Sudan: il vescovo Kussala sul ruolo della Chiesa per il dopo-referendum
“I cittadini del Sud-Sudan si aspettano molto dal referendum del 9 gennaio. Pensano
che l’indipendenza sarà tutta rose e fiori e che andrà tutto bene, mentre i politici
non pensano che al potere e alle ricchezze che esso porta”. È quanto ha affermato
mons. Eduard Hilboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio, in un’intervista rilasciata
nei giorni scorsi all’agenzia Cns. Secondo il presule, compito fondamentale della
Chiesa locale oggi è appunto di fare comprendere ai sudanesi del Sud e del Nord le
nuove responsabilità che comporterà l’indipendenza, qualora vincesse il sì: “Dobbiamo
aiutare a instillare l’orgoglio di appartenere a una nazione e fare capire alla gente
che non si può essere liberi se non insieme e non esclusivamente nel proprio gruppo
etnico. Siamo una comunità multiculturale e multireligiosa e dobbiamo rispettarci
reciprocamente. Lo stesso – aggiunge - vale per i politici: devono impegnarsi e occorre
aiutarli a elaborare una visione del futuro. Nessuno oggi sembra avere questa visione:
la maggior parte sembra ignorare in che direzione andiamo. Ma noi abbiamo bisogno
di un gruppo dirigente che pensi al futuro, perché non avremo sempre al nostro fianco
la comunità internazionale”. Il presule non nasconde in proposito i suoi timori: “La
gente in Sud Sudan non ha mai avuto un proprio governo, lo ha avuto solo negli ultimi
cinque anni (dopo la firma dell’accordo di pace nel 2005) e abbiamo visto le difficoltà
che abbiamo incontrato: la mancanza di vere leggi, lo scarso rispetto della legalità
e della dignità della persona. Il rischio, dopo l’indipendenza, è che gli attuali
dirigenti in Sud Sudan possano riprendere la lotta tra loro. Non vogliamo vedere
dittatori sostituiti da altri dittatori”, dice mons. Kussala. Nell’intervista il
vescovo lamenta anche il tentativo di alcuni politici di marginalizzare la Chiesa
che pure ha avuto un ruolo importante durante la guerra. Ma a preoccupare il vescovo
di Tombura-Yambiuo è anche la reazione negativa del governo di Khartum ai risultati
della consultazione elettorale. Le recenti dichiarazioni di alcuni esponenti governativi
sulla sorte dei sud-sudanesi residenti nel Nord qualora vincesse il sì all’indipendenza
fanno temere il peggio. Kussala conclude l’intervista invocando la solidarietà della
Chiesa degli Stati Uniti: “Abbiamo bisogno che i cattolici americani facciano sentire
la loro voce presso l’Amministrazione di Washington”, ha detto il presule ricordando
che è stato anche grazie alle pressioni degli Stati Uniti che la pace in Sudan è diventata
possibile. (L.Z.)