La Chiesa celebra la festa della Vergine di Guadalupe, patrona del continente latinoamericano
Venti milioni di pellegrini l’anno. E’ la cifra monumentale dei visitatori che abitualmente
si recano al Santuario della Vergine di Guadalupe in Messico, di cui, come ricordato
dal Papa all'Angelus, ricorre oggi la festa. La metà dei fedeli vi si concentra proprio
in questi giorni, per partecipare alle solenni celebrazioni che ricordano le apparizioni
della Patrona del Messico e del continente latinoamericano all’indio Juan Diego, proclamato
Santo da Giovanni Paolo II nel 2002. Alessandro De Carolis rievoca in questo
servizio la storia delle apparizioni e le eccezionali scoperte scientifiche riguardanti
l’immagine della Madonna di Guadalupe:
(musica)
I
tre giorni che cambiano l’anima del Nuovo Mondo scorrono dal 9 al 12 dicembre 1531,
nell’inverno fresco e secco che caratterizza gli oltre duemila metri di Città del
Messico. La mattina del primo di quei tre giorni segna l’inizio di una concatenazione
di eventi a tal punto straordinari per i successivi 500 anni del continente latinoamericano,
e non solo, che giusto il caso o un miracolo possono esserne gli artefici. Qui, sulla
desolata collina pietrosa dove la mattina del 9 transita un contadino azteco di 55
anni, il caso non c’entra niente. Da sette anni Juan Diego Cuauhtlatoatzin, così si
chiama il contadino indio, è diventato cristiano e quella mattina, un sabato, sta
andando come al solito alla chiesa di Santiago in un sobborgo di Città del Messico.
Una voce e poi la splendente figura di una giovane donna lo folgorano all’altezza
della collina di Tepeyac. L’apparizione gli si presenta come la “Perfetta sempre Vergine
Maria” e gli dà un compito: andare dal vescovo e chiedergli di far costruire una chiesa
ai piedi di quella collina.
La storia per molti è nota: il vescovo
che prima rifiuta di ascoltare Juan Diego e poi gli chiede delle prove dell’apparizione,
la Vergine che promette all’indio di fornirgliele ma lui non si reca subito all’appuntamento
con Lei, perché nel frattempo suo zio cade malato e lui va in cerca di aiuto. Un intreccio
umano-divino che si scioglie la mattina del 12 dicembre. Mentre Juan Diego corre da
un prete perché venga dallo zio moribondo, la Vergine lo intercetta di nuovo nei pressi
della collina. Timore e tenerezza si incontrano: la Madonna lo rassicura sulla guarigione
dello zio e lo invita a salire sul colle e a portarle i fiori che troverà. E’ dicembre
eppure il terreno sassoso è coperto di bellissimi fiori di Castiglia. Juan Diego li
porta al vescovo, avvolti all’interno della sua tilma, un povero mantello tessuto
in modo grossolano con fili di agave. Una volta in ginocchio davanti al presule l’indio
svolge il mantello e, mentre i fiori cadono a terra, sulla tela appare e si imprime,
indelebile, l’immagine della Vergine di Guadalupe così come apparsa a Juan Diego:
il manto azzurro coperto di stelle, il tenue ocra dell’abito, la carnagione del volto
scura che le guadagnerà il soprannome di Virgen morenita, la Vergine meticcia. In
ginocchio davanti al prodigio cade anche il vescovo e inizia da lì la storia di una
venerazione, costellata di infiniti miracoli, che trovano il suggello pontificio con
la festa della Madonna di Guadalupe, che Clemente IX istituisce con una bolla nel
1667.
Esattamente l’anno prima, intanto, erano cominciati i primi esami
della reliquia. In 350 anni, la curiosità della scienza di provare a spiegare la radice
dell’inspiegabile fa compiere alla rozza tilma di Juan Diego un viaggio, tra lenti
d’ingrandimento e analisi computerizzate, che somiglia a quello della Sindone. Sino
alle ultime, e per molti versi sconcertanti, rivelazioni della Nasa, l’ente spaziale
americano che pure ha studiato l’immagine, le eccezionali “qualità” della reliquia
possono essere sintetizzate secondo quanto segue. Il tessuto di agave si deteriora
in 20-30 anni. Quello della tilma resiste intatto da quasi 500 e nemmeno l’acido muriatico
che vi cadde sopra accidentalmente nel 1791 lo ha rovinato: si ricostituì in un mese,
da solo. La tela non reca tracce di pittura né di altri coloranti, come stabilì nel
1936 il Premio Nobel per la Fisica, Richard Khun, esaminandone due fili. Una serie
di foto all’infrarosso scattate nel 1979 rivela l’origine acheropita dell’immagine,
cioè non fatta da mano d’uomo. E in epoca più recente, tramite un raggio laser la
Nasa ha addirittura sostenuto che la colorazione non risulta né al dritto né al rovescio
della tela: in pratica i colori sono come “sospesi” sulla superficie, a una distanza
di 3 decimi di millimetro. Poi si arriva all’incredibile, che sfida apertamente il
limite della razionalità. Il laccio annodato sul petto della Vergine era tipico dell’abbigliamento
delle donne indigene incinte. Ebbene, un medico appoggiando uno stetoscopio all’altezza
del ventre ha percepito battiti che si ripetevano ritmicamente a 115 pulsazioni al
minuto, cioè gli stessi di un bambino nel ventre materno. E ancor più clamoroso è
quanto è stato scoperto dalla Nasa nello studio condotto negli occhi della Vergine.
Già nel 1951, il fotografo José Carlos Salinas Chávez aveva dichiarato che ingrandendo
le pupille dell’immagine poteva scorgersi la figura di Juan Diego. Incuriosito da
questa affermazione, l’ingegnere peruviano José Aste Tonsmann nel 1977 riesce a ingrandire
le iridi degli occhi della Vergine fino a 2500 volte, usando la tecnica computerizzata
usata per scrutare nel dettaglio le immagini dei satelliti. Il risultato è incredibile:
negli occhi della Madonna di Guadalupe è riflessa l’intera scena di Juan Diego che
apre la sua tilma davanti al vescovo, alla presenza di altre persone in gran parte
identificabili, presenti al momento. Il tutto contenuto negli 8 mm. di diametro delle
pupille della Vergine.
Al di là del rompicapo che appassiona gli studiosi
– e che regala suggestioni che non lasciano indifferenti la persona di fede – ciò
che quella scena dice alla Chiesa latinoamericana di oggi, e non solo ad essa, è stato
efficacemente espresso da Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002, nell’omelia di canonizzazione
dell’indio Juan Diego.
"L'evento gadalupano (…) significò l'inizio dell'evangelizzazione
con una vitalità che superò ogni aspettativa. Il messaggio di Cristo, attraverso sua
Madre, riprese gli elementi centrali della cultura indigena, li purificò e diede loro
il definitivo significato di salvezza. Pertanto, Guadalupe e Juan Diego possiedono
un profondo significato ecclesiale e missionario e sono un modello di evangelizzazione
perfettamente inculturata”.