La morte del diplomatico Usa, Richard Holbrooke, che riportò la pace nei Balcani
Un vero gigante della politica estera americana. Barack Obama ha definito così Richard
Holbrooke, scomparso a Washington nella notte, a 69 anni, dopo che la settimana scorsa
era stato ricoverato per un problema cardiaco. Diplomatico instancabile ed abilissimo,
Holbrooke è stato l’autore della difficilissima trattativa che portò poi alla fine
della guerra in Bosnia a metà degli anni Novanta. La sua carriera diplomatica iniziò
nel 1968, con i negoziati sul Vietnam. Poi una lunga serie di prestigiosi incarichi,
fino all’ultimo, lo scorso anno, quando fu nominato inviato speciale in Afghanistan
e Pakistan. Per un’analisi sulla figura di Richard Holbrooke, Salvatore Sabatino
ha intervistato Paolo Mastrolilli, esperto di Stati Uniti del quotidiano “La
Stampa”:
R. – Era
certamente un diplomatico di altri tempi che veniva generalmente paragonato a Nixon.
Era stato il protagonista della pace nella ex Jugoslavia: lo ricordiamo per il lavoro
straordinario che fece all’epoca, mettendo a rischio la sua vita e riuscendo a portare
a Dayton, negli Stati Uniti, tutti i protagonisti di quel terribile conflitto e a
metterli d’accordo. Naturalmente, da allora era rimasto un protagonista della vita
politica americana ed era stato considerato come un possibile segretario di Stato.
Quando i democratici sono tornati al potere con Obama era stato immediatamente ripreso
in considerazione per un ruolo fondamentale come quello di inviato in Pakistan e in
Afghanistan. E’ stato un gigante della politica estera americana. Aveva una vita molto
eccentrica e forse anche le fatiche che ha sopportato durante tutti questi anni di
lavoro, alla fine, hanno pesato anche sul suo stato di salute.
D. –
Holbrooke può essere considerato un padre della diplomazia americana e una figura
di spicco importantissima. C’è qualcuno, secondo te, che possa prendere il suo posto?
R.
– La diplomazia americana ha molte risorse e certamente ci saranno delle persone preparate
in grado di sostituirlo. Lui apparteneva alla scuola dei realisti. Veniva dalla grande
tradizione diplomatica democratica - era stato addirittura amico del figlio di Dean
Rusk, il segretario di Stato storico di John Kennedy - e pur venendo da questa scuola
lui era un pragmatico, un realista, che cercava di trovare sempre la soluzione più
logica e appunto pragmatica alle crisi, nonostante avesse questo collegamento ideale
con la tradizione democratica della diplomazia. Sarà però certamente difficile trovare
una persona con le sue capacità, con la sua determinazione e con la sua volontà di
spendersi anche a livello personale, arrivando appunto a rischiare la propria vita
per risolvere questioni diplomatiche internazionali.
D. – L’ultimo ruolo
ricoperto da Holbrooke è stato quello di inviato speciale in Pakistan e Afghanistan,
un ruolo molto delicato…
R. – Il fatto che sia stato scelto proprio
per occuparsi di quei due Paesi dimostra quanto fosse importante il suo ruolo e quanto
fosse abile l’uomo. Lì si trattava in sostanza di avviare la trattativa con le forze
all’interno dell’Afghanistan che potessero essere più ragionevoli - compresi i talebani
moderati, di cui si è parlato a lungo - e nello stesso tempo convincere il Pakistan
a non sostenere più le forze estremiste all’interno dell’Afghanistan. Era una trattativa
estremamente delicata sulla quale si basava il successo della strategia di Obama in
Afghanistan. Per quanto riguardava la questione bellica, Obama aveva già incrementato
le forze militari e inviato il generale Petraeus. Ma dal punto di vista diplomatico
aveva bisogno di una persona estremamente abile, capace di riavviare il dialogo e
di trovare una soluzione anche politica e civile al conflitto. (bf)