Era digitale: dalla relazione alla connessione. Trionfano virtuale, narcisismo ed
emotività
“Siamo alle soglie di una fase evolutiva dell’umanità, caratterizzata da tecnologie
sempre più umanizzate e da uomini sempre più tecnologizzati”. Lo ha detto Tonino Cantelmi,
presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, intervenendo
ieri al congegno su “L’educazione alla fede cristiana nell’epoca di internet. Lo riferisce
il Sir. La pedagogia di Gesù e il percorso francescano”, in corso a Roma per iniziativa
della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura – Seraphicum”. “Molti osservatori
– ha proseguito l’esperto – hanno evidenziato come l’inizio del Terzo millennio sia
stato contrassegnato dalla più straordinaria ed epocale crisi della relazione interpersonale”,
causata dall’esplodere della rivoluzione digitale: si tratta, per Cantelmi, di una
“profonda crisi della relazione interpersonale”, in cui alla relazione si sostituisce
la “connessione”, che è “fluida, consente espressioni narcisistiche di sé, esalta
l’emotivismo, è provvisoria, liquida e senza garanzie di durata, è ambigua e indefinita”.
L’espressione “più evidente” di questo cambiamento di paradigma è “la crisi dell’identità
maschile e femminile”, che comporta poi la crisi di coppia, divenuta ormai “l’occasionale
incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi, per un tempo
minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che superino l’istante”. “Nell’epoca
di Facebook – ha spiegato il relatore - l’identità si virtualizza, come anche le emozioni,
l’amore e l’amicizia”, e “la virtualizzazione è la forma massima di ambiguità, perché
consente il superamento di vincoli e di confronti, aprendo a dimensioni narcisistiche
imperiose e prepotenti”. Eppure “qualcosa non funziona”, commenta l’esperto: “Lo avvertiamo
dall’incremento del disagio psichico, dal sempre più pressante senso di smarrimento
dell’uomo liquido, dalla ricerca affannose di vie brevi per la felicità, dall’aumento
del consumo di alcol e stupefacenti negli stessi opulenti ragazzi della società di
Facebook, dall’affermarsi di una cupa cultura della morte, dall’inquietante incremento
dei suicidi, dal malessere diffuso”. In altre parole, “la liquidità dell’identità
non aumenta il senso di felicità”, perché “la felicità non è correlata con l’incremento
delle possibili scelte”, ma “con il possedere invece un ‘criterio’ per scegliere”,
che “rimanda ad altro: avere un progetto, delle idee, una identità”. La ”rinuncia
ad avere criteri”, cioè, “ha un prezzo: l’infelicità”. In questo contesto, ha concluso
il relatore, “costruire dimensioni identitarie stabili e non ambigue, instaurare relazioni
solide e che si dispiegano lungo progetti esistenziali che consentono l’apertura alla
generatività ed all’oblatività, sono ancora l’unico orizzonte di speranza che si apre
per l’uomo”.