Cordoglio in Italia per la morte del regista Mario Monicelli. Il ricordo del collega
e amico Carlo Lizzani
Lutto nel mondo della cultura italiana: il regista Mario Monicelli si è suicidato
ieri sera, lanciandosi dalla finestra di un ospedale romano, dove era ricoverato per
un tumore. Aveva 95 anni. I familiari hanno fatto sapere che non ci saranno funerali
per il regista, che riceverà l’estremo saluto di amici ed estimatori nella camera
ardente allestita alla Casa del Cinema di Roma. Tra i principali protagonisti del
cinema italiano del Novecento, Monicelli è unanimemente considerato tra i maestri
della commedia all'italiana. Al microfono di Antonella Palermo, il ricordo
del regista e amico Carlo Lizzani:
R. – Monicelli
ha occupato un grande spazio nel cinema italiano del Dopoguerra, ma questo spazio
era difficile, perché era lo spazio della commedia, che a sua volta è stata sempre
protagonista, nei secoli, della cultura italiana. Quindi, uno spazio dove non è facile
farsi largo, dire qualcosa di nuovo. In questo campo così difficile, riuscire ad essere
un campione è una cosa che va ricordata. Certamente, lo humour, i personaggi, le deformazioni
del reale che Monicelli via via ci ha regalato con i suoi film sono straordinari.
Basti pensare alla trasformazione che lui fece di Gassman: Vittorio Gassman aveva
un volto, come dire, arrogante e lui lo utilizzò proprio portando all’estremo questa
arroganza, che ne fece poi un personaggio indimenticabile.
D. – C’è
un film che ricorda più volentieri?
R. – Devo dire che, come storico
del cinema, “La Grande guerra” resta fermamente nella memoria, per la sua complessità,
la sua costruzione, l’ardimento della tematica: è, forse, il film più memorabile.
“La Grande guerra” affonda le radici non solo nella storia, rovesciandone certi miti,
irridendo certi aspetti retorici, ma tocca da vicino personaggi di origine popolare.
Questo è l’elemento portante del cinema di Monicelli: far sorridere, toccando però
corde profonde del nostro Paese, della nostra realtà e mettendosi così tra i grandi
ormai della storia, della commedia italiana nei secoli.
D. – Che carattere
aveva?
R. – Un carattere sicuramente difficile. Era molto drastico nei
giudizi, anche se erano sempre accompagnati da ironia, da atteggiamenti scherzosi.
Un giorno, ad esempio, si divertiva, dicendo a Gillo Pontecorvo: “Ma come? Non eri
morto?” Giocava anche su fatti del genere, prendendo le persone in contropiede. Ci
si vedeva spesso a cena ed era ancora vivacissimo, mordace come sempre e interessante
da ascoltare. (ap)