Il viaggio del cardinale Tauran in Pakistan. Nuove speranze per la liberazione
di Asia Bibi
Prosegue il viaggio in Pakistan del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo interreligioso, che ieri pomeriggio ha incontrato il capo
dello Stato, Ali Zardari, e il ministro per la Minoranze religiose, di fede cristiana,
Shahbaz Bhatti. Un incontro programmato da tempo, quello tra il porporato e il presidente
pakistano, ma che con la vicenda di Asia Bibi - la donna cristiana condannata a morte
per blasfemia - ha assunto particolare rilievo e nel quale si è fatto appello al dialogo
tra le civiltà e alla necessità di eliminare i fanatismi religiosi. Oggi, il cardinale
Tauran è a Rawalpindi per celebrare l’Eucarestia in cattedrale e per esprimere alla
comunità cattolica la vicinanza del Papa, mentre domani si riunirà a Lahore con i
vescovi, riceverà le rappresentanze diocesane e interverrà a una conferenza sul dialogo
tra le religioni. Intanto, il ministro pakistano per le Minoranze ha fatto sapere
che bisognerà attendere ancora qualche settimana per la grazia ad Asia Bibi che, si
dice certo, giungerà dal presidente Zardari, sempre che prima l’Alta corte di Lahore
non annulli da sé la condanna. Una dettagliata proposta di revisione della legge sulla
blasfemia nel frattempo è arrivata all’Assemblea nazionale del Pakistan: lo ha riferito
all’agenzia Fides la parlamentare, Sherry Rehman. Tra le principali modifiche al testo,
c’è la sostituzione della pena capitale con cinque anni di carcere, pene severe per
chi formula false accuse di blasfemia o incita all’odio religioso, la necessità di
produrre prove prima degli arresti e il trasferimento delle competenze all’Alta corte.
Ma continua anche la mobilitazione dei movimenti religiosi islamici contro le modifiche
alla legge e contro la grazia alla donna: secondo questi partiti, infatti, il presidente
Zardari non ha l’autorità per perdonare il reato di blasfemia e la più influente alleanza
sunnita del Pakistan fa sapere che la decisione rischierebbe di far sprofondare il
Paese nell’anarchia. (A cura di Roberta Barbi)