2010-12-17 15:20:19

Il premier cinese Wen Jabao in Pakistan


Il premier cinese Wen Jabao è da oggi a Islamabad per una visita di tre giorni in Pakistan, dopo una missione appena conclusa in India. Ad accompagnare il leader di Pechino, che è stato ricevuto all'aeroporto dal collega pakistano, Yusouf Raza Gilani, è una delegazione di circa 200 imprenditori ed uomini d'affari. Oltre ai colloqui con lo stesso Gilani e con il presidente Asif Ali Zardari, il premier cinese domenica pronuncerà un discorso in parlamento. Il Pakistan è considerato da Pechino alleato di primo piano. Sui motivi di tali rapporti, Giada Aquilino ha intervistato Fernando Mezzetti, commentatore di politica asiatica:RealAudioMP3

R. – Il Pakistan è alle spalle dell’India: in rapporto alla Cina, è geograficamente un bastione sull’altro lato dell’India. Trovo molto naturale che c’entri la geopolitica, così come è naturale che Wen Jabao, dopo la visita in India, sia andato in Pakistan proprio a sottolineare dov’è il vero impegno cinese, cioè nel sostegno al Pakistan per bilanciare l’India. La ragione principale del viaggio in India è di sviluppare i rapporti economici ma, in realtà, cercare di tranquillizzare Nuova Delhi. Si usa parlare del “dragone cinese” e dell’“elefante indiano” entrambi in sviluppo, anche se lo sviluppo cinese è infinitamente superiore a quello indiano. Lo scopo di Wen Jabao è quello di mandare un messaggio: che in Asia c’è posto per lo sviluppo di entrambi, sia dell’elefante sia del dragone, senza che la rivalità provochi tensione.

D. – Eppure con l’India, nonostante le ribadite relazioni strategiche durante la tappa a New Delhi del premier cinese Wen Jabao, permangono le tensioni relative ai 3500 km di frontiera comune e al Kashmir...

R. – In termini politici, la visita avviene proprio in un momento di tensioni più che mai vive e persistenti tra i due Paesi. La Cina non dimentica quello che è successo in Tibet nel 2008, che ha messo in pericolo la sua stabilità proprio ai confini con l’India, come pure il fatto che New Delhi sostenga il governo del Dalai Lama in esilio, ospitandolo sul proprio territorio. Così come l’India non può non notare lo sviluppo di infrastrutture difensive e militari cinesi proprio ai suoi confini – sappiamo bene che il difensivo è relativo: può anche avere un doppio scopo – e, al tempo stesso, il potenziamento della flotta cinese d’alto mare per cercare di controllare le vie d’acqua sull’Oceano Indiano: la Cina, infatti, importa ormai gran parte del suo fabbisogno energetico, sempre crescente – come il petrolio – dal Medio Oriente ed esporta molto verso tutto il mondo. Quindi, c’è una spinta naturale ad avere il controllo delle vie d’acqua e a intrattenere rapporti politici e militari con i Paesi che hanno i porti lungo le vie d’acqua. Quindi, da una parte, a nord, l’India sente su di sé l’incombere della potenza cinese, al confine con l’Himalaya, mentre a sud c’è una sempre crescente e maggior presenza militare e navale cinese nell’Oceano Indiano.

D. – Le tv indiane hanno notato il silenzio del premier cinese sulla strage di Mumbai del 2008, considerata opera di un gruppo estremista pakistano. Che interessi ci sono tra Cina e Pakistan?

R. – Il Pakistan si dice sostenga tacitamente alcuni tipi di militanza estremista musulmana. Ciò imbarazza molto la Cina, perché militanti musulmani sono presenti anche nel Xinjiang, che è l’estremo occidente cinese, una regione un tempo a maggioranza musulmana: questa maggioranza oggi è divenuta minoranza, per effetto di migrazioni interne. Questo è un elemento di frizione tra Cina e Pakistan: l’atteggiamento verso la militanza musulmana estremista. Ma, al tempo stesso, è l’elemento di sospetto di Nuova Delhi verso il Pakistan e verso la Cina stessa, che non condanna apertamente la strage di Mumbai, per non irritare il Pakistan, che è suo maggiore alleato e una parte dei cui servizi aveva appoggiato o aveva chiuso gli occhi di fronte all’organizzazione di quella strage. (ap)







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