2010-11-23 12:57:23

Presentato il libro-intervista di Peter Seewald con Benedetto XVI: "Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi”


E’ stato presentato stamani presso la Sala Stampa della Santa Sede il libro "Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi. Una conversazione del Santo Padre Benedetto XVI con Peter Seewald". Il volume, a cura della Libreria Editrice Vaticana, frutto di una settimana di conversazioni tra il Papa e il giornalista tedesco l'estate scorsa a Castel Gandolfo, conta circa 280 pagine. Una sintesi dei contenuti del libro-intervista in questo servizio di Sergio Centofanti.RealAudioMP3

Un libro-intervista semplice e profondo sul Papa, sulla Chiesa e sul mondo, che si legge d’un fiato. Benedetto XVI parla della sua vita quotidiana – gli manca di non poter fare una gita o una semplice passeggiata in città – e dei grandi temi dell’attualità. Oggi – dice – occorre riannunciare con “parole nuove” che “Dio è amore” a un’umanità che non comprende più che “il Sangue di Cristo sulla Croce è stato versato in espiazione dei nostri peccati” per la salvezza di tutti. “Sono formule grandi e vere” ma che sono ormai lontane dal nostro ragionare, sempre più intriso di “ateismo pratico”, incapace di alzare lo sguardo verso nuovi orizzonti. La Chiesa esiste per annunciare questa verità nonostante gli scandali che la feriscono e tuttavia ci dimostrano che è proprio Gesù ad averla fondata: “Se dipendesse dagli uomini – nota il Papa – la Chiesa sarebbe già affondata da un pezzo”.

Ma ci sono tanti segni di speranza, “un fiorire di nuove iniziative” nella Chiesa che non nascono da strutture o burocrazie. “La burocrazia – afferma con forza – è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il Cristianesimo forse assumerà un volto nuovo, forse anche un aspetto culturale diverso” perché si trova di fronte ad “una nuova dinamica” ed ha una “forza vitale” che cambia il mondo. E’ una forza piccola perché anche se i cattolici sono un miliardo e 200 milioni – spiega con sant’Agostino – “molti che sembrano stare dentro, sono fuori” in una “sorta di schizofrenia” tra voler appartenere alla comunità ecclesiale ed essere permeati da una mentalità secolarizzata. Anche se è vero pure il contrario: “molti che sembrano stare fuori, stanno dentro”. E in questo contesto guarda “con tristezza” a quei giornalisti cattolici che nei media ecclesiali fanno propri gli slogan della solita critica alla Chiesa. Il Papa, da parte sua, “non ha il potere di imporre nulla”: è solo un uomo che deve “rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso”. E di fronte alle critiche e agli attacchi Benedetto XVI afferma: “Se avessi continuato a ricevere soltanto consensi, avrei dovuto chiedermi se stessi veramente annunciando il Vangelo”.

Oggi – sottolinea – “la vera minaccia … è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa”. Si sta affermando una “nuova religione”, quella della “cosiddetta ragione occidentale” che pretende di essere “l’unica e vera” religione “vincolante per tutta l’umanità”. Una nuova fede, astratta e tirannica, che ha una fame di felicità che non riesce mai a saziare e “vuole godere oltre ogni limite” creando menzogna e distruzione e in nome del progresso minaccia l’esistenza stessa dell’umanità. “Il progresso – spiega il Papa – ha aumentato le nostre capacità, ma non la nostra grandezza e potenza morale e umana” e può essere distruttivo mettendo in pericolo il mondo stesso come “oggi è confermato anche da dati scientifici”. La Chiesa – rileva il Papa – esiste perché “la questione di Dio torni ad essere centrale”. Bisogna”rimettere Dio al primo posto, allora tutto cambierà”.

Tante le tematiche affrontate nell’intervista. La vicenda degli abusi sessuali – afferma - è stata “sconvolgente”. Tra le varie analisi, ricorda il fatto che “a partire dagli anni Sessanta … dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa di diritto, ma una Chiesa dell’amore; che non dovesse punire. Si spense in tal modo la consapevolezza che la punizione può essere un atto d’amore”. Ora è il tempo della purificazione.

Sulla piaga dell’Aids Benedetto XVI afferma con forza che “la Chiesa fa più di tutti gli altri … è l’unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente … come nessun altro si cura di tanti malati di Aids”. Ribadisce che “non si può risolvere il problema con la distribuzione di profilattici. Bisogna fare molto di più … Vi possono essere singoli casi giustificati” dall’intenzione di “diminuire il pericolo di contagio”. Ma “la Chiesa non considera i profilattici come la soluzione autentica e morale”.

Nel campo della morale sessuale sottolinea che la Chiesa deve esprimere “in modo nuovo” la positività del corpo e della sessualità, doni di Dio che vanno vissuti nella responsabilità e nella consapevolezza che “i sondaggi … non rappresentano … il criterio del vero e del giusto”.

Riguardo all’aborto rileva che “la società deruba se stessa delle sue grandi speranze” togliendo la vita ai bambini, che sono “persone umane”. Quanti bambini non nati, inoltre, “sarebbero potuti diventare geni, che avrebbero potuto donare al mondo cose nuove?”. Ribadisce quindi la posizione della Chiesa sul celibato (“Lo scandalo che suscita, sta anche nel fatto che mostra questo: che vi sono persone che vi credono”), sul sacerdozio delle donne (“c’è … una volontà del Signore per noi, alla quale ci atteniamo, anche se questo è faticoso e difficile nella cultura … di oggi”) e sull’omosessualità (“Il rispetto per la persona è assolutamente fondamentale e decisivo” ma non per questo “l’omosessualità diviene moralmente giusta”; inoltre “non è conciliabile con il ministero sacerdotale”).

