Il cardinale Tauran traccia il bilancio dopo l'incontro in Iran: libertà di professare
pubblicamente la propria religione
La Santa Sede e l’Iran condividono il medesimo punto di vista sul ruolo pubblico e
sociale della religione. E’ quanto è emerso dal settimo Colloquio bilaterale organizzato
dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Centro per il Dialogo
interreligioso dell’Organizzazione per la cultura e le relazioni islamiche di Teheran.
L’incontro – svoltosi la scorsa settimana e intitolato “Religione e società oggi:
prosepettive cristiane e musulmane” – ha visto il cardinale Jean Louis Tauran,
presidente del dicastero pontificio, guidare la delegazione vaticana a Teheran. Al
suo rientro, la collega della redazione francese della nostra emittente, Helene
Destombes, lo ha intervistato per tracciare un bilancio della missione:
R. – Deux
choses m’ont frappé: d’abord, l’extrême gentillesse et courtoisie, mais … Due
cose mi hanno colpito: prima di tutto, l’estrema gentilezza e cortesia, che sono nella
tradizione del popolo iraniano, e l’aspetto concreto. Sappiamo che il Papa ha proposto
la creazione di una commissione bilaterale. Io mi sono recato a Qom, dove la nostra
delegazione ha avuto contatti con diverse università: gli atenei desiderano una collaborazione
accademica con scambi di professori e con il desiderio, al contempo, di approfondire
la collaborazione e di renderla anche più concreta. Questa è in realtà la nota caratterizzante
questa visita.
D. – Lei ha parlato della creazione di una Commissione
bilaterale per trattare le questioni di interesse comune, tra cui quella che riguarda
lo statuto giuridico della Chiesa cattolica in Iran. E’ stato affrontato questo punto
specifico?
R. – Non, parce-que ça – je dirais – c’est une chose de la
Seconde Section, ... No, perché questo è di competenza della Seconda Sessione,
quella per le Relazioni con gli Stati. Io non tratto queste cose, la persona competente
in materia è mons. Mamberti. Ma la volta precedente, nove anni fa, quando ero in Segreteria
di Stato, avevamo già trattato questo problema.
D. – Quali sono stati
i temi affrontati nel corso della visita?
R. – La liberté de religion:
nous avons évidemment exprimé notre position … La libertà di religione,
intanto, e noi abbiamo chiaramente espresso la nostra posizione. E’ necessario passare
dalla libertà di culto alla libertà di religione, cioè alla possibilità riconosciuta
ai credenti delle diverse religioni di partecipare al dialogo pubblico. Poi abbiamo
parlato anche del dialogo interreligioso, che deve proseguire e un po’ della situazione
internazionale.
D. – Qual è stata l’accoglienza riservata dal presidente
iraniano alla Lettera inviatagli da Benedetto XVI?
R. – Il a été d’une
grande courtoisie et il m’a dit qu’il ferait examiner avec la plus … E’
stato molto cortese e mi ha detto che avrebbe fatto esaminare con la maggiore benevolenza
possibile le domande del Papa, quelle riguardanti appunto la costituzione di una Commissione
bilaterale per risolvere i problemi comuni che causano difficoltà alla vita quotidiana
della nostra comunità. E questa comunità cattolica, io l’ho incontrata: è una gran
bella comunità di stranieri – molti africani, in particolare – senza dimenticare la
comunità locale dai diversi riti, l'armeno, il siro-cattolico... E’ una bella comunità
con belle famiglie e una volta c’erano anche le scuole che sfortunatamente sono state
confiscate. Certo, è una piccolissima minoranza ma che, come non mi stanco di ripetere,
una minoranza che conta.
D. – Nel corso del Sinodo per il Medio Oriente,
si sono potute ascoltare testimonianze che raccontano delle difficoltà che i cristiani
incontrano in Iran. Lei ha percepito queste difficoltà?
R. – Il y a
des difficultés, mais je pense que c’est mieux de résoudre ces … Ci sono
difficoltà, ma io penso che sia meglio risolvere questi problemi nella discrezione
piuttosto che sulla pubblica piazza. Le soluzioni sono nell’amicizia, e se anche a
volte capita l’incomprensione non bisogna mai fermarsi: bisogna sempre continuare.
Io ho insistito molto su questo terrorismo "colorato" di religione: ovviamente, non
si può dire che questi atti avvengano “in nome della religione”, perché nessuna religione
e nessun capo religioso può giustificare simili azioni, e su questo tutti sono d’accordo.
Ho ripetutamente citato una frase dal messaggio dei Padri Sinodali al popolo di Dio,
alla fine dell'ultimo Sinodo: “Il ricorso alla religione deve condurre ogni uomo a
riconoscere il volto di Dio nell’altro ed a trattarlo secondo i suoi comandamenti,
e cioè secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia ed il suo amore
per noi”. Credo che in questo risiedano la soluzione e la chiave di tutto. (gf)