Costa d'Avorio. Gbagbo rilancia il dialogo per superare la crisi
Potrebbe risolversi attraverso il dialogo la crisi politica post-elettorale in Costa
d’Avorio. E’ quanto ha proposto il presidente uscente, Laurent Gbagbo, al candidato
dell’opposizione, Alassane Ouattara, che ha vinto il ballottaggio per la più alta
carica del Paese, svoltosi il 28 novembre scorso. Gbagbo si era rifiutato di passare
le consegne ad Ouattara. Su di lui, nel timore di una nuova guerra civile, nei giorni
scorso si sono concentrate le pressioni internazionali per un’apertura al negoziato.
Ma si può parlare ora di un’effettiva svolta in positivo per l’ex colonia francese?
Giancarlo La Vella ne ha parlato chiesto ad Angelo Inzoli, esperto di
Africa della rivista Popoli:
R. - Tutti
lo sperano, ma purtroppo anche questa volta il “caso Costa d’Avorio”, che viene da
un passato recente molto tormentato, è un grosso punto interrogativo. Certamente ci
sono state pressioni unanimi: bisogna dire infatti che non ci sono solo l’Unione Europea
e l’Onu, ma c’è anche l’Unione Africana, ci sono anche molti Paesi confinanti che
non vogliono assolutamente che ci sia una caduta della tranquillità della regione
e per questo si sono praticamente espressi favorevolmente nei riguardi del risultato
del secondo turno delle elezioni. Ora, molto dipende proprio da Gbagbo e dal suo entourage,
e da come accetteranno di uscire di scena.
D. – Quali interessi ci sono
in gioco?
R. – Gli interessi, chiaramente, sono enormi: chi prende il
potere, prende anche il controllo di tutto l’apparato economico. Gbagbo praticamente
ha il controllo di tutta la filiera agroindustriale del Paese, dei media ... Non c’è
separazione tra settore economico e il settore politico. E’ una nuova riedizione dello
Stato patrimoniale post-coloniale. Il grande problema è che se Gbagbo deve lasciare
il potere, deve lasciare anche il controllo di tutte le filiere della produzione economica.
Ricordiamo, a tal proposito, che la Costa d’Avorio è un Paese centrale, soprattutto
per quanto riguarda l’aspetto industriale, per tutta l’Africa ma anche per l’Europa,
per la Francia in particolare. E Gbagbo ha messo in posti-chiave, perfino nell’esercito,
tanta gente che gli è stata fedele. Se lui va, parte anche tutta la gente che lui
ha messo lì. Questo è quello che genera le forti tensioni che a loro volta generano
poi le violenze.
D. – Che cosa rappresenta la Costa d’Avorio negli equilibri
africani e nei rapporti con i Paesi extra-africani?
R. – La Costa d’Avorio
è stata per anni il Paese più importante nell’Africa occidentale francofona. La Francia
ha interessi enormi anche se bisogna dire che ha perso molto, in questi ultimi 15
anni. Ciò nonostante, la Costa d’Avorio rimane ancora un Paese strategico. Forse,
oggi, si agisce meno attraverso una diretta implicazione delle autorità politiche,
più attraverso le grandi multinazionali, le grandi imprese che controllano buona parte
del mercato del caffè, del cacao, del cotone che a sua volta è molto legato al mercato
internazionale.
D. – Qual è la situazione sociale in Costa d’Avorio?
R.
– Pur essendo un Paese ricco di risorse, da un punto di vista sociale l’analfabetismo
è piuttosto diffuso e quasi il 50% della popolazione ha meno di 15 anni. E poi, il
grande problema è che, dalla morte del vecchio presidente Boigny, nel ’93, è nata
una forte instabilità (che era però già iniziata nel ’90), che ha portato a tre anni
di guerra civile. Chiaramente, tutto questo ha pesato negativamente sul benessere
della popolazione. Lo sviluppo rimane ancora un’utopia da realizzare. (ma)