2010-12-05 14:26:29

L’Istituto Massimo dei gesuiti celebra il 50.mo all'Eur a Roma. Con noi, il rettore padre Tata


L’Istituto Massimiliano Massimo dei gesuiti celebra i suoi cinquant’anni di presenza al quartiere Eur di Roma. Un evento che viene ricordato con una serie di eventi celebrativi, dal 7 al 10 dicembre, a cui prenderanno parte, tra gli altri, anche il cardinale vicario Agostino Vallini e il sindaco capitolino Gianni Alemanno. Sul valore di queste celebrazioni, Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore del Massimo, padre Francesco Tata:RealAudioMP3

R. – C’è sembrata l’occasione opportuna non tanto per celebrare noi stessi, quanto per creare una nuova opportunità di approfondimento, di riflessione, per immedesimarci nuovamente nel nostro ruolo di educatori e permettere alla comunità civile ed ecclesiale di condividere le nostre aspirazioni.

D. – Quali sono i tratti distintivi della proposta educativa dell’Istituto Massimo?

R. – Intanto, l’Istituto Massimo si colloca nel contesto delle scuole dei Gesuiti, non solo italiane ma europee e mondiali. In questa linea, cerchiamo di collocarci anche noi. Quindi, fornire una cultura, una competenza solida e allo stesso tempo far crescere i nostri alunni insieme alle famiglie, farli crescere in una relazione sociale, in una capacità di dialogo e di discernimento, insegnare loro ad avere un metodo di studio rigoroso per cui poi nella vita servirà essere seri, moralmente attendibili, eticamente corretti… Tutto questo quadro risponde ad un desiderio “apostolico” dei nostri collegi, cioè di formare persone vive che contribuiscano alla presenza della Chiesa nel tessuto sociale di oggi, e che sappiano testimoniare, condividere messaggi costruttivi con la società civile.

D. – Dunque, in un periodo particolarmente contrassegnato dalla frammentazione, se vogliamo anche dalla confusione, purtroppo anche in ambito educativo, il “Massimo” punta ad una crescita della persona nella sua integralità, non per compartimenti?

R. – Proprio così. Mettersi in contatto, in una relazione positiva con gli altri; creare una socialità, sapere quindi essere attenti a tutte le fasce di popolazione …

D. – E da ultimo, quali sono le sue speranze per gli anni a venire, partendo da questa celebrazione del 50.mo?

R. – Il desiderio è che l’integrazione avvenga anche con le famiglie, perché sia un’opera educativa condivisa: le famiglie ci affidano i figli, noi cerchiamo di essere in contatto ed in dialogo con loro affinché l’alunno non sia abbandonato ma possa avere una attività tra noi e la famiglia. (gf)







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