Tempo d’Avvento. Il Papa: costruire un mondo migliore nell’attesa del mondo realmente
migliore
Il Papa, in questo Tempo forte dell’Avvento, ha invitato i fedeli a “vivere i gesti
quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo
la venuta di Dio può colmare”. La dimensione dell’attesa del Dio che viene è molto
presente nelle risposte del Papa nel recente libro-intervista di Peter Seewald “Luce
del mondo - Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi”. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Il Papa invita
a costruire “un mondo migliore” nell’attesa che venga “il mondo realmente migliore”:
un impegno nell’oggi che passa, dunque, con lo sguardo rivolto al domani che sarà
per sempre. Ma “il nostro problema – afferma - consiste nel fatto che, per i troppi
alberi, non riusciamo più a vedere la foresta intera”, cioè a causa di tutto il nostro
“sapere non troviamo più la sapienza”, non riusciamo più a vedere ciò che è essenziale,
ciò che resta. E osserva che oggi la predicazione sulla vita eterna è spesso oscurata
dall’attenzione “unilaterale” alle vicende quotidiane: occorre invece “sfondare quest’orizzonte,
ampliarlo” per invitare a guardare anche “alle cose ultime” che “sono come pane duro
per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali”. Si vogliono “risposte concrete per
l’oggi … ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di … riconoscere
che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c’è il giudizio … e l’eternità”.
Gesù,
infatti, lo dice con certezza: “io tornerò” e avrà luogo un “giudizio vero e proprio”
che non possiamo non prendere sul serio. E’ necessaria una preparazione: siamo chiamati
ad andare incontro alla venuta definitiva del Signore – sottolinea il Papa - andando
“incontro alla sua misericordia, lasciandoci … modellare dalla misericordia di Dio
come antidoto alla spietatezza del mondo; è questa … la preparazione perché Egli stesso
venga con la sua misericordia”.
In questa situazione, la missione della
Chiesa è quella di salvare l’uomo dall’amore di sé “portato sino alla distruzione
del mondo”. Il Papa spiega che “la Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non
propone un qualche sistema morale”. “Non siamo moralisti – dice con forza - ma a partire
dal fondamento della fede , siamo portatori di un messaggio etico che dà orientamento
agli uomini”. “Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui”, Cristo, aprendo “le
porte che conducono a Dio” e offrendo agli uomini “quello che maggiormente attendono,
quello di cui hanno più bisogno”, anche se non lo sanno. Donare Cristo soprattutto
“per mezzo del grande miracolo dell’amore” grazie a uomini di Dio che “senza ricavarne
alcun profitto …. motivati da Cristo, assistono gli altri, li aiutano. Questo carattere
terapeutico del Cristianesimo, che guarisce e dà gratuitamente – afferma il Papa -
dovrebbe … emergere molto più chiaramente” nella vita dei cristiani.
Guardando
al progresso odierno Benedetto XVI invita, inoltre, a porsi una domanda: “cosa è bene?”.
Infatti “il bene viene prima dei beni”. Nell’attuale società del consumismo c’è una
fame d’infinito che s’illude di saziarsi, ora e subito, con le cose materiali. Si
vive spesso “per l’apparenza, - afferma il Papa - e trattiamo i grandi debiti come
fossero qualcosa che fa parte di noi”. C’è bisogno invece di “una nuova e più profonda
coscienza morale, una concreta disponibilità alla rinuncia”, alla sobrietà, ad una
rinnovata disciplina assumendo come stile di vita “l’amore per il prossimo, portato
sino alla rinuncia di sé”. La prospettiva cristiana supera sempre il godimento immediato
per guardare oltre e avanti: “essere uomini – rileva il Pontefice - è come una scalata
in montagna, con ripide salite; ma è attraverso di esse che raggiungiamo le cime e
possiamo sperimentare la bellezza dell’essere”.
Come entrare in questo
nuovo modo di essere? Il Papa cita il monito di San Bernardo: “non perderti nell’attivismo”.
“La sapienza dello scriba – dice il Siracide – si deve alle sue ore di quiete”: occorre
avere il coraggio di fare silenzio per ascoltare Dio che “è voluto entrare nel mondo”
e continua a venire e verrà definitivamente. E di fronte all’”arroganza dell’intelletto”
che non comprende come Dio possa essersi fatto uomo in una Vergine, l’Onnipotente
“non s’impone”, lascia all’uomo la libertà di dire sì perché “… la fede è sempre un
accadere nella libertà”. La Chiesa – conclude il Papa - vuole annunciare questo: l’incontro
con Cristo “apre veramente in noi nuove possibilità, dilatando il nostro cuore e il
nostro spirito: la fede veramente conferisce alla nostra vita una ulteriore dimensione”,
“dà gioia, allarga gli orizzonti” introducendo “in una realtà più grande … al di là
di questa quotidianità”.