Sempre più drammatica la situazione dei profughi prigionieri nel deserto del Sinai
Il Papa ieri all'Angelus ha ricordato anche il dramma dei profughi eritrei e di altre
nazionalità, tenuti in ostaggio da trafficanti nel deserto del Sinai. Sull’appello
del Santo Padre e sulla situazione dei profughi, che attualmente si trovano in territorio
egiziano al confine con Israele, ascoltiamo al microfono di Mathilde Auvillan
il presidente di Habeshia, agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo, don Mussie
Zerai:
R. – Il Papa
ha lanciato un appello perché vengano rispettati i diritti di queste persone e speriamo
che questo appello spinga le autorità a livello internazionale, ma nello specifico
le autorità egiziane, affinché intervengano per salvare queste persone, affinché siano
liberate dalle mani di questi trafficanti. Speriamo che successivamente siano rispettati
i diritti di questi profughi: devono essere rispettati e protetti e deve essere garantito
quanto riconosciuto anche dal diritto internazionale.
D. – Lei è in
contatto stretto con loro. Cosa raccontano?
R. – Le loro condizioni
sono pessime, sia a livello igienico-sanitario, sia per le persone che sono ferite
a causa delle continue percosse e dei maltrattamenti che subiscono. Alcuni avrebbero
bisogno di assistenza medica che ovviamente non c'è. Ci sono donne incinte che avrebbero
bisogno di controlli medici: non ne hanno ed, anzi, subiscono la fame e la sete. Oggi
stesso ho avuto l’ultimo contatto con i ragazzi che mi raccontavano delle loro condizioni.
Sono incatenati, da giorni senza cibo, e subiscono maltrattamenti continui perché
i sequestratori vogliono che ciascuno di loro paghi 8 mila dollari. Visto poi che
l’ultimatum scadeva ieri, tramite i rispettivi parenti, ciascuno ha già dovuto versare
500 dollari, almeno per avere salva la vita. Sappiamo che sei sono già stati uccisi,
a causa di questa richiesta. C’è il rischio, anche, dell’uccisione di altri profughi.
E’ questo il resoconto che mi danno. Sono nelle mani di beduini che li stanno ricattando,
che li tengono in catene come si faceva una volta con gli schiavi.
D.
– Quanti sono i profughi tenuti in ostaggio?
R. – I numeri dicono che
si tratta di 250 profughi di cui 80 provenivano dalla Libia e andavano verso l’Egitto
per attraversare il confine con Israele, visto che non avevano trovato la possibilità
di venire in Europa dopo l’accordo Italia-Libia che ha chiuso il tratto di mare che
porta a Lampedusa. Di questi 80, sei sono stati già uccisi. Sappiamo che tra di loro
ci sono anche donne e bambini, solo che non abbiamo numeri certi: i profughi, per
quanto ne sappiamo, sono tenuti separati in “recinti” diversi dove sono legati, con
catene ai piedi. Quindi non hanno nemmeno la possibilità di raccontare quale sia la
situazione degli altri. (gf)