Continente africano tra crisi umanitarie e speranze di sviluppo
Il 2010, annus horribilis per il mondo economicamente più sviluppato, sembra invece
avviarsi a conclusione positivamente per il continente africano. La debolezza finanziaria
e di sviluppo economico di questo continente a giudizio degli economisti ha impedito
le dure ripercussioni paventate a causa del calo di investimenti e di aiuti allo sviluppo.
Restano tuttavia aperte molte situazioni di crisi politica e umanitaria, che seppure
attualmente localizzate rischiano di riversare i propri effetti a livello regionale.
Per un bilancio del 2010 africano Stefano Leszczynski ha intervistato Mario
Raffaelli, presidente di Amref Italia.
R. - Dal
punto di vista generale va detto che l’Africa è stata colpita dalla crisi internazionale
in maniera meno forte ed ha dimostrato la capacità di uscirne più rapidamente. Questo,
ovviamente, dipende dalle condizioni di relativa marginalità dell’Africa: essendo
questa una crisi sostanzialmente finanziaria - e quindi legata ai processi economici
internazionali più sofisticati - è evidente che, da questo punto di vista, l’arretratezza
dell’Africa l’ha tenuta relativamente al riparo. All’interno di questo trend generale,
poi, esistono invece - e in qualche caso si sono aggravati - dei punti di crisi, che
sono appunto la caratteristica del continente africano, per il quale spesso è più
giusto parlare di “Afriche” piuttosto che di Africa.
D. - Sono aree
qualche volta localizzate, ma spesso con interessi di più Paesi …
R.
- Il Corno d’Africa è forse l’area più delicata, in questo momento. Credo che per
quanto riguardi il Sudan ci sia stata, negli ultimi tempi, un’attenzione particolare
nella consapevolezza che se anche in Sudan - dopo che in Somalia - si tornasse ad
una situazione di guerra civile, le conseguenze sarebbero veramente incalcolabili.
D.
- Ci sono poi Paesi che si aveva l’impressione potessero avviarsi verso dei modelli
stabili di democrazia, come la Costa d’Avorio o la Nigeria, dove peraltro i problemi
saltano fuori in maniera evidente soprattutto in questi giorni …
R.
- Sono stati due casi che hanno un’analogia, un problema comune, ossia tensioni che
nascono dall’uso delle risorse, ma che hanno anche problemi completamenti diversi,
sia per dimensione che per complessità dei fattori. In Costa d’Avorio c’è un intervento
abbastanza deciso dell’Unione africana. Più complessa è invece la situazione in Nigeria,
perché si tratta di una tensione che ha radici che affondano a qualche anno fa: le
violenze, che trovano poi nell’elemento della contrapposizione religiosa un fattore
di possibile strumentalizzazione, sono radicate anche in tensioni di natura economica,
legate alle risorse, soprattutto al sistema di utilizzo delle risorse pubbliche. La
risposta, in questo caso, è molto più complessa rispetto ad un semplice intervento
di mediazione o di pressione e si basa soprattutto sulle capacità di affrontare, a
livello locale, le ragioni di queste tensioni e, da parte delle istituzioni statali,
quella di superare un uso delle risorse pubbliche molto spesso discriminatorio. (vv)