2010-12-21 15:27:12

Importanti accordi tra India e Russia anche sul nucleare: Medvedev in visita a New Delhi


Il presidente russo Dmitri Medvedev è giunto oggi a New Delhi per una visita di due giorni in cui si stipuleranno importanti accordi commerciali e non solo tra Russia e India. Il primo impegno è per la costruzione da parte di Mosca di due reattori nucleari. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

Valore: 30 miliardi di dollari, terreni di intesa: soprattutto difesa ed energia nucleare. L’India accoglie il presidente russo per accordi commerciali che però hanno un respiro tale da far dire al portavoce del ministero degli Esteri russo, Vishnu Prakash, che “non si tratta di un mero accordo commerciale, poichè le parti cercano di sviluppare progetti legati a ricerca, sviluppo e produzione congiunte”. E l’omologo indiano Krishna aggiunge: fra gli argomenti che Medvedev tratterà nella sua visita, vi sono anche il terrorismo e la situazione nella regione afghano-pachistana. Inoltre in uno dei primi comunicati congiunti, a visita avviata, spunta anche la questione iraniana: i leader affermano che India e Russia ritengono necessario realizzare “ogni possibile sforzo per trattare la questione nucleare iraniana attraverso il dialogo ed il negoziato”. Aggiungono che l'Iran “ha il diritto di sviluppare la ricerca, la produzione e l'uso dell'energia nucleare per fini pacifici in conformità con i suoi obblighi internazionali”. Per poi lanciare un appello a Teheran affinchè “rispetti le disposizioni al riguardo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e cooperi pienamente con l'Aiea (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ndr)”. Resta da dire, avendo nominato l’Onu, che Medvedev ha dichiarato oggi da New Delhi che la Russia è favorevole all'assegnazione all'India di un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

In Thailandia in scadenza lo stato d’emergenza in vigore da aprile
Termina domani in Thailandia lo stato d'emergenza in vigore a Bangkok e in tre province limitrofe, decretato dalle autorità nell'aprile scorso, a seguito delle manifestazioni anti-governative promosse dalle “camicie rosse” e represse violentemente, con un bilancio di 90 morti e 1.900 feriti. Il provvedimento, che aveva inasprito i poteri delle forze di sicurezza, era stato criticato dai difensori dei diritti dell'uomo e dall'opposizione. Sui motivi delle proteste delle “camicie rosse”, Giada Aquilino ha intervistato Carlo Filippini, esperto di sud est asiatico:RealAudioMP3

R. - Le “camicie rosse” rappresentano gli strati della popolazione più povera e in particolare quella rurale, che era stata molto beneficata dai precedenti governi guidati da Thaksin Shinawatra, che fu estromesso dal colpo di Stato del settembre 2006. La ripetuta estromissione di governi che avevano vinto le elezioni ha poi creato una situazione di tensione e questi strati della popolazione si sono sentiti non più rappresentati dal governo.

D. - In particolare, in cosa queste classi più povere sono state penalizzate?

R. - I governi di Thaksin avevano approvato tutta una serie di riforme, che avevano probabilmente alcuni aspetti negativi nel medio e lungo periodo, ma che avevano anche agevolato: ad esempio la legge dei 30 baht - baht è la moneta thailandese, 50 baht valgono un Euro, tanto per intenderci - in base alla quale chiunque poteva avere cure mediche pagando una somma molto bassa. Certamente, Thaksin aveva anche utilizzato i metodi normali della politica in Thailandia e questo significava, molte volte, corruzione o favoreggiamento degli affari di alti imprenditori o delle famiglie a lui vicine.

D. - Lo stato d’emergenza è stato tolto a Bangkok e in tre province limitrofe. Nei piani delle autorità c’è comunque l’intenzione di imporre un atto per la sicurezza interna. Che misure potrebbero essere?

