Rapporto Unicef: disuguaglianze tra i bambini nei Paesi ricchi
In Italia, in Grecia, in Belgio, nel Regno Unito e negli Stati Uniti i bambini sono
a maggior rischio di essere lasciati ai margini del benessere sociale rispetto ai
bambini di numerose altre nazioni industrializzate. Lo rivela il Rapporto dell’Unicef
“Bambini e adolescenti ai margini” che classifica, per la prima volta, 24 Paesi dell'Osce
sulla base dei livelli di diseguaglianza negli ambiti della salute, dell’istruzione
e del benessere materiale dell’infanzia. Ai primi posti i Paesi scandinavi, la Svizzera
e l’Olanda. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Leonardo Menchini, curatore
del Rapporto:
R. – In particolare,
il Rapporto si propone di esaminare il divario tra le condizioni considerate “normali”
nella società e le condizioni dei bambini più svantaggiati. Quando questo gap è molto
ampio, ci troviamo di fronte ad un rischio di esclusione sociale.
D.
– Italia, Stati Uniti, Grecia, Belgio, Regno Unito sembrerebbero – dal vostro Rapporto
– lasciare più indietro i bambini svantaggiati. Questo che cosa vuol dire?
R.
– Ci sono tante ragioni che non vengono investigate, nello specifico, per ciascun
Paese. Però, evidentemente, le politiche sociali, le politiche di trasferimenti monetari
sono meno efficaci nel contenere la povertà. Ci sono alcuni Paesi che fanno decisamente
meglio, e questi Paesi hanno incorporato nelle loro politiche un’ottica di equità
e quindi c’è un risultato concreto.
D. – Paesi ricchi, bambini poco
curati …
R. – Di per sé, la ricchezza media non ci racconta tutta la
storia. Dipende anche da com’è distribuita, questa ricchezza, ma anche da quali sono
le priorità sociali, quale il grado di accoglimento delle persone all’interno dei
servizi … Che negli Stati Uniti ci siano livelli di disuguaglianza più accentuati
non ci sorprende; sorprende piuttosto il fatto che molto spesso questo non venga considerato
come un problema. In realtà, maggiore equità rende la società anche più coesa e quindi
riduce determinati costi sociali.
D. – Possiamo segnalare, nonostante
tutto, aree più virtuose?
R. – Nel campo dell’istruzione, la Finlandia
sta investendo nell’equità e nell’eccellenza. Quello che avviene per la riduzione
della povertà nell’Europa settentrionale è positivo: c’è il comune elemento che qualcosa
possa essere fatto attraverso le politiche economiche e le politiche sociali.
D.
– Quindi si possono spezzare dinamiche di povertà e di diseguaglianza?
R.
– Questa ricerca mostra che non è vero che c’è una contraddizione tra obiettivi di
eccellenza per una parte della popolazione, e maggiore equità nella distribuzione.
La Finlandia è uno dei Paesi con i risultati più elevati nella dimensione educativa,
ma anche con i livelli più bassi di istruzione.
D. – Le diseguaglianze
fanno capo comunque e sempre a determinati tipi di politica? Quali le più virtuose?
R.
– Sono le politiche del mercato del lavoro, le politiche fiscali e dei trasferimenti
alle famiglie, ma anche all’interno dei sistemi educativi dell’equità nelle parte
bassa della distribuzione: il che non significa livellamento totale, ma significa
soprattutto far innalzare i livelli più bassi per portarli verso la linea mediana
della società. Questi scopi vengono perseguiti con politiche che hanno un riferimento
particolare all’equità.
D. – Ci sono conclusioni di fondo a cui siete
giunti?
R. – Innanzitutto, c’è la richiesta di fare attenzione a questi
problemi e non guardare a quello che è il benessere medio in una società. Il secondo
aspetto è che le politiche sono rilevanti e quindi questa attenzione per l’infanzia
e per l’equità dovrebbe essere maggiormente parte di un patrimonio collettivo. (gf)