I militari che ieri hanno rivendicato la presa del potere in Madagascar starebbero
negoziando con le autorità guidate dal presidente di transizione, Rajoelina. Il tentato
golpe è giunto nel giorno del referendum costituzionale, che nelle intenzioni dello
stesso presidente avrebbe dovuto chiudere la crisi politico-istituzionale nella grande
isola dell'Oceano Indiano. Sulla situazione in queste ore in Madagascar, Giada
Aquilino ha intervistato don Luca Treglia, direttore di Radio Don Bosco,
con sede a Ivato, a 15 km dalla capitale Antananarivo:
R. – C’è
una calma relativa: la gente, dopo il referendum di ieri, è tornata a lavoro. Gli
incaricati al conteggio dei voti sono già all’opera. Quindi, sembra tutto normale.
Ieri, c’è stato un tentativo di golpe, in un luogo non troppo lontano da dove siamo:
un centinaio di metri circa, vicino l’aeroporto internazionale di Ivato, dove c’è
una base militare. Alcuni militari sono entrati in questa base e hanno fatto un proclama,
dicendo che a partire da quel momento tutte le istituzioni non avrebbero più lavorato
e che loro avrebbero preso in mano il comando. Subito dopo, nella zona si sono riunite
circa duemila persone provenienti da Antananarivo e hanno cercato di fare alcuni posti
di blocco, bruciando pneumatici e legname. Sono stati però poi dispersi qualche minuto
dopo.
D. – I militari golpisti a chi farebbero riferimento?
R.
– Fanno riferimento un po’ a tutti. Tra di loro ci sono quelli che appartenevano a
Ratsiraka, a Ravalomanana e ci sono stranamente anche quelli che hanno
permesso l’ascesa al potere di Andry Rajoelina, cioè l’attuale presidente
di transizione.
D. – Quindi, in questo momento, nelle mani di chi è
il potere?
R. – E’ comunque nelle mani di Rajoelina e
del governo attuale. Sappiamo che in questo momento i militari sono ancora nella base.
Si pensa che siano circa venti persone, di cui uno o due generali e gli altri sottufficiali.
D.
– Il Paese è andato alle urne per il referendum. Di cosa si è trattato?
R.
– Il referendum è stato fatto per proporre una nuova Costituzione: prevede una diminuzione
del potere nelle mani del presidente e soprattutto rafforza la decentralizzazione,
istituendo province autonome. La popolazione non ha avuto molto tempo per studiare
questa nuova Costituzione. Soprattutto ci sono stati poi quelli che avversano il potere
attuale che hanno fatto una campagna contraria. Secondo le stime che abbiamo attualmente
- e che sono stime ancora molto relative - circa il 50 per cento della popolazione
è andata al voto.
D. – Perché è stato boicottato questo referendum dai
tre maggiori partiti di opposizione?
R. – Perché loro dicono ancora
che questo processo di normalizzazione del Paese, di ritorno all’ordine costituzionale,
è una cosa unilaterale.
D. – Non è la prima volta che il Madagascar
conosce queste tensioni. Nel marzo del 2009 i militari consegnarono il potere a Rajoelina,
con un colpo di Stato condannato dalla comunità internazionale. Come vive queste ore
la gente del Madagascar?
R. – La gente le vive con angoscia. Bisognerà
adesso aspettare l’evolversi di questa situazione per poter vedere se effettivamente
la gente è a favore di questi militari che, tra l’altro, sono stati incitati dalle
forze dell’opposizione, tra cui Ravalomanana.
D. – Qual è l’auspicio
della Chiesa locale?
R. – La Chiesa auspica un dialogo, ma soprattutto
auspica la ricerca di una strada secondo giustizia e verità, consigliando al popolo
una vera riconciliazione, un ritorno alla pace e un ritorno al dialogo. (ap)