Dal Consiglio europeo di Bruxelles nuove misure per la stabilità dell'Eurozona
In questa settimana, in tema di economia, il Consiglio europeo di Bruxelles ha dato
il via libera a un fondo anticrisi non più temporaneo ma permanente, che in sostanza
interverrà, a partire dal 2013, non per salvare finanziariamente un Paese, ma per
preservare la stabilità dell'intera Eurozona. Si è parlato anche di coinvolgimento
degli investitori privati e di eurobond. Di queste due prospettive, partendo dall’apertura
ai privati, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Alberto Quadrio
Curzio:
R. – E’ un
problema molto delicato, in quanto addebitare a chi ha comprato titoli di Stato le
eventuali insolvenze di Paesi porterebbe ad una crisi di fiducia drammatica. Segnalo
che dalla fine della seconda guerra mondiale a tutt’oggi, nessun Paese sviluppato
ha mai rinnegato parzialmente i propri titoli di Stato. E’ successo in qualche Paese
emergente, come l’Argentina; ma non è mai successo in un Paese sviluppato. Che sia
l’Europa per la prima volta a seguire questa strada, mi sembra davvero inconcepibile.
D.
– Professor Quadrio Curzio, si parla poi di “eurobond”: prospettive positive, perplessità,
riserve? Lei che ne dice?
R. – Io credo che gli eurobond sarebbero utilissimi:
si tratterebbe di emettere titoli di Stato – con il termine di concetto Stato tra
virgolette – europei, per raccogliere risorse finanziarie sui mercati mondiali, che
sono ricchi di risorse finanziarie, anche di quelle dei Paesi emergenti: la Cina,
i Paesi del Golfo e altri Paesi. Che cosa fare di queste risorse finanziarie, laddove
gli eurobond fossero collocati sui mercati? Io vedo due finalità: da un lato, sostenere
gli Stati europei in difficoltà, naturalmente vincolando il sostegno al riordino dei
loro conti pubblici; in secondo luogo, porre in essere investimenti in infrastrutture,
in ambiente, in ricerche e sviluppo per fare aumentare la dinamica europea e quindi
stabilizzare o migliorare i livelli occupazionali, in particolare con riferimento
ai giovani. Sarebbe una grande operazione, da un lato per la messa in sicurezza dei
conti pubblici dei singoli Stati, e dall’altro per dare impulso allo sviluppo e all’occupazione.
D.
– In questo momento, di certo c’è che gli Stati membri dell’Unione Europea devono
guardare meglio ai propri conti ed anche ai debiti, e di certo c’è anche che dalla
crisi l’Europa ancora non è uscita. Cos’altro ribadire, professore?
R.
– L’Europa vive una situazione curiosa, perché le sue caratteristiche fondamentali
sono quelle di un’economia sana che ha una buona manifattura, una buona agricoltura,
un buon comparto dei servizi, è in grado di esportare. Insomma, è un’economia reale
sana. Il sistema bancario è certamente un buon sistema; a fronte degli Stati Uniti,
entrambi gli aspetti europei – economia reale e sistema bancario – sono migliori.
Quello che a mio avviso oggi difetta all’Europa, al di là del controllo dei bilanci
pubblici che in verità è già in atto e si irrigidirà in futuro, sono due profili:
uno, la coesione interna, quella che si potrebbe definire una forte identità politico-istituzionale,
e questo conta molto anche per gli aspetti finanziari. Secondo, i programmi di sviluppo
che sono necessari per consolidare i livelli occupazionali e dare occupazione ai giovani.
Ebbene, io credo che oggi l’Europa sia – nel suo complesso, come elementi di fondo
– molto migliore degli Stati Uniti; quello che manca all’Europa è la forte identità
politico-istituzionale che gli Stati Uniti hanno e che l’Europa non ha! (gf)