Costa d’Avorio: vescovi preoccupati per la situazione di caos in cui versa il Paese
La Chiesa in Costa d'Avorio – riferisce L’Osservatore Romano - è seriamente preoccupata
per la situazione di caos in cui versa il Paese a causa dei controversi risultati
elettorali. Dopo gli scontri, che hanno già provocato decine di morti, la tensione
permane altissima. Mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan e portavoce del
“Collettivo dei capi religiosi per le elezioni pacificate” ha rivolto un nuovo appello
al presidente uscente Laurent Gbagbo e al neo presidente Alassane Ouattara “perché
siano ragionevoli” ed ha invitato la popolazione alla calma. “Dio - ha ricordato ai
fedeli l'arcivescovo - non abbandonerà la Costa d'Avorio ed è ancora possibile trovare
una soluzione pacifica e democratica”. È dal 2005 che gli ivoriani aspettavano di
eleggere il proprio presidente. Attualmente, la Costa d'Avorio ha due presidenti e
due governi diversi. Alassane Ouattara, che secondo la commissione elettorale indipendente
e la comunità internazionale, ha vinto il ballottaggio presidenziale del 28 novembre
scorso, il 4 dicembre ha giurato come presidente, attraverso una lettera inviata al
consiglio costituzionale, l'organo competente a proclamare il vincitore delle elezioni.
Proprio il consiglio aveva revocato per presunti brogli la vittoria in origine assegnata
a Ouattara dalla commissione elettorale indipendente, attribuendola invece al presidente
uscente Laurent Gbagbo. Quest'ultimo ha prestato giuramento qualche ora prima nel
palazzo presidenziale di Abidjan. Le Nazioni Unite, l'Unione Europea e gli Stati Uniti
hanno riconosciuto la vittoria di Ouattara e hanno chiesto a Gbagbo di accettare il
risultato proclamato dalla commissione elettorale. Nei giorni scorsi il Collettivo
dei capi religiosi per le elezioni pacificate aveva esortato la popolazione e i politici
di fare uno sforzo “in nome di Dio, a nome della Costa d'Avorio e in nome delle future
generazioni di rispettare il verdetto delle urne”. Nel loro messaggio i capi religiosi
hanno deplorato che si sia passato «dalle violenze verbali alle violenze fisiche e
il peggio sembra essere davanti a noi». Per questo motivo il messaggio invita i giovani
a non lasciarsi andare ad atti di violenza e di abbandonare questo terreno che non
può che creare un circolo vizioso". L'arcivescovo di Abidjan ha ricordato che «l'elezione
presidenziale non è e non sarà mai la consacrazione di una religione, di un'etnia,
di una regione. Quello cui aspiriamo è avere un presidente al di sopra dei clan, delle
tribù, delle religioni, un presidente capace di guidare il nostro Paese e quelli che
lo abitano, verso il pieno sviluppo”. Intanto l'Unione africana ha inviato l'ex presidente
sudafricano, Thamo Mbeki a mediare tra le due parti. Mbeki prosegue la sua mediazione
anche se la situazione è molto delicata, anzi rimane tesa dopo la cancellazione del
coprifuoco e la riapertura delle frontiere. (R.G.)