Sui cattolici divorziati-risposati il Papa osserva che è un “problema molto difficile” che “deve essere ancora approfondito”. Si ribadisce che “il matrimonio contratto nella fede è indissolubile”; nello stesso tempo occorre “analizzare più a fondo la questione della validità dei matrimoni”, essere vicini a queste persone e invitarle a restare nella Chiesa anche in una situazione irregolare.

Dialogo con l’Islam. Il discorso di Ratisbona il 12 settembre 2006 – rileva - voleva essere “una lezione strettamente accademica, senza rendermi conto che il discorso di un Papa non viene considerato dal punto di vista accademico, ma da quello politico”. Fu “estrapolato un passo e dato ad esso un significato politico, che in realtà non aveva”. “E tuttavia quell’episodio … ha sortito effetti positivi …da quella controversia è scaturito un dialogo veramente molto intenso”. L’Islam – prosegue il Papa - deve chiarire due questioni: quelle del suo rapporto con la violenza e con la ragione. E poi la questione del diritto di cambiare la religione. “Questo è un aspetto che gli interlocutori islamici riconoscono con difficoltà. Chi è giunto alla verità, si dice, non può più tornare indietro”. “E’ importante restare in contatto intenso con tutte le forze dell’Islam che vogliono e possono dialogare”.

Per quanto riguarda Pio XII e la decisione di riconoscerne le virtù eroiche il Papa afferma che “è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei”. Non fece “una protesta pubblica” – e ne soffrì molto - perché sapeva “quali sarebbero state le conseguenze”. “Si trattava … di migliaia di vite umane che solo in quel modo poterono essere salvate”.

Caso Williamson. Non avrebbe revocato la scomunica se avesse saputo che negava l’esistenza delle camere a gas. “Da parte nostra – ha ammesso - è stato un errore non studiare e non esaminare a sufficienza la questione”. “E’ stato un momento critico” che ha mostrato come faccia parte del “Cattolicesimo del nostro tempo che nella Germania cattolica esista un numero considerevole di persone che, per così dire, aspetta solo di poter colpire il Papa”.

Ecumenismo. Ha ribadito l’urgenza dell’impegno per l’unità dei cristiani, sottolineando il dialogo con gli ortodossi con cui i cattolici hanno più speranza di incontrarsi.

Sulla Messa tridentina ha detto di aver voluto “rendere più facilmente accessibile la forma antica” per preservare l’ininterrotto legame che sussiste nella storia della Chiesa. “Non possiamo dire: prima tutto era sbagliato, ora invece tutto è giusto”. La modifica alla preghiera del Venerdì Santo è stata fatta perché la vecchia formula “era tale da ferire veramente gli ebrei”. L’ha modificata in modo che non si pregasse direttamente per la conversione degli ebrei ma per ribadire che “Cristo è anche il Salvatore degli ebrei e non solo dei pagani”.

Ricorda poi la dottrina cattolica sull’infallibilità del Papa (“solo in determinate circostanze e in determinate condizioni” e il Pontefice “ovviamente … può avere opinioni personali sbagliate”) e sulle dimissioni: un Papa “ha il diritto e …anche il dovere di dimettersi” quando “giunge alla consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli”.

Il Papa affronta anche temi leggeri: gli piacciono film come Don Camillo e Peppone o come la fiction su santa Giuseppina Bakhita. Ricorda le critiche ricevute per aver indossato il camauro, antico copricapo pontificio messo l’ultima volta da Giovanni XXIII. Uno spunto per accusarlo di voler tornare al passato: “Avevo semplicemente freddo - ha spiegato - e la testa per me è un punto sensibile”. Rileva di non vivere isolato “in un mondo artificiale circondato da cortigiani”: “credo che pochi al mondo incontrino tante persone quanto me”: vescovi e religiosi di tutto il mondo, ma anche persone semplici, madri di famiglia, amici. Tante le lettere che riceve da semplici fedeli che lo incoraggiano: “Noi preghiamo per te, non avere paura, ti vogliamo bene”.

Benedetto XVI ricorda, infine, che l’Eucaristia “è l’avvenimento centrale … della storia del mondo … forza decisiva dalla quale sola possono scaturire dei cambiamenti”. Per questo i Santi, “toccati da Cristo”, sono i veri rivoluzionari, i fautori di “vere rivoluzioni di bene”. E interrogato sulla fine dei tempi invita ad alzare lo sguardo verso le realtà eterne e verso il giudizio finale, quando il male sarà definitivamente sconfitto. Dio “ci prende sul serio”, afferma il Papa – prendiamolo sul serio anche noi. “Non possiamo stabilire quando il mondo finirà” ma Gesù “con invincibile certezza ci ha detto: io tornerò”. Maria ci indica l’essenziale che spesso non riusciamo più a vedere: “fede, speranza, amore, penitenza”. Nell’attesa della vittoria del bene – afferma il Papa – occorre ricordare che “i trionfi di Dio, i trionfi di Maria sono silenziosi e tuttavia reali”.







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