R. - Molti Paesi, e non soltanto nel sudest asiatico ma in tutto il mondo, hanno leggi che potremmo definire “leggi antiterrorismo”. L’Internal Security Act thailandese è una legge che mira a combattere, a proibire e a punire comportamenti violenti. In molti Paesi, queste leggi sulla sicurezza interna sono però utilizzate per tenere a bada gli oppositori. (mg)

Terremoto nel sud-est dell’Iran: almeno 7 vittime e alcuni villaggi distrutti
Almeno sette persone sono rimaste uccise e 24 ferite in un terremoto che ha colpito ieri sera il sud-est dell'Iran. Lo riferisce l'agenzia Irna, sottolineando che il bilancio potrebbe però aggravarsi, perchè numerosi villaggi hanno subito distruzioni tra il 20 e il 100 per cento. Il sisma, di intensità 6,5 gradi sulla scala Richter, ha avuto il suo epicentro nei pressi della città di Hosseinabad, nella provincia di Kerman, ed è avvenuto alle 22:12 ora locale (le 19:42 in Italia). Nella provincia di Kerman si trova anche la città di Bam, rasa al suolo nel dicembre del 2003 da un terremoto che provocò circa 30mila morti. “Considerate le dimensioni dei danni, il numero dei morti sembra destinato ad aumentare”, ha detto all'agenzia Irna il governatore generale della provincia, Esmail Najjar. Le operazioni di soccorso sono ancora in corso, ha aggiunto Najjar, per estrarre persone che sono rimaste intrappolate sotto le macerie. Il governatore ha sottolineato che le case crollate erano fatte di creta essiccata e paglia, materiale usato nelle tradizionali costruzioni delle zone rurali, mentre gli edifici costruiti con strutture più moderne hanno retto. La scossa principale è stata seguita fino ad ora da altre sei di assestamento, la più forte delle quali ha raggiunto i 4,3 gradi sulla scala Richter.

Allarme bomba alla metro di Roma
Allarme bomba nella metro di Roma. Questa mattina, riferisce l’Atac – ripreso da fonti di agenzia - un operatore ha rinvenuto presso la stazione della metropolitana linea B di Rebibbia un oggetto sospetto all'interno di un vagone. Sono state immediatamente allertate le Forze dell'Ordine e i Vigili del Fuoco, che, intervenuti sul posto, hanno provveduto ad isolare l'area. Dal canto suo, il sindaco capitolino Gianni Alemanno ha affermato che il rudimentale ordigno non era in grado di esplodere.

A Parigi mobilitazione per Panahi, il regista iraniano condannato a 6 anni di prigione Parte da Parigi la mobilitazione del mondo del cinema e degli intellettuali a favore del cineasta iraniano Jafar Panahi, condannato ieri dal tribunale di Teheran a sei anni di prigione e al divieto di realizzare film e di lasciare il Paese almeno per i prossimi vent'anni. La sentenza è stata condannata in primo luogo dal ministro della Cultura francese, Frederic Mitterrand, che parla di “pseudo-giudizio”. Il ministro si è dichiarato “vigorosamente contro questo attacco inaccettabile alla libertà di pensiero e di creazione artistica” e chiede che “vi venga messa fine immediatamente”. Contro il verdetto proclamato ieri e divulgato dall'avvocato di Panahi, Farideh Gheirat, si schiera anche il mondo intellettuale e del cinema francese. Il filosofo Bernard-Henri Levy sostiene che il cineasta sia stato condannato “perchè sospettato di voler realizzare un film sul movimento verde, l'opposizione che si è organizzata durante le elezioni iraniane del 2009. Il suo solo crimine - ha detto il filosofo - è di aver appoggiato Hossein Mussavi, capo dell'opposizione”. Da parte sua, il delegato generale del festival di Cannes, Thierry Fremaux, che aveva simbolicamente lasciato un posto vuoto per Panahi tra i giurati dell'ultima edizione, ha lanciato un appello ad “agire rapidamente” e sta organizzando un comitato di sostegno al cineasta, con la collaborazione della Società degli autori e compositori drammatici presieduta dal regista Bertrand Tavernier e della Cinematheque francaise di Parigi. “Alla fine della sua prima detenzione, l'anno scorso, Jafar Panahi - ha ricordato Fremaux - ci aveva fatto sapere a che punto il sostegno arrivato dall'estero gli era stato prezioso”.

Nel 2010 sono ormai più di 700 i soldati della coalizione uccisi in Afghanistan
Il numero di soldati della coalizione uccisi in Afghanistan dal primo gennaio del 2010, che già lo scorso anno era stato il più alto dall'inizio del conflitto nel 2001, ha superato il limite di 700, secondo i dati riportati dal sito indipendente icasualties.org. Secondo il sito, al 21 dicembre, il conflitto ha fatto dall'inizio del 2010 un totale di 701 morti tra i ranghi delle truppe internazionali che compongono la coalizione condotta dagli Stati Uniti in Afghanistan. Il 2009, con 521 morti, era già stato, di gran lunga, l'anno più sanguinoso per le truppe internazionali, trovatesi ad affrontare, da tre anni, una considerevole intensificazione della ribellione dei talebani.

