Hong Kong: sulla riforma scolastica la diocesi ottiene il dibattito in tribunale
La riforma scolastica, voluta dal governo di Hong Kong, ha subito ieri una nuova battuta
d’arresto dopo che la Corte d’Appello finale ha concesso alla diocesi cattolica la
possibilità di avanzare un ricorso legale. Il governo del territorio è al centro di
una campagna lanciata dalle comunità cristiane, cattolica, anglicana e metodista che
si oppongono alla richiesta di cambiare i dirigenti delle scuole private. La diocesi
di Hong Kong si era appellata proprio perché vedeva la nuova riforma scolastica contraria
alla Basic Law, la costituzione del territorio voluta da Cina e Gran Bretagna. La
normativa stabilisce che “per 50 anni non si cambi nulla”. Invece, a parere dei cattolici
e di altre personalità cristiane anglicane e metodiste, la nuova riforma tende a cambiare
di molto la situazione sociale, togliendo responsabilità ai gestori della scuola e
limitando, o eliminando, la loro proposta educativa. La nuova riforma scolastica –
ricorda l'agenzia AsiaNews - prevede che in ogni scuola sovvenzionata dal governo,
vi sia un nuovo organismo, l’ “incorporate management committee (Imc)”, in cui vi
sono rappresentanti eletti dei genitori e degli alunni oltre a figure nominate dal
governo. Essi sono gli ultimi responsabili dell’organizzazione della scuola. Le Chiese
cristiane temono che in questo modo la proposta educativa venga politicizzata e che
il governo prima o poi venga a determinare i contenuti educativi. L’Ordinanza educativa
del 2004 dava alle scuole il termine del primo luglio 2009 per creare le nuove commissioni,
che hanno la responsabilità legale della gestione delle scuole. Il termine è stato
prorogato fino al primo luglio 2012, dopo che soltanto il 20% delle scuole ha creato
le commissioni nel termine di legge. L’azione legale della diocesi – che contesta
la gestione delle commissioni – è stata rigettata nel 2006. Stessa sorte per l’appello,
rifiutato nel febbraio del 2010. Ma ieri la Corte finale, l’ultimo grado di giudizio
a Hong Kong, ha accettato di dibattere il caso che – secondo la Chiesa – è di “importanza
grande, generale e pubblica”. (A.L.)