Il ciclo sui documenti del Vaticano II: la "Gaudium et spes" promulgata da Paolo VI
nel 1965
L’ultimo giorno del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, fu anche il giorno della
promulgazione da parte di Paolo VI della Costituzione dogmatica Gaudium et spes,
uno dei testi più importanti prodotti dall’assise, nella quale la Chiesa si sofferma
sull’attualità del mondo e sulla necessità di riallacciare nuovi legami con “gli uomini
e le donne di buona volontà”, per costruire la pace e la giustizia. Nel viaggio iniziato
alcune settimane fa alla ricoperta dei documenti conciliari, il gesuita padre Dariusz
Kowalczyk rilegge l’importanza della Gaudium et spes a 45 anni di distanza:
Nel corso
di una discussione sulla situazione della Chiesa un confratello mi ha detto “Ci basta
il Vangelo e la Gaudium et spes”. Nel passato però spesso sentivo l'opinione
che l’interpretazione della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
fosse troppo ottimista e addirittura ingenua. Joseph Ratzinger ha notato che insieme
alla Gaudium et spes dovremmo tener sempre presente l'“Imitazione di Cristo”,
il libretto che riflette la tradizione monastica medievale. La spiritualità “solidale
con il mondo” va accompagnata quindi dalla spiritualità della “fuga dal secolo”. Bisogna
trovare un punto di equilibrio tra il giusto impegno per il mondo e la tensione verso
la vita eterna. “Tra i compiti più urgenti per il cristiano – afferma Ratzinger –
c’è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante,
rinunziando a certa solidarietà euforica post-conciliare”. La Gaudium et spes,
letta senza un presupposto ideologico, appare molto equilibrata.
Oggi,
l’analisi conciliare della condizione dell’uomo nel mondo è ancora più attuale che
45 anni fa. I padri del Concilio affermano: “il mondo si presenta oggi potente e debole,
capace di operare il meglio e il peggio, […] l'uomo prende coscienza che dipende da
lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate, e che possono schiacciarlo o
servirgli” (n. 9). Benedetto XVI recentemente ha indicato la possibilità del peggio
con una frase assai drammatica: “Il nostro futuro e il destino del nostro pianeta
sono in pericolo”. Tale diagnosi non può che suscitare degli interrogativi più profondi
nel cuore umano. Per rispondere a simili domande, il Concilio ha affermato di volere
scrutare – insieme a tutti gli uomini di buona volontà – i segni dei tempi per riformulare,
nel mondo contemporaneo, la risposta che è stata già data in Gesù Cristo: “la chiave,
il centro e il fine di tutta la storia umana”. (n. 10).