2010-11-27 14:02:01

Iraq: appello dei vescovi caldei contro le violenze nel Paese


I vescovi caldei dell'Iraq hanno rivolto un appello alle autorità religiose musulmane affinché sia espressa una pubblica condanna contro le azioni violente che colpiscono le minoranze religiose. È quanto emerso dalla riunione dei presuli che si è svolta a Erbil, coordinata dall'arcivescovo di Kerk{l-umacron}k dei caldei, Louis Sako. In un messaggio, a firma di monsignor Sako ripreso da L'Osservatore Romano, si chiede una fatwa delle autorità musulmane «per aiutare a chiarire che le violenze contro i cristiani sono illegittime e contrarie ai principi della religione islamica». Secondo il messaggio, a seguito delle violenze, una sessantina di famiglie cristiane sarebbero fuggite dalla capitale Baghdad per rifugiarsi a Suleimaniya, mentre altre ottanta si sarebbero dirette a Erbil. A queste, inoltre, si devono aggiungere quelle che hanno trovato riparo nei villaggi cristiani situati nella piana di Ninive. I vescovi hanno espresso «sconvolgimento» per l'attentato alla chiesa di Nostra Signora della Salvezza, a Baghdad, che ha causato oltre cinquanta morti e decine di feriti e per gli altri episodi di violenza che hanno colpito la comunità cristiana nella città di Mosul. L'arcivescovo di Kerk{l-umacron}k ha sottolineato come la richiesta di una fatwa sia stata avanzata nella convinzione che essa possa «aiutare a chiarire che tali azioni sono illegittime e contrarie ai principi della religione islamica». L'incontro, secondo quanto riporta il sito Baghdadhope, si è svolto in assenza del patriarca di Babilonia dei Caldei, il cardinale Emmanuel III Delly, rimasto nella capitale Baghdad a causa della difficile situazione. Nel messaggio dei vescovi caldei, si evidenzia in particolare l'importanza «di salvaguardare e consolidare la presenza storica dei cristiani in Iraq», in quanto «se emigrassero, se ne andrebbe anche il ricco patrimonio di cui sono depositari». In questo contesto, i presuli concludono rivolgendo un'esortazione «ai cristiani benestanti che vivono nei Paesi della diaspora, affinché investano nella regione per creare opportunità di lavoro per i loro fratelli». (R.P.)







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