L’Istituto Massimo dei gesuiti celebra il 50.mo all'Eur a Roma. Con noi, il rettore
padre Tata
L’Istituto Massimiliano Massimo dei gesuiti celebra i suoi cinquant’anni di presenza
al quartiere Eur di Roma. Un evento che viene ricordato con una serie di eventi celebrativi,
dal 7 al 10 dicembre, a cui prenderanno parte, tra gli altri, anche il cardinale vicario
Agostino Vallini e il sindaco capitolino Gianni Alemanno. Sul valore di queste celebrazioni,
Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore del Massimo, padre Francesco
Tata:
R. – C’è
sembrata l’occasione opportuna non tanto per celebrare noi stessi, quanto per creare
una nuova opportunità di approfondimento, di riflessione, per immedesimarci nuovamente
nel nostro ruolo di educatori e permettere alla comunità civile ed ecclesiale di condividere
le nostre aspirazioni.
D. – Quali sono i tratti distintivi della proposta
educativa dell’Istituto Massimo?
R. – Intanto, l’Istituto Massimo si
colloca nel contesto delle scuole dei Gesuiti, non solo italiane ma europee e mondiali.
In questa linea, cerchiamo di collocarci anche noi. Quindi, fornire una cultura, una
competenza solida e allo stesso tempo far crescere i nostri alunni insieme alle famiglie,
farli crescere in una relazione sociale, in una capacità di dialogo e di discernimento,
insegnare loro ad avere un metodo di studio rigoroso per cui poi nella vita servirà
essere seri, moralmente attendibili, eticamente corretti… Tutto questo quadro risponde
ad un desiderio “apostolico” dei nostri collegi, cioè di formare persone vive che
contribuiscano alla presenza della Chiesa nel tessuto sociale di oggi, e che sappiano
testimoniare, condividere messaggi costruttivi con la società civile.
D.
– Dunque, in un periodo particolarmente contrassegnato dalla frammentazione, se vogliamo
anche dalla confusione, purtroppo anche in ambito educativo, il “Massimo” punta ad
una crescita della persona nella sua integralità, non per compartimenti?
R.
– Proprio così. Mettersi in contatto, in una relazione positiva con gli altri; creare
una socialità, sapere quindi essere attenti a tutte le fasce di popolazione …
D.
– E da ultimo, quali sono le sue speranze per gli anni a venire, partendo da questa
celebrazione del 50.mo?
R. – Il desiderio è che l’integrazione avvenga
anche con le famiglie, perché sia un’opera educativa condivisa: le famiglie ci affidano
i figli, noi cerchiamo di essere in contatto ed in dialogo con loro affinché l’alunno
non sia abbandonato ma possa avere una attività tra noi e la famiglia. (gf)