Ancora disordini e almeno 12 morti in Sudan
Almeno 12 persone sono morte in quello che senza dubbio sembra essere stato un nuovo confronto militare tra forze appartenenti all'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (Spla), la milizia del sud Sudan e un gruppo armato fedele al generale George Athor, un ufficiale della Spla ammutinato. All'inizio di questo mese, il presidente del sud Sudan Salva Kiir Mayardit, aveva tenuto un incontro con diverse personalità politiche e religiose per risolvere la questione dei ribelli. Lo scorso ottobre Kiir aveva garantito un'amnistia ad Athor ed ai suoi soldati per una riunificazione delle forze del sud in vista del referendum del 9 gennaio prossimo che dovrebbe sancire o meno l'indipendenza dal nord. Athor si era ammutinato con i suoi militari dopo essere stato sconfitto alle elezioni di aprile, quando si era presentato come governatore della regione petrolifera di Jonglei e aveva accusato ufficiali del Movimento per la Liberazione del Popolo Sudanese (Splm) di frode. Intanto l'Unione europea ha annunciato l'invio di una delegazione di 110 osservatori in Sudan in vista del referendum del 9 gennaio prossimo che riguarderà le regioni del sud.

Il presidente dell’Ue raccomanda misure contro il debito ai Paesi della zona euro
I Paesi della zona Euro devono attenersi a criteri finanziari più severi possibile e trovare una soluzione al problema dell'indebitamento. Lo ha detto il presidente dell'Ue Herman von Rompuy, parlando oggi all'Accademia delle Scienze a Budapest. Tracciando un quadro complessivo sulla situazione dell'Ue, van Rompuy ha detto che l'Europa dovrà comportarsi da pioniere nella ricerca scientifica e nell'innovazione tecnologica per incentivare i giovani scienziati europei a rimanere a casa, ma assicurando loro al contempo libera circolazione dentro l'Unione. Rompuy ha anche ricordato che la presidenza ungherese dal gennaio prossimo avrà fra le sue priorità la questione dell'avvicinamento dei Balcani all'Ue.

Condanna all’Italia per la giustizia troppo lenta dalla Corte europea dei diritti
La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha oggi emesso una maxi condanna nei confronti dell'Italia per i ritardi con cui vengono pagati gli indennizzi legati alla lentezza dei processi. I giudici di Strasburgo hanno infatti reso noto di aver adottato 475 sentenze che danno ragione ad altrettanti ricorsi presentati da soggetti che hanno dovuto attendere dai 9 mesi ai quattro anni per incassare il risarcimento che gli era stato riconosciuto, in base alla legge Pinto, per l'eccessiva lunghezza del processo.

A Roma oggi i funerali di Tommaso Padoa-Schioppa
Funerali stamane a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli per l'ex ministro dell'Economia italiano, Tommaso Padoa-Schioppa. Alla cerimonia presenti, tra gli altri, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, e l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ed il presidente John Elkann. In chiesa tra gli altri anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, il presidente del Copasir, Massimo D'Alema, l'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Ieri ha fatto visita alla camera ardente, allestita nella sede della rappresentanza dell’Ue a Roma, anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Di Tommaso Padoa Schioppa in questi giorni sono stati ricordati tra l’altro la professionalità, la competenza, la serietà, l’integrità morale.

Appello dell’Alto commissario Onu per i diritti umani per i dissidenti bielorussi
Preoccupata per la situazione in Bielorussia, l'Alto commissario delle Nazione Unite per i diritti umani Navi Pillay ha lanciato oggi a Ginevra un appello per l'immediata liberazione dei candidati dell'opposizione e dei loro sostenitori non coinvolti nelle violenze, scoppiate dopo la rielezione del presidente Alexander Lukashenko. Pur condannando ogni ricorso e ogni appello alla violenza da parte di alcune fazioni radicali dell'opposizione, Pillay ha ricordato il dovere delle autorità di rispettare il diritto dell'opposizione a manifestare pacificamente e alla libertà di parola. “Sono molto preoccupata per l'uso della forza usata contro i manifestanti non coinvolti nelle ostilità, per la violenza ed i sequestri dei candidati dell'opposizione e dei loro sostenitori, per la detenzione di attivisti e difensori de diritti umani, di perquisizioni e vessazioni di organizzazioni non governative indipendenti”, ha detto Pillay in una dichiarazione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 355

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