Iraq: non convince i cristiani l'arresto dei "responsabili" dell'attacco alla cattedrale
di Baghdad
“Solo bugie, operazioni di facciata” per far credere ai cittadini e alla comunità
internazionale che il nuovo governo iracheno sta lavorando per garantire la sicurezza
delle comunità religiose di minoranza, mentre la gente è costretta ancora a emigrare
per la mancanza di sicurezza. Da Baghdad a Mosul, è questa la reazione della comunità
cristiana alla notizia dell’arresto di una dozzina di terroristi responsabili dell’assalto
alla chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso nella capitale il 31 ottobre.
Lo scorso 27 novembre - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata ufficializzata la cattura
da parte delle forze di sicurezza irachene di un leader di al-Qaeda e di undici suoi
uomini, implicati in diversi attacchi nella capitale. Si tratta di Hudhaifa al-Battawi,
comandante militare di al-Qaeda a Mansour, nell'area occidentale di Baghdad. A darne
notizia è stata la Tv di Stato Iraqiya, che ha citato il generale Ahmed Abu Rgheif.
L’operazione, ha precisato l'emittente, è stata condotta il 24 novembre, anche se
è stata rivelata solo dopo tre giorni. I 12 arrestati hanno ammesso la loro responsabilità
per una serie di attentati, tra cui la presa di ostaggi nella chiesa di Baghdad, conclusasi
con la morte di 57 persone. Tra gli altri attentati imputati al gruppo ci sono quelli
dei mesi scorsi contro la Banca Centrale, contro gli uffici della tv satellitare al-Arabiya
e contro alcuni negozi di gioielleria. Nell’operazione sono stati scoperti anche quattro
edifici in cui si preparavano autobombe, mine e giubbotti esplosivi e sono state sequestrate
sei tonnellate di esplosivo e alcuni barili di sostanze tossiche. La notizia dell'arresto
però non ha tranquillizzato la comunità cristiana, che da tempo chiede protezione
e giustizia al governo centrale. “Si tratta di una messa in scena, avevano detto che
i terroristi erano stati tutti uccisi durante il raid per liberare gli ostaggi nella
chiesa!”, commentano alcuni cristiani emigrati dalla capitale, dopo l’ultima escalation
di violenza contro la comunità di minoranza. Intanto continua a crescere il numero
di famiglie che dopo le esplosioni mirate davanti alle loro case nei quartieri abitati
dai cristiani, e le minacce di al-Qaeda di eliminare i cristiani dall’Iraq, si rifugiano
nel nord del Paese. Ormai sono 85 quelle arrivate dalla capitale a Sulaimaniya, cifra
raddoppiata in appena una settimana. (R.P.)