La Svizzera dice sì all’espulsione degli stranieri che delinquono. L'amarezza delle
Chiese
Saranno espulsi dalla Svizzera gli stranieri che delinquono, dopo la vittoria, ieri,
dei sì alla proposta referendaria che ha raccolto il 52,9 dei consensi, con un tasso
di partecipazione al voto del 53% della popolazione. “La Svizzera deve restare un
Paese di diritto affidabile, dove i diritti dell’uomo costituiscano il riferimento
centrale di ogni atto dello Stato”: hanno reagito la Federazione della Chiese protestanti
(Feps) e la Conferenza dei vescovi cattolici della Svizzera, preso atto del voto favorevole
alla proposta dell’Unione democratica di centro (Udc/Svp), che pure era stata osteggiata
dal Governo e dalla maggioranza del Parlamento elvetico, firmataria di un controprogetto,
bocciato alle urne. Il sì - che ha conquistato 17 su 26 cantoni, quelli della Svizzera
tedesca più il Ticino e il Vallese - stabilisce la revoca del diritto di soggiorno
a tutti gli stranieri condannati con sentenza, passata in giudicato, per gravi delitti
quali, omicidio, rapina, stupro, traffico di esseri umani, effrazione e altri reati
violenti, oltre che frode alla sicurezza sociale. Il divieto a rientrare nei confini
svizzeri varia da 5 a 15 anni, fino a 20 per i recidivi. Spetta ora al Parlamento
varare la legge di applicazione. Per questo il neo-ministro svizzero alla Giustizia,
la socialista Simonetta Sommaruga, ha annunciato al più presto un gruppo di lavoro,
rassicurando che il governo di Berna “s'impegnerà per il rispetto della Costituzione,
dei diritti umani e della tradizione legislativa della Svizzera”. Secondo Sommaruga,
il sì referendario “riflette paure tra la popolazione che vanno prese sul serio”.
Ma “oltre a reprimere si tratta anche di puntare sulla politica d'integrazione”, dato
che - ha sottolineato - ''gli stranieri, nella stragrande maggioranza, non sono criminali
e sono ben integrati'' ed il loro contributo sociale ed economico è molto importante.
“E’ una giornata nera per i diritti umani in Svizzera” ed un “pessimo segnale per
i Paesi vicini”: l’amaro commento di Amnesty International. Le Chiese protestanti
e la Chiesa cattolica lanciano quindi un appello alle autorità federali e cantonali
perché l’applicazione sia conforme ai diritti dell’uomo, al diritto internazionale
e alla Costituzione federale. “Ciascun caso individuale – scrivono in una nota -
deve essere esaminato con attenzione”; se la persona è infatti minacciata di persecuzione,
tortura o altre violazioni dei diritti dell’uomo nel Paese di destinazione non può
essere espulsa. (A cura diRoberta Gisotti)