Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
“Nelle abitazioni, nelle scuole e in ufficio, nei campi di rifugiati e nelle situazioni
di conflitto, il settore delle imprese può contribuire a impedire il perpetrarsi delle
diverse forme di violenza a cui donne e ragazze continuano a essere esposte”. Con
queste parole, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, nel suo messaggio per
l’odierna Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne,
sottolinea l’importanza del ruolo delle imprese nell’impegno per debellare un fenomeno
ancora troppo diffuso. Nella ricorrenza odierna, Fondazione Pangea Onlus lancia la
campagna di denuncia e sensibilizzazione “Proteggiamo il presente. Progettiamo il
futuro delle donne”, puntando l’attenzione sullo stupro come arma di guerra. Tale
campagna, il 30 novembre verrà affiancata dalla presentazione al Parlamento italiano
del rapporto “Donne, pace e sicurezza. A dieci anni dalla risoluzione Onu 1325, una
prospettiva italiana”. Sui motivi che hanno spinto Fondazione Pangea ad esaminare
la più atroce delle violenze contro le donne, Giada Aquilino ha intervistato
Simona Lanzoni, direttrice progetti della Onlus:
R. - Ultimamente
stanno sempre più aumentando gli atti rispetto a quel terribile metodo che viene utilizzato
nelle guerre contro le donne e, soprattutto, perché Fondazione Pangea vuole puntare
l’attenzione su una particolare celebrazione: sono 10 anni dalla risoluzione 1325
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che definisce proprio il ruolo delle
donne nelle situazioni di conflitto. Ruolo non solo di vittime - e quindi non solo
vittime dello stupro come pulizia etnica, come punizione, come violazione continua
e perpetrata del corpo delle donne - ma anche le donne viste come motore di ricostruzione
e di pace. Questo è un’informazione importantissima, ma che molto spesso non viene
presa in considerazione.
D. - La risoluzione 1325 dell’Onu esorta ad
una maggiore protezione della donna dalla violenza nei Paesi in conflitto. Come e
quanto è stato applicato tale documento?
R. - Purtroppo - parlo in particolare
per l’Italia - al momento ancora non c’è stata alcuna applicazione. C’è, invece, tutta
una serie di Paesi in Europa e nel mondo che hanno creato un piano di azione nazionale.
Questo è proprio ciò che viene richiesto con forza da Fondazione Pangea nel rapporto
che - insieme ad ActionAid – verrà presentato il 30 novembre e che costituisce una
serie di linee guida su come intervenire in favore delle donne non solo durante ma
anche prima e dopo il conflitto, affinché non siano solo curate come vittime, ma facciano
parte pure della ricostruzione e dei tavoli di negoziazione e di pace. Perché noi
parliamo di questo? Perché Fondazione Pangea lavora moltissimo in Afghanistan e ultimamente
le notizie dicono che le donne sono continuamente escluse: c’è tutto il discorso dei
talebani, dell’introduzione di una serie di comportamenti, che sono già esistenti,
ma che si vogliono istituzionalizzare a livello legislativo. Questo non permetterebbe
alle donne di essere maggiormente presenti in Afghanistan nei tavoli di negoziazione
come anche nel Parlamento e nelle istituzioni pubbliche.
D. - In base
all’esperienza di Pangea, ci sono degli altri Paesi per i quali si ha notizia di casi
di violenza?
R. - La Repubblica Democratica del Congo, dove sappiamo
che lo stupro viene utilizzato in maniera continuativa contro le donne. Ma non solo:
pensiamo anche alle guerre in Bosnia e in Kosovo. Noi di Fondazione Pangea abbiamo
lavorato pure in Nepal, dove - e solitamente questo non si conosce - continua ad esserci
un conflitto in atto. La violenza praticata sulle donne è terribile, è amplissima.
Non esistono statistiche semplicemente perché questi fenomeni non vengono studiati
molto spesso.
D. - Pangea ha avviato progetti di microcredito per le
donne di Paesi in difficoltà; il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel suo
messaggio per la ricorrenza ha sottolineato l’impegno delle imprese nel contribuire
ad impedire il perpetrarsi delle diverse forme di violenza contro le donne. Come può
avvenire questo contributo?
R. - Anzitutto coinvolgendo le donne ed
è quello che fa Fondazione Pangea. Se la donna acquisisce un ruolo decisionale, così
come di rispetto e di esempio per il resto della comunità, è chiaro che questo è a
detrimento di azioni di violenza contro di loro. (mg)