Il cardinale Tauran rientrato dal Pakistan: il presidente Zardari vuole rivedere la
Legge sulla blasfemia
Il cardinale Jean-Louis Tauran è appena tornato in Vaticano da un viaggio di quattro
giorni in Pakistan. Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso
ha incontrato ad Islamabad il presidente del Paese, Ali Zardari, altre autorità politiche
e la comunità locale cattolica. Si è recato anche a Rawalpindi dove ha celebrato una
Messa alla presenza di 2.500 fedeli e a Lahore, capitale culturale del Paese, per
un incontro con i religiosi e le religiose. Qui, il cardinale Tauran ha inaugurato
un centro interreligioso per il dialogo, retto dai Padri Domenicani. Questa visita
è avvenuta in un contesto difficile e delicato, dopo la condanna a morte per blasfemìa
di Asia Bibi, una donna cristiana, madre di 5 figli, per la cui liberazione il Papa
ha lanciato un appello il 17 novembre scorso. Al microfono di Hélène Destombes,
il cardinale Jean-Louis Tauran ci parla del suo viaggio in Pakistan:
R. – Ce qui
a été très émouvant – et je crois que c’est ça l’important et le but … Quello
che è stato molto commovente – e credo che sia questo l’aspetto importante nonché
lo scopo della visita – è stato di dare a questi cristiani che vivono in maniera molto
esposta, la sensazione di far parte di una grande famiglia, che è la famiglia cattolica:
hanno un padre, che è il Papa, fratelli e sorelle che li sostengono … Per questo è
stato importante che io mi sia recato tra di loro per manifestare solidarietà spirituale,
e loro l’hanno ben compreso.
D. – Un viaggio come segno d’incoraggiamento?
R.
– Voilà. A nos frères qui vivent dans des conditions de grande tension … Esatto.
Incoraggiamento per i nostri fratelli che vivono situazioni di grande tensione ma
che sono anche molto coraggiosi! Ad esempio, mai si è parlato di rimettere in discussione
il dialogo con i musulmani: no! Tutti sono convinti che sia necessario dialogare.
Però, c’è sempre questa differenza tra i vertici e la base: anche se si riesce a condurre
un buon dialogo con i vertici, con la base invece è molto più difficile.
D.
– Come è stato accolto dalle autorità del Paese? Le hanno prestato ascolto?
R.
– Bien sur. J’ai été reçu avec beaucoup de courtoisie … Certamente. Sono
stato ricevuto con grande cortesia, dal presidente della Repubblica: è stato il primo
incontro che ho avuto. Ha manifestato grande attenzione alla posizione della Santa
Sede per quanto riguarda la libertà di religione. Quel che è interessante è che il
presidente del Pakistan ha formato una commissione, presieduta dal ministro per le
Minoranze, che ha per scopo di riesaminare la legge sulla blasfemìa in vista perfino
di una sua eventuale possibile abrogazione. Ecco, credo sia importante sottolineare
questo. Ho incontrato anche il vice ministro degli Esteri ed ho avuto una lunga conversazione
con il ministro per le Minoranze, che è un cristiano. Direi che, nell’insieme, la
mia missione è stata fruttuosa.
D. – Quale messaggio ha potuto trasmettere
alle autorità, per quanto riguarda i cristiani e le discriminazioni e le persecuzioni
che subiscono?
R. – Evidemment, j’ai exposé les sentiments de la communauté
chrétienne … Ovviamente ho manifestato i sentimenti della comunità cristiana,
e ho detto sia al presidente, sia a tutte le persone che ho incontrato che i cristiani
in Pakistan hanno l’impressione di essere considerati come cittadini di second’ordine.
E’ vero che la libertà di religione è cosa diversa dalla libertà di culto. Quello
che è incoraggiante è che tutti concordano nell’affermare che il dialogo sia l’unica
soluzione. Quello che ho rilevato, ancora, è che in molti notano un certo irrigidimento
da parte musulmana. Ma poi, alla fine, tutto questo dipende molto dalla situazione
internazionale …
D. – Per quanto riguarda la legge sulla blasfemìa,
sono molte le voci, soprattutto di cristiani, che ricordano che per lo stesso governo
del Pakistan, per lo stesso presidente Zardari, è molto difficile apportare cambiamenti
perché si trovano nella condizione di dovere accontentare i partiti islamici …
R.
– Oui, c’est vrai. Il est tout à fait conscient qu’en autorisant la révision … Sì,
è vero. Il presidente è consapevole del fatto che autorizzando una revisione della
legge, si esporrà a grandi critiche. Ma credo, sinceramente, che anche lui abbia l’idea
che questa legge debba essere quanto meno rivista. Non so se si potrà abrogare, ma
almeno dovrà essere rivista e adeguata alla situazione. E’ importante che non solo
il presidente, ma anche il governo accetti di parlare di questi argomenti in termini
più liberi.
D. – Cosa preoccupa i cristiani del Pakistan?
R.
– C’est surtout l’incertitude par rapport à l’avenir. … Quello che maggiormente
li preoccupa è l’incertezza per quanto riguarda l’avvenire. Ma sono convinti di essere
pakistani e quindi resteranno nel loro Paese. Credo che abbiano molto coraggio e siano
molto coerenti; i preti e i vescovi sono vicini ai loro fedeli. Quindi, il dialogo
della vita funziona bene. Il problema è, piuttosto, che nelle scuole – ad esempio
– nell’ora di religione, la fede cristiana è insegnata in termini di caricature, e
sono i cristiani che ne fanno le spese.
D. – Cosa l’ha colpita particolarmente
di questo viaggio? C’è stato un avvenimento, un incontro che ricorda in modo speciale?
R.
– Ce qui m’a beaucoup touché c’est l’affection des gens envers le Pape, … Mi
ha colpito molto l’affetto della gente, dei fedeli per il Papa: nella mia persona
hanno riconosciuto l’interessamento del Papa, hanno capito benissimo perché ero lì:
per comprendere, per amare e per condividere. Credo che abbiamo compreso molto bene
lo scopo della visita e credo anche che questo li abbia molto incoraggiati.
D.
– In questo periodo di Avvento, qual è il messaggio che desidera trasmettere ai cristiani
del Pakistan e a tutti quei cristiani che vivono in Paesi in cui sono minacciati e
perseguitati?
R. – Je crois qu’il faut toujours se souvenir que tous
ce que nous faisons … Credo che dobbiamo sempre tenere a mente che qualsiasi
cosa facciamo, siamo in viaggio verso Cristo e Cristo viene verso di noi. Il tempo
che passa, dunque, non è una cosa che “passa”, è Qualcuno che ci viene incontro. E
questo dà a tutte le nostre realizzazioni umane una dimensione speciale e specifica;
bisogna essere convinti, come ho detto alla gente in Pakistan, che “Dio vi ha piantati
in questa parte del mondo ed è qui che voi oggi dovete fiorire”. (gf)