tanti uomini e donne possono toccare
con mano l’amore di Dio. Il momento presente genera ancora preoccupazione per la precarietà
in cui versano tante famiglie e chiede all’intera comunità diocesana di essere vicina
a coloro che vivono in condizioni di povertà e disagio. Dio, infinito amore, infiammi
il cuore di ciascuno di noi con quella carità che lo spinse a donarci il suo Figlio
unigenito.
Cari fratelli e sorelle, siamo invitati a guardare al futuro
e a guardarlo con quella speranza che è la parola finale del Te Deum: “In te, Domine,
speravi: non confundar in aeternum! - Signore, Tu sei la nostra speranza, non saremo
confusi in eterno”. A donarci Cristo, nostra Speranza, è sempre lei, la Madre di Dio:
Maria santissima. Come già ai pastori e ai magi, le sue braccia e ancor più il suo
cuore continuano ad offrire al mondo Gesù, suo Figlio e nostro Salvatore. In Lui
sta tutta la nostra speranza, perché da Lui sono venute per ogni uomo la salvezza
e la pace. Amen!