2010-12-26 15:07:42

Cristiani perseguitati e discriminati nel mondo: poca attenzione dai media


Nel giorno in cui si ricorda anche Santo Stefano, primo martire cristiano, la Chiesa si sente particolarmente vicina a tutte le comunità ecclesiali perseguitate nel mondo. Ieri il Papa, nel suo Messaggio natalizio, ha elevato la sua preghiera a Dio perché “doni perseveranza a tutte le comunità cristiane che soffrono discriminazione e persecuzione” ispirando “i leader politici e religiosi ad impegnarsi per il pieno rispetto della libertà religiosa di tutti”. Già nel discorso alla Curia Romana, il 20 dicembre scorso, Benedetto XVI aveva levato un accorato appello a fermare la cristianofobia nel mondo. D’altro canto, se negli ultimi mesi ha avuto una certa diffusione il caso di Asia Bibi, la madre di 5 figli condannata a morte in Pakistan per blasfemìa, molto spesso le persecuzioni anticristiane non ricevono attenzione dai media. Alessandro Gisotti ne ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews:RealAudioMP3

R. – E’ molto buono che il caso di Asia Bibi sia arrivato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo perché finalmente ha mostrato un po’ di luce sulla situazione terribile dei cristiani in Pakistan: sono una minoranza piccolissima ma sono veramente bersagliati come non mai. Non c’è soltanto un’emarginazione dal punto di vista sociale per cui ai cristiani non è concesso avere certi lavori e certe cariche ma c’è questa legge sulla blasfemia che li colpisce in un modo totalmente violento e imprevedibile. Asia Bibi è un po’ il simbolo di tutta questa sofferenza e di tutto questo lavoro di testimonianza che sta facendo la comunità cristiana in Pakistan.

D. – Quali sono le situazioni che destano maggiore preoccupazione guardando soprattutto all’anno che si sta chiudendo?

R. - Una delle situazioni di maggiore preoccupazione nel mondo mediorientale è quella dell’Iraq dove il governo non riesce a garantire assolutamente la sicurezza della vita dei cristiani che pure sono una minoranza così preziosa per la storia dell’Iraq e per lo stesso Paese, per la sua stessa cultura. Bisogna però dire che questa situazione, dove appunto c’è insicurezza in Medio Oriente, ha una sua “fonte” nell’Arabia Saudita dove, non dimentichiamolo, ci sono milioni di cristiani andati lì a lavorare e dove non c’è possibilità di celebrare Messa, di pregare in privato, dove non è possibile neanche finire di costruire una piccola cappellina. Poi, secondo me, la situazione più drammatica e più dolorosa è quella dei cristiani, dei pochi cristiani che ci sono in Nord Corea. Lì c’è una dittatura di tipo ideologico e basta che uno abbia la Bibbia che viene condannato a morte. Direi che la Nord Corea è la punta dell’iceberg di una persecuzione da parte del mondo comunista che ha sempre detto che la religione è l’oppio dei popoli e quindi ha cercato sempre di eliminarla oppure di dominarla in qualche modo. Quindi, dietro la Nord Corea metterei la Cina.

D. – Nel discorso alla Curia Romana il Papa ha levato un forte appello a fermare la cristianofobia nel mondo. Come assumere questo impegno anche nell’informazione?

R. – Nell’informazione è importante che tutti questi fatti e queste violenze vengano denunciate e vengano messe in chiaro perché molto spesso da parte dell’Occidente, in particolare, c’è un po’ la “politica dello struzzo”: non vedere, non parlare, così si può andare avanti a commerciare. L’Occidente e l’Oriente, invece, dialoghino non soltanto sul commercio ma anche sulle rispettive culture e portino l’uno all’altro l’impegno per migliorare la dignità dell’uomo perché, di fatto, i contatti tra i vari Paesi ormai sono soltanto di tipo strettamente economico e questo impoverisce il valore della persona umana. (bf)







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