2010-12-29 15:16:29

Liberata in Iraq la ragazza cristiana rapita a Mosul. Il nuovo nunzio: riparte la speranza


In Iraq le forze speciali hanno liberato questa mattina una studentessa cristiana di 21 anni, Rubila Aziz. E' quanto rendono noto fonti locali aggiungendo che la ragazza era stata sequestrata lo scorso 15 dicembre da un gruppo di uomini armati a Mosul. Sempre a Mosul, nel nord del Paese, almeno 4 persone sono morte in seguito ad un attacco kamikaze compiuto contro il quartier generale della polizia. In Iraq, intanto, il Natale è trascorso senza celebrazioni di mezzanotte in diverse città e con le chiese blindate per nuove minacce di Al Qaeda contro la piccola, e sempre meno numerosa, comunità cristiana. Ma, nonostante questo, la festa per la venuta del Signore ha riacceso la speranza. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo Giorgio Lingua, da poche settimane insediatosi come nunzio apostolico in Iraq:RealAudioMP3

R. – Negli ultimi quattro-cinque anni, le Messe di Mezzanotte non si sono più celebrate in diverse città irachene per ragioni di sicurezza. Il resto delle funzioni si sono svolte regolarmente, con grandi misure di sicurezza davanti a tutte le chiese e la partecipazione è stata discreta. Qui a Baghdad, un po’ meno degli altri anni per ovvie ragioni: dopo l’attentato del 31 ottobre scorso, molti cristiani sono andati via. Ma la partecipazione è stata comunque superiore alle attese; c’era un po’ di apprensione alla Vigilia, ma il Natale si è svolto regolarmente, e così è nata anche un po’ di speranza. Si ha l’impressione che ci si possa riprendere …

D. – Dunque ci si può riprendere… Ma quelli che i terroristi definiscono “bersagli legittimi” – parliamo di cristiani – sono ormai circa 400 – 600 mila. Prima della guerra, i cristiani erano oltre un milione e 400 mila. Come arginare questa emorragia e favorire, invece, un ritorno dei cristiani iracheni nella loro terra?

R. – Occorre che i cristiani si sentano tranquilli, e poi che si dia loro la possibilità di trovare un lavoro. Quindi, una serie di misure che devono essere prese dal nuovo governo che finora, soprattutto in occasione del Natale, ha dimostrato di voler fare di tutto per garantire la sicurezza ai cristiani. Questo può rasserenarli e far sì che non si sentano costretti ad abbandonare il Paese.

D. – Qual è il compito del nuovo governo iracheno, ancora alle prese con le drammatiche eredità del regime di Saddam, della guerra, del terrorismo?

R. – E’ un compito molto arduo, perché nel Paese circolano ancora tante armi e ci sono tanti gruppi che sono ancora insoddisfatti per gli avvenimenti che si sono succeduti in questi anni. La minaccia terroristica esiste e non è facile fermarla, ma io credo che con il tempo si possa mettere fine ad ogni gruppo terroristico. Certamente l’Iraq è un Paese che è stato duramente provato, con tante ferite che non sarà facile rimarginare. Ci vorrà del tempo. Persone che prima non avevano problemi si sono trovate ora di colpo ad essere gli uni contro gli altri. Io credo che sia molto importante che rinasca la fiducia, che si incominci a fidarsi del prossimo, del vicino. I cristiani, in questo contesto, sono i più deboli e non possono fare altro che fidarsi degli altri.

D. – I cristiani, dunque, in Iraq sono vulnerabili. Ma quale contributo può dare proprio la comunità cristiana a questo Stato iracheno, così sofferente?

R. – Penso che debba fare ciò che ha sempre fatto, cioè vivere la sua vita onestamente, lavorando, dando per prima testimonianza di tolleranza. Mi sembra che i cristiani siano apprezzati proprio per questa loro onestà. Desiderano essere rispettati e devono esserlo. Credo che questa testimonianza possa essere il contributo migliore dei cristiani alla ricostruzione di questo Paese.

D. – Quale esortazione intende rivolgere agli ascoltatori?

R. – Continuate a pregare per i cristiani di questo Paese e perché l’Iraq ritorni ad essere un luogo di tutti i cittadini, indipendentemente dalla fede religiosa o dal gruppo etnico cui appartengono. (gf)







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