Giubileo per Napoli. Il cardinale Sepe: ridare speranza ad una città ferita
Ridare speranza ad una città ferita: questo è uno degli obiettivi del Giubileo per
Napoli aperto giovedì scorso dal cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe con
una grande fiaccolata cui hanno partecipato migliaia di persone: rappresentanti di
associazioni e movimenti cristiani, ma anche non credenti, persone impegnate nel sociale,
immigrati e cittadini comuni. Ascoltiamo l’intervista di Fabio Colagrande all’arcivescovo
di Napoli:
D. - Eminenza,
lei nel discorso di apertura ha ricordato che la città di Napoli è sepolta sotto cumuli
d’immondizia, sfregiata dalla malavita, offesa dalla piaga della disoccupazione, abusata
dall’illegalità diffusa, usata da quanti l’hanno abbandonata al suo degrado ed ha
chiesto proprio un impegno programmatico per ridare la speranza del Giubileo alla
città. Ci sono già proposte concrete?
R. - Sì. Nel discorso ho anche
detto che in questo senso noi non partiamo da zero, perché in questi giorni - dopo
che è stato fatto l’annuncio del Giubileo - molti si sono offerti per collaborare,
per cercare di realizzare dei progetti concreti. Affrontare soprattutto quello che
è il dramma dei drammi, se così può essere definita la disoccupazione, la mancanza
di lavoro, che possa essere non dico risolto, perché non abbiamo bacchette magiche,
ma che certamente si può aiutare ad eliminare, perché questo male affligge un po’
tutta la nostra comunità.
D. - Lei ha detto anche: “Napoli non è solo
spazzatura, non è solo camorra, non è solo traffico caotico. Noi sappiamo che esiste
ancora la forza di una fede genuina, della condivisione dell’accoglienza”. Su cosa
basa questa sua fiducia di pastore?
R. - Dalla constatazione che faccio
ogni giorno nel contattare non solo i rappresentanti delle istituzioni ma anche la
gente. La gente ha tanta voglia, è disponibile a dare tutta se stessa, perché ha un
animo aperto. Ma soprattutto, la mia fiducia si basa sulle tante eccellenze che sono
presenti a Napoli e che possono realmente far voltare pagina. Dicevo sì che la città
è ferita ma non si tratta di una ferita mortale: ci possiamo riprendere, riscrivere
una nuova pagina, aprire le nostre porte per far respirare una nuova primavera alla
nostra città.
D. - Concludendo la fiaccolata, giovedì 16 dicembre, lei
ha detto anche: “Stasera inizia il tempo di fare rete. Siamo qui perché non vogliamo
permettere ad alcuno di rubarci la speranza”. Lei sente forte quest’esigenza di mettere
insieme la tanta brava gente che c’è a Napoli e dintorni, che vuole lottare per la
dignità ed il decoro del territorio…
R. - E’ una chiamata alla corresponsabilità.
La Chiesa si fa cioè promotrice, ma è anche cosciente che da sola non può risolvere
i tanti problemi. Se noi interagiamo, se camminiamo insieme e soprattutto se ci sentiamo
attori partecipi ed attivi di questo progetto, allora possiamo incidere non solo su
quelli che possono essere progetti ma anche sulla sensibilità di uno stile di vita,
di un modo di essere, un modo di pensare e di agire che deve sollevarci dal degrado
in cui siamo caduti.
D. - L’idea di questo Giubileo è stata molto apprezzata
dal capo dello Stato, il presidente Napolitano, come anche da Papa Benedetto XVI,
che le ha inviato un messaggio proprio per l’apertura del Giubileo. Nel messaggio,
il Papa sottolinea l’urgenza della formazione umana e cristiana dei ragazzi e dei
giovani, che sono esposti ai rischi della devianza. So che è anche una sua forte preoccupazione…
R.
- Sì. Noi abbiamo avuto un forte sostegno morale sia dal presidente della Repubblica
sia dal Santo Padre. Due messaggi fondamentali perché costituiscono certamente la
base su cui vogliamo iniziare a costruire. Hanno sostenuto lo spirito ma saranno dei
punti di riferimento continui nella nostra programmazione giubilare. E’ tutto incentrato
su cosa, in fondo? Su quella che è la sfida educativa, cioè qualcosa che nel magistero
di Papa Benedetto XVI - magistero anche dei vescovi italiani - è stato posto al centro
come necessità di costruire una città, costruire una persona non sulle sabbie mobili
dell’effimero, dell'individualismo o del campanilismo ma sulla roccia, che è Cristo,
che dà senso e contenuto a questi valori cristiani, civili e sociali. Quindi, sia
l’intervento del presidente della Repubblica sia quello del Santo Padre, per noi,
sono stati e saranno una forza per andare avanti con speranza. (vv)