“Luce del mondo”: anticipazioni dell’atteso libro-intervista sulla Chiesa e i segni
dei tempi
Joseph Ratzinger è tornato a conversare con il giornalista tedesco Peter Seewald sulla
Chiesa e le sfide del nostro tempo, dopo due libri-intervista realizzati con lui quando
era ancora cardinale. In questo servizio di Alessandro Gisotti, proponiamo
alcuni passaggi dell’atteso volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che siamo
in grado di anticipare:
“Veramente,
avevo sperato di trovare pace e tranquillità”: Joseph Ratzinger risponde con disarmante
semplicità alla domanda di Peter Seewald, che gli chiede di ricordare i suoi sentimenti
il giorno dell’elezione alla Cattedra di Pietro. Una riflessione, questa, con la quale
inizia il primo capitolo del volume, intitolato icasticamente “I Papi non cadono dal
cielo”. Benedetto XVI rammenta che era “sicurissimo” che non avrebbe ricevuto questa
enorme responsabilità. Tuttavia, osserva che fin dalla sua ordinazione sacerdotale
si è sempre affidato alla volontà del Signore, anche quando era diversa dalla sua.
“Non posso scegliere quello che voglio. Alla fine – annota il Papa – devo lasciarmi
guidare”. Il Santo Padre, scrive il giornalista nella premessa del libro, non si è
sottratto ad alcuna domanda, né “ha modificato la parola pronunciata, ma apportato
solo piccole correzioni”, a “vantaggio dell’esattezza”. Il risultato è un dialogo
franco e diretto in cui il Pontefice risponde a quesiti a 360°, da argomenti leggeri
come il suo stile di vita e i suoi film preferiti a questioni fondamentali per la
vita della Chiesa e dell’uomo del nostro tempo.
In una domanda, Seewald
osserva che mai il Papa è stato potente come oggi perché mai prima d’ora la Chiesa
cattolica ha avuto tanti fedeli. “Ma – lo corregge Benedetto XVI – il potere del Papa
non è in questi numeri”. E aggiunge: “Stalin aveva effettivamente ragione quando diceva
che il Papa non ha divisioni e non può intimare o imporre nulla”. Il Papa è dunque
“una persona assolutamente impotente”. Al tempo stesso, sottolinea, egli è però “il
rappresentante” e “il responsabile del fatto che quella fede che tiene uniti gli uomini
sia creduta”, che rimanga viva ed “integra nella sua identità”. Precisa inoltre cosa
voglia dire “parlare a nome di Gesù” e cosa significhi realmente che il Romano Pontefice
è infallibile. “Ovviamente – avverte – il Papa può avere opinioni personali sbagliate”.
Ma “quando parla come Pastore Supremo della Chiesa, nella consapevolezza della sua
responsabilità, allora non esprime più la sua opinione”. In quel momento, ribadisce,
“egli è consapevole della sua grande responsabilità e, al tempo stesso, delle protezione
del Signore; per cui egli non condurrà con una siffatta decisione la Chiesa nell’errore”.
Benedetto
XVI indica quali sono i tratti fondamentali che influiscono sull’impostazione del
suo Pontificato. “Tutta la mia vita – confida – è sempre stata attraversata da un
filo conduttore, questo: il Cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti”. Al tempo
stesso, soggiunge, “ho sempre avuto presente” che il Vangelo “si trova in opposizione
a costellazioni potenti” e che “sopportare attacchi ed opporre resistenza quindi fa
parte del gioco”. Una resistenza però, tiene ad evidenziare, “tesa a mettere in luce
ciò che vi è di positivo”. Benedetto XVI analizza la radice dei mali del nostro tempo.
“L’uomo – rileva – aspira ad una gioia senza fine”, anela all’infinito. Ma dove Dio
non c’è, questo non gli è concesso. E così deve essere lui stesso a creare la menzogna,
il falso infinito” che si tramutano in fenomeni distruttivi come la droga e il turismo
sessuale.
Ecco perché, avverte, noi cristiani ci confrontiamo con una
sfida urgente. “Dobbiamo vivere – è la sua esortazione - in modo da mostrare che l’infinito
di cui l’uomo ha bisogno può venire soltanto da Dio; che Dio è la nostra prima necessità
per poter far fronte alle tribolazioni di questo tempo”. La cosa importante, ribadisce,
è “che si veda di nuovo che Dio c’è” e rendersi conto che quando viene a mancare,
“tutto può anche essere razionale”, ma “l’uomo perde la sua dignità”. Auspica perciò
un tempo di conversione, che deve innanzitutto “rimettere Dio al primo posto”. Così
facendo, sono le parole fiduciose del Papa, “tutto cambierà”. Benedetto XVI non vede
le condizioni per l’indizione di un Concilio Vaticano III, mentre crede che al momento
“i sinodi siano lo strumento giusto”. Rileva però il bisogno di “movimenti spirituali”
per mezzo dei quali la Chiesa “imprima dei segni e rimetta così al centro la presenza
di Dio”.
In uno degli ultimi capitoli, Benedetto XVI riprende alcune
riflessioni affidate al suo libro su Gesù di Nazareth. Un’opera, spiega il Papa, “che
non ho scritto nella mia piena autorità di Romano Pontefice”. E’ un libro invece che
vuole “offrire un’esegesi, un’interpretazione della Scrittura” che non segua “uno
storicismo positivista”, ma includa “la fede come elemento dell’interpretazione”.
In definitiva, è la domanda universale che Seewald pone al Papa: “Cosa vuole Gesù
da noi?”. Vuole, risponde il Santo Padre “che crediamo in Lui. Che ci lasciamo condurre
da Lui. Che viviamo con Lui. Divenendo così sempre più simili a Lui e con ciò giusti”.
E questo vale tanto più per la Chiesa. “Proprio in questo tempo segnato dagli scandali
– ammette il Pontefice – abbiamo fatto esperienza di questa sensazione di tristezza
e dolore, di quanto misera sia la Chiesa e di quanto falliscano i suoi membri nella
sequela di Gesù Cristo”. Il Papa invita dunque i fedeli a fare esperienza di umiltà
e al contempo li rassicura che il Signore, “nonostante la debolezza degli uomini”,
“non abbandona la Chiesa”, ma agisce sempre attraverso di essa.