2010-12-04 15:18:40

Rapporto Unicef: disuguaglianze tra i bambini nei Paesi ricchi


In Italia, in Grecia, in Belgio, nel Regno Unito e negli Stati Uniti i bambini sono a maggior rischio di essere lasciati ai margini del benessere sociale rispetto ai bambini di numerose altre nazioni industrializzate. Lo rivela il Rapporto dell’Unicef “Bambini e adolescenti ai margini” che classifica, per la prima volta, 24 Paesi dell'Osce sulla base dei livelli di diseguaglianza negli ambiti della salute, dell’istruzione e del benessere materiale dell’infanzia. Ai primi posti i Paesi scandinavi, la Svizzera e l’Olanda. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Leonardo Menchini, curatore del Rapporto:RealAudioMP3

R. – In particolare, il Rapporto si propone di esaminare il divario tra le condizioni considerate “normali” nella società e le condizioni dei bambini più svantaggiati. Quando questo gap è molto ampio, ci troviamo di fronte ad un rischio di esclusione sociale.

D. – Italia, Stati Uniti, Grecia, Belgio, Regno Unito sembrerebbero – dal vostro Rapporto – lasciare più indietro i bambini svantaggiati. Questo che cosa vuol dire?

R. – Ci sono tante ragioni che non vengono investigate, nello specifico, per ciascun Paese. Però, evidentemente, le politiche sociali, le politiche di trasferimenti monetari sono meno efficaci nel contenere la povertà. Ci sono alcuni Paesi che fanno decisamente meglio, e questi Paesi hanno incorporato nelle loro politiche un’ottica di equità e quindi c’è un risultato concreto.

D. – Paesi ricchi, bambini poco curati …

R. – Di per sé, la ricchezza media non ci racconta tutta la storia. Dipende anche da com’è distribuita, questa ricchezza, ma anche da quali sono le priorità sociali, quale il grado di accoglimento delle persone all’interno dei servizi … Che negli Stati Uniti ci siano livelli di disuguaglianza più accentuati non ci sorprende; sorprende piuttosto il fatto che molto spesso questo non venga considerato come un problema. In realtà, maggiore equità rende la società anche più coesa e quindi riduce determinati costi sociali.

D. – Possiamo segnalare, nonostante tutto, aree più virtuose?

R. – Nel campo dell’istruzione, la Finlandia sta investendo nell’equità e nell’eccellenza. Quello che avviene per la riduzione della povertà nell’Europa settentrionale è positivo: c’è il comune elemento che qualcosa possa essere fatto attraverso le politiche economiche e le politiche sociali.

D. – Quindi si possono spezzare dinamiche di povertà e di diseguaglianza?

R. – Questa ricerca mostra che non è vero che c’è una contraddizione tra obiettivi di eccellenza per una parte della popolazione, e maggiore equità nella distribuzione. La Finlandia è uno dei Paesi con i risultati più elevati nella dimensione educativa, ma anche con i livelli più bassi di istruzione.

D. – Le diseguaglianze fanno capo comunque e sempre a determinati tipi di politica? Quali le più virtuose?

R. – Sono le politiche del mercato del lavoro, le politiche fiscali e dei trasferimenti alle famiglie, ma anche all’interno dei sistemi educativi dell’equità nelle parte bassa della distribuzione: il che non significa livellamento totale, ma significa soprattutto far innalzare i livelli più bassi per portarli verso la linea mediana della società. Questi scopi vengono perseguiti con politiche che hanno un riferimento particolare all’equità.

D. – Ci sono conclusioni di fondo a cui siete giunti?

R. – Innanzitutto, c’è la richiesta di fare attenzione a questi problemi e non guardare a quello che è il benessere medio in una società. Il secondo aspetto è che le politiche sono rilevanti e quindi questa attenzione per l’infanzia e per l’equità dovrebbe essere maggiormente parte di un patrimonio collettivo. (gf)







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