Presentato il nuovo Museo di Propaganda Fide, 400 anni di storia missionaria e di
capolavori d'arte esposti al pubblico
Uno scrigno di spiritualità missionaria, di arte figurativa e di etnografia antico
di 400 anni e per la prima volta aperto al pubblico. E’ il nuovo Museo Missionario
di Propaganda Fide, presentato stamattina ai media da padre Massimo Cenci, sottosegretario
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e dal prof. Francesco Buranelli,
segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Un’esposizione
di circa 1250 metri quadrati ricca di capolavori e di reperti che raccontano la storia
dell’incontro del Vangelo con le culture dei cinque continenti. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Che cosa
fosse la "mission" di una istituzione culturale – termine anglosassone oggi tanto
in voga – i Papi mecenati lo sapevano già 500 anni fa: vuol dire avere un “progetto
educativo” e un “mondo da rappresentare”, comunicati con un preciso “stile”. Ancor
più chiara allora è la finalità culturale e artistica di un Museo che nasce nel cuore
di un organismo vaticano che dal 1627 ha per “mission” l’annuncio del Vangelo. Il
prof. Buranelli lo ha illustrato con chiarezza, spiegando che
nell’immaginare il nuovo percorso museale lo spirito di fondo è stato dettato dall’insegnamento
di Cristo agli Apostoli: “Euntes docete omnes gentes”, andate e insegnate a tutte
le genti:
“La missione si identifica in qualche modo nel materiale e
nel nome del Museo Missionario di Propaganda Fide, perché oggi un museo moderno non
è altro che un luogo di incontro e di confronto tra culture. Allora cosa potesse essere
più favorevole che non recuperare tutto un patrimonio che era conservato qui nel dicastero,
frutto di questo incontro di culture? Noi abbiamo una sezione di quadri italiani,
romani, di grandissimo valore artistico e, allo stesso tempo, abbiamo documenti, opere,
dipinti che i missionari o le missioni hanno mandato a Roma. Per cui è un museo molto
eclettico. Non deve scioccare, quindi, se abbiamo dipinti giapponesi o zanne d’avorio
africane vicini ai grandi nomi dell’arte italiana”.
All’interno del
Palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, teatro di una “sfida” a distanza tra
due geni dell’architettura seicentesca come il Bernini e il Borromini, una delle prime
tappe è tecnologica: un database permette di consultare oltre 10 mila fotografie dell’Agenzia
Fides che documentano decenni di viaggi missionari, restituendone la dimensione apostolica
e insieme avventurosa. E poi disegni e rapporti di viaggio, lettere e stampe, e le
migliaia di volumi, molti dei quali antichissimi, della “Biblioteca Barberini” accompagnano
il visitatore in un percorso dove a ogni passo si può ammirare la mano di un artista,
magari sconosciuto, di una lontana terra d’Africa o d’Oriente, fino alle grandi tele
sei-settecentesche di un Salvator Rosa o di Jan Frans Von Bloemen. Tutto raccolto
e catalogato all’insegna di quel processo che un missionario mette in atto quando
annuncia il Vangelo in una realtà che ancora non lo conosce, l’inculturazione:
“E’
uno degli aspetti del Museo. Oggi, in termini - direi - più laici, potremmo dire che
ha un fortissimo valore etno-antropologico, ma è poi la stessa cosa. E’ un museo dove
si vive questo incontro di culture, che venne fatto dai missionari con il rispetto
e con la valorizzazione delle culture del posto; con la valorizzazione delle differenze
e delle uguaglianze in un mondo che - purtroppo - con la globalizzazione se da una
parte ha portato ricchezza e maggiore conoscenza reciproca, dall’altra parte ha livellato
tutte quelle che erano le differenze e i valori di ogni cultura”.
Padre
Massimo Cenci, religioso del Pontificio Istituto Missioni Estere, per un
certo tempo missionario in Amazzonia, ha puntualizzato in conferenza stampa, moderata
dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che una tale ricchezza
culturale e artistica può essere compresa solo se entrando nel Museo di Propaganda
Fide non si dimentica che il bello in esposizione è figlio di un’anima e di una tradizione
pastorale:
D. - A noi interessava soprattutto riaffermare e presentare
l’identità, il significato, il senso della Congregazione missionaria che è Propaganda
Fide. Ci sembrava quindi importante includere tutto un percorso che ripropone, in
fondo, tutta la bellezza della vita missionaria della Chiesa. La Chiesa è fatta per
l’uomo: Dio si dà all’uomo per salvarlo. E proprio il bellissimo momento di proposta
che il Santo Padre ha fatto ieri in Piazza di Spagna sintetizza proprio il cuore della
missione.
D. - Questo percorso all’interno di un Museo che mostra la
vitalità antica della Chiesa missionaria può essere considerato un viatico per il
presente e il futuro della missione della Chiesa?
R. - Io spero proprio
in un rilancio della missione, che questa bellezza entusiasmi la gente, che dia nuovo
spessore alla nostra fede.