Pellegrinaggio degli universitari a Pompei perché la vita di studio sia anche occasione
di fratellanza
Erano oltre 3500 i ragazzi che hanno partecipato ieri a Pompei all’VIII pellegrinaggio
degli universitari e accoglienza delle matricole, organizzato dall’Ufficio per la
Pastorale Universitaria della diocesi di Roma.Tema della giornata, le parole di Maria
durante le nozze di Canaa: “Fate quello che vi dirà”. Il servizio di Marina Tomarro:
“Maria,
durante le nozze di Canaa, dice ai servi “Fate quello che vi dirà”. Questo è il suo
testamento spirituale per noi, poiché sono le sue ultime parole presenti nel Vangelo.
Essa ci affida a suo figlio, che a sua volta durante l’ultima Cena dirà: “Fate questo
in memoria di me”. “Dalla Madre al Figlio: ecco la via della risurrezione”. Cosi ieri
sera mons. Benedetto Tuzia, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, ha salutato i
partecipanti all’VIII Pellegrinaggio degli universitari a Pompei, durante la celebrazione
eucaristica che ha concluso la manifestazione. E nella mattina i ragazzi hanno partecipato
alla catechesi tenuta dal vescovo Enrico Dal Covolo, rettore
della Pontificia Università Lateranense. Ascoltiamo il suo commento:
“Noi
siamo sicuri che Gesù Cristo sia la risposta a tutti i problemi dell’uomo, dei giovani
di oggi, di ieri e anche di domani. Certo, occorre saper mediare tra la Parola di
Dio e le situazioni concrete in cui essi si trovano a vivere e a testimoniare la loro
fede. Questo è il lavoro faticoso della coscienza individuale, che però deve lasciarsi
guidare proprio dal Vangelo, dalla parola dei pastori. Non è esonerata, quindi, la
responsabilità personale in base a facili ricette, ma questa dev’essere la certezza
di fondo che dobbiamo continuamente trasmettere ai giovani di ogni tempo: Gesù Cristo
è veramente la parola ultima e definitiva di fronte ad ogni problema di ogni tempo”.
E
prima della catechesi si sono alternate delle testimonianze di fede di alcuni universitari.
Tra loro, Simona Del Vecchio che vive a Scampia, quartiere di
Napoli particolarmente difficile:
R. – Penso sicuramente
che la testimonianza più grande sia quella di riuscire a provare a vivere nella normalità.
In un clima dove le leggi sono invertite per cui il valore diventa quello che non
è valore, provare ad instaurare in maniera molto semplice, in maniera quotidiana una
vita “assolutamente normale”, all’insegna di quei valori che ci sono stati insegnati.
Più che “legalità”, a noi piace usare il termine “giustizia”: noi non ci limitiamo
a rispettare le leggi, noi cerchiamo di essere giusti.
D.
– Voi fate anche volontariato con i ragazzi cosiddetti 'difficili'. In che modo far
capire loro che la strada della legalità può essere molto più fruttuosa di quella
illegale?
R. – E’ complicato spiegare in che termini
la vita diventa fruttuosa se legale, perché molti di loro hanno davanti agli occhi
vite di boss che hanno case, orologi d’oro … Tutto questo per loro aggancia un modello
di vita desiderabile. La cosa è alimentata anche da un deserto familiare di relazioni
che non si sono mai stabilite, padri in carcere, mamme che devono portare avanti famiglie
con nuclei abbastanza grandi … E quindi, ovviamente, proporre il modello della giustizia
è una strada lunga e stretta, per cui il messaggio passa a fatica. Forse si potrà
riuscire con l’esempio. Bisogna far conoscere ai ragazzi l’università, il liceo, lo
studio, la normalità, il lavoro … Tantissimi ragazzi non cadono nella trappola della
camorra, della vita sporca: quando si coinvolgono le persone nella vita 'normale',
poi l’alternativa è bella!
E gli universitari provenienti
da Roma, ieri erano oltre 3500. Ma cosa li ha spinti a prendere parte a questo pellegrinaggio?
Ascoltiamo alcuni partecipanti:
R. – Ho deciso di partecipare
proprio perché comunque è un’esperienza bellissima da condividere con altri universitari
che non si conoscono, quindi per stare insieme e per comprendere meglio l’università
non solo come luogo di studio ma anche di fratellanza sotto lo sguardo della Madonna
di Pompei e di Gesù.
R. – Per me non è la prima volta
partecipare a questi pellegrinaggi organizzati dalla pastorale universitaria. Sono
all’università da quattro anni e quindi da quattro anni partecipo sempre. All’inizio
è stata un’esperienza vissuta semplicemente per curiosità; adesso è quasi una sorta
di appuntamento annuale, almeno finché il corso di studi me lo permette, per cercare
di rinnovare ogni anno quel “sì” e per scoprire nuove persone che si intrecciano con
la tua vita e che durante il tuo cammino possono diventare dei riferimenti. (gf)